Cremona: L’ultimo Don Giovanni conferma le attese

Sono diverse le ragioni per cui assistere al Don Giovanni del circuito Operalombardia, che ha terminato il suo percorso domenica 23 ottobre al Teatro Ponchielli di Cremona. Innanzitutto il giovanissimo direttore, Riccardo Bisatti, che appena ventiduenne sta raccogliendo ottimi riscontri e procede a grandi passi verso una carriera in cui alterna pianoforte e direzione. Poi il cast, ricco di nomi giovani e da scoprire. Infine, la ripresa della vecchia (2002) regia di Mario Martone per il Teatro San Carlo di Napoli, ripresa in questo caso da Raffaele Di Florio.

Partendo da quest’ultima, il primo impatto con la tribuna/anfiteatro che domina la scena è sicuramente di grande fascino. Alla lunga, però, l’immobilità della scena unica inizia a farsi soffocante, anche perché l’ingombrante struttura viene sì utilizzata per donare una dimensione verticale, ma lo spazio rimasto per il movimento sul piccolo palco del Ponchielli è risicato e le pedane poste sopra alla buca, così come il frequente esondare dei personaggi nel pubblico non bastano a recuperare un’agilità di movimento che il palco nega. Quest’agilità non è aiutata dallo studio dei movimenti dei personaggi, che appaiono spesso discontinui. In alcune scene, ad esempio la seduzione di Donna Elvira da parte di Don Giovanni e Leporello travestito, i movimenti arrivano ad eccellere per efficacia e ritmo scenico. Altre volte i personaggi appaiono statici e fermi, non trovando una gestualità e un uso degli spazi che si fonda coerentemente con uno scavo degli sfaccettati e problematici individui costruiti da Mozart e Da Ponte. È questo il caso, peraltro, di molte scene di insieme, in cui i cantanti – schiacciati quasi sul proscenio dalla struttura in legno – non potevano far altro che rimanere impettiti, con un sorprendente carattere oratoriale. Lo spettacolo resta comunque godibile, la vicinanza degli attori con il pubblico si mostra ancora oggi convincente e la chiarezza dello svolgimento e dei rapporti tra personaggi ne permette una rapida comprensione ad ogni spettatore.

Il cast si conferma giovane, ma convincente. Segno della giovinezza sono alcune ingenuità di insieme, tra cui la peculiare scelta da parte di alcuni membri di non guardare quasi il direttore in buca, attendendosi forse di essere seguiti – cosa che Bisatti faceva accuratamente nelle arie, ma un po’ di collaborazione è necessaria. Guido Dazzini è un ottimo Don Giovanni, sicuro, sprezzante, ottimo attorialmente e solido musicalmente, potrebbe trovare più profondità e pienezza di voce, ma è un nome da tenere sotto osservazione non ultimo per il buon carisma e l’efficace resa del personaggio, cui future produzioni doneranno più forza scenica. Semplicemente splendido il Leporello di Adolfo Corrado, capace di delineare con equilibrio il servo del Cavaliere, comico ma non macchietta, patetico ma non ridicolo. La sua voce sicura e ampia ha pienamente convinto il Ponchielli, come dimostrato dai roboanti applausi finali. Bravo il Masetto di Francesco Samuele Venuti, un po’ rigido e non sempre abile nell’assecondare la sua Zerlina, ma anche lui è riuscito a condurre con sicurezza il suo personaggio. Una certezza è Didier Pieri nei panni di Don Ottavio. Il tenore livornese disimpegna agevolmente e con precisione le complesse arie del suo personaggio (inclusa “Dalla sua pace”), riuscendo nella sfida di esprimerne la sofferenza e il tormento interiore. Un’eccessiva rigidità, non aiutata dalla regia, ne ha però inibito l’effetto sulla scena, non permettendo veramente al ruolo di esprimersi nella sua tridimensionalità.

Questo vale anche per gli altri e più sfaccettati personaggi dell’opera, penso soprattutto a Donna Anna e Zerlina, che apparivano un po’ racchiusi nei loro stereotipi, causando non pochi scollamenti quando invece musica e libretto spingevano verso altre direzioni. Questo nonostante le veramente ottime prove delle due cantanti. Elisa Verzier è stata un’ottima Donna Anna, solida e sicura in tutte le sue perigliose parti, anche se non poco rigida. Se non sfugge allo stereotipo di donna rinchiusa in un lutto che sembra eterno e monocromo, riesce comunque a donare a questo lutto una certa maestosità, ben sostenuta da una vocalità evidentemente ben preparata. La Zerlina di Gesua Gallifoco parte un po’ titubante, ma riesce a convincere sempre più di scena in scena, librandosi sopra una vocalità corposa per riuscire infine a ricamare i suoi frizzanti arabeschi. Anche lei, purtroppo, si riduce ad una semplice personificazione della sensualità, ma se di sensualità parliamo, tanto vale farla bene e Gallifoco ci riesce. Peccato solo per alcune cadenze un po’ goffe.

Veramente ottima la Donna Elvira di Marianna Mappa, capace di affrontare le impervie arie del personaggio con ricchezza di dettagli e varietà di colori. Un po’ di stanchezza si è percepita (comprensibilmente) su “Mi tradì quell’alma ingrata”, ma il soprano barese non ha mai perso il controllo né del suo strumento vocale, né del suo personaggio. Il quale è forse quello che ha sofferto più di tutti dell’assenza di un reale scavo: il dramma della sua figura, paralizzata nel desiderio di “salvare Don Giovanni” che è sindrome da crocerossina travestita da pietà, non è emerso pienamente e da baldanzosa eroina nel primo atto, non è riuscita a rendere consequenziale la trasformazione nel secondo. Unico personaggio non convincente dell’altrimenti ben solido cast è stato il Commendatore di Pietro Toscano, forse in una serata sfortunata, cui mancava la voce per poter essere udito sopra la densa orchestrazione mozartiana, ma il cui timbro è apparso particolarmente acuto e leggero per il maestoso ruolo del temibile commendatore.

Su questo non sempre era aiutato da Riccardo Bisatti, che ha fatto sì un ottimo lavoro, ma paga il naturale scotto della giovane età. Piuttosto abile nell’accompagnare i singoli personaggi, il direttore perde un po’ il polso nei complessi concertati – anche se il mirabile finale dell’Atto I tradisce uno studio particolare di quelle complesse pagine. Anche le dinamiche massicce, i tempi rapidi che a volte non lasciavano spazio per il fiato e la concertazione un po’ incerta necessitavano di maggiore attenzione, nonostante l’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano abbia disimpegnato onestamente la parte, con alcuni soli particolarmente ben riusciti. Il talento del direttore è però evidente. A tratti affioravano splendidi dettagli timbrici e dinamici e l’abilità emersa nei punti più studiati tradisce una preparazione tecnica ottima. Molto bene dunque che un evidente talento possa svilupparsi con il circuito di Operalombardia, facendo ciò che deve fare ogni giovane direttore: continuare a dirigere quanto più possibile per coltivare abilità, sensibilità e oculatezza, senza farsi trascinare troppo presto nell’arena dalla corsa al nuovo cui spesso assistiamo oggi.

Alessandro Tommasi
(23 ottobre 2022)

La locandina

Direttore Riccardo Bisatti
Regia Mario Martone
Ripresa da Raffaele Di Florio
Scene e Costumi Sergio Tramonti
Luci Pasquale Mari
Coreografa Anna Redi
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni Guido Dazzini
Don Ottavio Didier Pieri
Commendatore Pietro Toscano
Donna Elvira Marianna Mappa
Donna Anna Elisa Verzier
Leporello Adolfo Corrado
Masetto Francesco Samuele Venuti
Zerlina Gesua Gallifoco
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro OperaLombardia
Maestro del coro Diego Maccagnola
Maestro al fortepiano Hana Lee

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