Genova: Fabio Luisi e la nuda verità di Madama Butterfly

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Carlo Felice di Genova ha proposto un’edizione di Madama Butterfly di elevata qualità: ottime le diverse componenti, con una punta di eccellenza nella direzione di Fabio Luisi, che dal podio di un’Orchestra encomiabile ha offerto una lettura intensa e ricca di sfumature. Luisi ha colto la nuda verità della tragedia della povera adolescente di Nagasaki, evitando ogni sorta di orpello e ogni tentazione di bozzettismo melenso, con una temperatura drammatica ardente e una tenerezza amara che impregnava certi passaggi dove la musica suggerisce altro, rispetto alle parole.

Puccini studiò in modo molto serio la musica popolare del Giappone e la incorporò creativamente nella partitura, così come fece con l’inno imperiale del Paese e con quello che all’epoca era l’inno della Marina statunitense, in seguito adottato come inno nazionale Usa. È solo uno degli aspetti di quest’opera complessa, della quale Luisi ha cesellato ogni frase con il più appropriato colore; dirigendo senza bacchetta, ha stimolato nei musicisti dell’Orchestra del Carlo Felice una speciale sensibilità al suono, facendo fluire la musica in modo avvincente fino al tragico finale.

Per citare uno dei momenti più noti e, nella realizzazione del direttore genovese, più incisivi, “Un bel dì, vedremo” ha suscitato brividi di commozione, grazie anche alle doti vocali e interpretative della protagonista Lianna Haroutounian. Sempre più convincente a mano a mano che l’opera procedeva, la Butterfly di Harotounian si è avvalsa della dolcezza e pienezza del timbro e di un’emissione costantemente ben governata, con una capacità di fraseggio in efficace sintonia con l’impostazione di Luisi.

Accanto a lei, il Pinkerton imponente nel fisico e nell’assetto vocale di Fabio Sartori, che dello squallido ufficiale statunitense ha dato un’interpretazione forte e ben condotta sotto il profilo del canto, anche se piuttosto avara di sfumature. Altre possibilità di nuances nutriva l’infido personaggio, dal cinismo del primo atto alla tardiva, e superficiale, effusione di “Addio fiorito asil”.

Quest’aria di Pinkerton, che non compariva nella prima versione della Butterfly, quella del fiasco alla Scala nel 1904, è invece presente nei successivi, non pochi, rimaneggiamenti. A Genova, Luisi ha deciso di dirigere l’ultima versione dell’opera, quella più spesso rappresentata, chiarendo il motivo della decisione nel programma di sala: «Personalmente continuo a privilegiare (…) la scelta di eseguire l’ultima volontà del compositore, soprattutto se si tratta di un’opera lirica».

Per la sfortunata prima versione di Madama Butterfly del 1904, che tornò al Teatro alla Scala il 7 dicembre 2016 in apertura di stagione, era nato invece l’allestimento che il Carlo Felice ha ripreso con qualche aggiustamento. Regia e scene di Alvis Hermanis, che ha concepito uno spettacolo di grande eleganza grazie anche ai costumi di Kristìne Jurjàne, alle coreografie di Alla Sigalova, alle luci di Gleb Filshtinsky e ai video di Aneta Sipunova.

Tutto era ambientato nella casa di Cio-Cio-San, che, spoglio ambiente tradizionale all’inizio, si caricava di oggetti occidentali nel second’atto (eseguito con le due parti di seguito, non come due atti separati), rispecchiando la volontà di «Madama Pinkerton» di onorare la patria del marito, alla quale sente di appartenere.

L’opera fu composta in epoca di japonisme imperversante e, con evidenza, molte immagini dello spettacolo chiarivano come le radici dell’art nouveau affondino nell’estremo Oriente. La presenza di ballerine ad amplificare e circondare il personaggio della protagonista non era, per una volta, inutile o puramente esornativa: molto ben concepiti erano alcuni quadri come, durante il Coro “a bocca chiusa” eseguito dagli ottimi artisti del Teatro genovese, le delicate movenze delle danzatrici, in costumi che le rendevano simili a evanescenti farfalle.

Hermanis ha ben impostato la recitazione dei personaggi, tutti convincenti, dai protagonisti allo Sharpless di Vladimir Stoyanov, a punto sia vocalmente sia nell’individuazione del carattere del ben intenzionato ma troppo debole console, alla Suzuki di Manuela Custer, anch’essa degna di lode per la linea di canto e per la trepida quanto dignitosa partecipazione alle traversie di Butterfly.

Bene si sono condotti il Goro di Manuel Pierattelli, lo Yamadori di Paolo Orecchia, lo Zio Bonzo di Luciano Leoni, la Kate Pinkerton di Alena Sautier e tutti i personaggi di contorno.

Entusiastica la risposta del pubblico, con applausi scroscianti e ripetuti.

Patrizia Luppi
(21 gennaio 2024)

La locandina

Direttore Fabio Luisi
Regia e scene Alvis Hermanis
Costumi Kristìne Jurjàne
Coreografie Alla Sigalova
Luci Gleb Filshtinsky
Video Ineta Sipunova
Personaggi e interpreti:
Cio-Cio-San Lianna Haroutounian
Suzuki Manuela Custer
Kate Pinkerton Alena Sautier
F.B. Pinkerton Fabio Sartori
Sharpless Vladimir Stoyanov
Goro Manuel Pierattelli
Il Principe Yamadori Paolo Orecchia
Lo Zio Bonzo Luciano Leoni
Orchestra, Coro e Tecnici Opera Carlo Felice Genova
Maestro del coro  Claudio Marino Moretti
Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti