Lugano: Anna Bolena e le stanze dell’anima

Amore, potere e morte sono gli elementi essenziali nel melodramma dell’Ottocento e in Anna Bolena si ritrovano esattamente in quest’ordine.

Donizetti, che nell’arco di tempo dal 1830 al 1837, si troverà per tre volte – quattro in realtà a voler porre in conto anche Il castello di Kenilworth – a confrontarsi con la corte dei Tudor e in particolare con la figura di Elisabetta Prima dando vita ad una terna di opere dall’impressionante tenuta drammaturgica e plastica rappresentazione di un percorso estetico-musicale di esemplare coerenza.

Bolena, che si avvantaggia del libretto colto di Felice Romani, risente dal punto di vista musicale dell’influenza di Rossini, alla cui fonte il Bergamasco ancora si disseta soprattutto negli insiemi e nei concertati, facendo tuttavia già mostra non solo di talento ma anche di mestiere, quest’ultimo inteso nella più alta accezione del termine.

L’allestimento proposto dal LAC di Lugano ad inaugurare la Stagione 23/24 presenta più di un motivo d’interesse riscuotendo alla fine un successo ben più che meritato in cui si coniugano il rigore di un’esecuzione storicamente informata – oltre che pressoché integrale – e un allestimento capace di scavare a fondo nella psicologia dei personaggi.

Carmelo Rifici – complice l’impianto scenico mobilissimo ideato da Guido Buganza che pare richiamarsi al cemento scabro dell’architettura brutalista degli anni Settanta del secolo scorso, e i bei costumi evocatori di Margherita Baldoni – cala l’azione all’interno di una serie di stanze astratte le cui porte si aprono e si chiudono a rivelare passioni e stati d’animo per tornare a celarli un attimo dopo.

Le masse, ma non solo, sono cristallizzate in una serie di tableaux vivants nei quali si ravvisa un omaggio vibrante e mai calligrafico alla pittura del Cinquecento, da Caravaggio alle scene di caccia fiamminghe e fino ai ritratti di Holbein.

Alla staticità solo apparente si unisce la raffigurazione del lato oscuro del potere, con torturatori grondanti sangue e mimi-danzatori a dar vita ad un banchetto di nozze tra Enrico e Giovanna – perché però quell’urlo orrendo? – più vicino a di una danza macabra che non ad una festa.

Rifici gioca sugli sguardi a svelare la follia di Enrico e la ritrosia di facciata di Giovanna, la passione incauta di Percy e Smeton ma soprattutto la consapevolezza quasi distaccata di Anna, conscia del destino che l’attende e che saprà affrontare da regina qual è.

Sullo sfondo, a fare da Leitmotiv, la piccola Elisabetta a celebrare la vittoria della madre infelice sulla storia prima ancora che sulle trame che la schiacciano.

Efficaci il disegno di luci di Alessandro Verazzi e le coreografie di Alessio Maria Romano.

Diego Fasolis – e con lui I Classicisti accordati su un diapason a 430 che è balsamo per le voci e rende un suono fascinosamente ombroso – stacca tempi gagliardi, nell’ouverture al limite dell’eccesso, imprimendo al racconto una concitazione che gli si addice e rendendo il tutto sapido attraverso scelte agogiche sempre pertinenti e senza mai trascurare il necessario afflato melodico.

Nel ruolo-titolo Carmela Remigio si dimostra ancora una volta artista di sensibilità fuori dal comune; la sua Bolena è proiettata in una dimensione quasi astratta grazie ad un fraseggio cesellatissimo al quale si unisce una recitazione che accomuna la regina infelice alle grandi eroine della tragedia greca.

Maiuscola la prova di Arianna Vendittelli, Giovanna appassionata e timida al contempo, tutta giocata su una linea di canto capace di porre in luce ogni sfumatura del personaggio.

Ruzil Gatin è Percy di luminosa intensità, tutto cantato sulla parola – che per un madrelingua russo è ulteriore prova di intelligenza musicale e perizia tecnica – e sui fiati oltre che generoso nel profondere Re stellari.

Marco Bussi dà voce e corpo ad un Enrico di grande autorevolezza per quanto attiene alla vocalità e capace di rendere duttilmente il dettato registico che lo vuole quasi al limite della psicopatologia.

Ottimo lo Smeton di Paola Gardina, che canta davvero benissimo, così come meritano ogni lode il Rocheford generoso di Luigi De Donato e l’Hervey perfido e insinuante di Marcello Nardis, uno de migliori “cattivi” di sempre.

Sontuoso il Coro della Radiotelevisione svizzera preparato da Donato Sivo.

Successo strameritato per tutti; si replica l’8 e il 10 settembre e poi a febbraio prossimo a Reggio Emilia, Modena e Piacenza.

Alessandro Cammarano
(4 settembre 2023)

La locandina

Direttore Diego Fasolis
Regia Carmelo Rifici
Scene Guido Buganza
Costumi Margherita Baldoni
Luci Alessandro Verazzi
Coreografie Alessio Maria Romano
Personaggi e interpreti:
Anna Bolena Carmela Remigio
Enrico VIII Marco Bussi
Giovanna Seymou Arianna Vendittelli
Lord Rochefort Luigi De Donato
Lord Riccardo Percy Ruzil Gatin
Smeton Paola Gardina
Sir Hervey Marcello Nardis
I Classicisti
Coro della Radiotelevisione svizzera
Maestro del coro Donato Sivo

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