Lubiana: Tézier e Tetelman, che coppia!

La meteorologia ci ha messo il suo zampino, ma non è riuscita a rendere meno coinvolgente la serata di arie e duetti da opere francesi e italiane che Ludovic Tézier, fresco vincitore del Premio Piero Cappuccilli attribuitogli all’Arena di Verona, e Jonathan Tetelman hanno offerto al pubblico internazionale che li aspettava al settantunesimo Festival di Lubiana.

Il concerto che vedeva protagoniste le voci d’oro del baritono marsigliese e del tenore cileno di nascita, americano di formazione ed europeo per attività e carriera, era, infatti, previsto nel  magnifico spazio all’aperto della Krizanke, in origine una fortezza-convento dei Cavalieri dell’ordine teutonico della Croce, oggi teatro all’aperto. Costruito nel tredicesimo secolo, fu rifatto nel sedicesimo e rimaneggiato in epoca barocca coprendo gli originari elementi romanici e gotici, di cui alcuni sono conservati nel lapidario. La trasformazione della struttura in sede di spettacoli fu l’ultima grande opera realizzata fra il 1950 e il 1956, da Jože Plecnik.

Le condizioni meteo, che hanno visto Lubiana completamente allagata nei giorni scorsi, hanno fatto preferire a questa, l’altrettanto affascinante cornice della Filarmonica slovena, la Slovenska filharmonija che vanta, a sua volta, una ricca storia ed è tra le più antiche al mondo.

Fondata, infatti, come erede dell’Academia Philharmonicorum, nata nel 1701 come prima società musicale dell’odierno territorio sloveno e culla del barocco musicale. Membri onorari della Società Filarmonica che, dal 1794, le succedette e che fu il diretto predecessore dell’attuale Slovenska filharmonija, furono Haydn, Beethoven e Brahms, per non parlare di Niccolò Paganini; Franz Schubert vi si candidò per un posto di insegnante di musica, e nella stagione 1881/1882 Gustav Mahler fu uno dei suoi direttori d’orchestra.

Come dire la storia della grande musica si respira fra le mura di questa splendida struttura che ospita l’attività, variegata e affascinante, dell’Orchestra Filarmonica Slovena che in questo finale di Festival si è messa a confronto ravvicinato con le grandi orchestre internazionali del Concertgeouw Amsterdam, di Boston e della Gewandhaus di Lipsia in un pacchetto di quattro concerti che chiudono alla grande il Festival di Lubiana.

Detto questo, se bello e ben proteso verso gli ascoltatori che avevano esaurito ogni posto disponibile, si è rivelato il suono delle due voci protagoniste, non meno bello è stato quello prodotto da un’orchestra in continua e costante crescita.

Merito del complesso, certo, ma anche di Marco Boemi, il Maestro italiano che nell’Europa dell’Est è di casa e che ha condotto e preparato la serata come meglio non si potrebbe.

L’orchestra non ha assecondato pedissequamente le voci, si è messa al loro servizio, per potenziarne le qualità e rivelarne i pregi. Che in Tézier sono il ben noto timbro vellutato e morbido e nel giovane Tetelman uno squillo prepotente e, a tratti, coinvolgente.

La prima parte – francese – ha dato modo a Ludovic Tézier di mettere in luce la sua splendida dizione e la facilità di restituzione della parola cantata, sia nello splendido duetto maschile dai Pescatori di perle di Bizet, sia nell’aria di Athanaël da Thaïs di Massenet. Più in ombra, e messo in difficoltà da una lingua non facile da eseguire per chi non la domina, Tetelman, piuttosto impacciato nelle strofe di Ossian da Werther di Massenet. Gli interventi orchestrali erano scelti bene e altrettanto popolari: la celeberrima “Meditazione” da Thaïs (solista impeccabile, ma onestamente poco emozionante, Miran Kolbl), e il “Baccanale” da Sansone e Dalila di Saint-Saëns.

La seconda parte, italiana, ha scaldato gli animi fin dall’esecuzione della celeberrima “Danza delle ore” da La Gioconda di Ponchielli, in cui i rimandi fra le prime parti dell’orchestra erano perfettamente manovrati dal Maestro Boemi che nel seguito della serata affermava la sua prepotente sinfonia col Verdi de La forza del destino, di cui era eseguita magnificamente la Sinfonia.

Quanto ai due artisti, Tetelman era Turiddu commovente e splendidamente cantato nell’”Addio alla madre” dalla mascagnana Cavalleria rusticana, Tézier fraseggiava da maestro la rabbia antirivoluzionaria di Gérard in “Nemico della patria” da Andrea Chénier di Giordano, tenore e baritono univano le loro belle voci nel grande duetto dell’amicizia da Don Carlo di Verdi.

E qui, sulla carta, si sarebbe dovuto terminare. Non è stato così, perché a forza di bravo e di applausi Tetelman e Tézier, ben coadiuvati da un Boemi che si prestava anche a intervenire come partner attoriale dei due, regalavano al pubblico felice il duetto Rodolfo-Marcello da La Bohème di Puccini e, per finire in gloria, quello fra Escamillo e Don José da Carmen di Bizet. E trionfo, meritatissimo, fu.

Rino Alessi
(29 agosto 2023)

La locandina

Direttore Marco Boemi
Tenore Jonathan Tetelman
Baritono Ludovic Tézier
Orkester Slovenske filharmonije

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