Madrid: l’Orfeo raggiunge il XXI secolo non solo senza perdere la sua essenza, ma anche rivestito di autenticità

Si è sempre detto che questa meravigliosa opera di Claudio Monteverdi è una favola musicata con un prologo e cinque atti, L’Orfeo più che una favola di confronto ideologico e soprattutto emotivo tra il reale e l’immaginario e stasera è stato dimostrato che è e sarà eterno nel tempo.

Dopo la sua prima 415 anni fa, è allestita al Teatro Real dal regista e coreografo Sasha Waltz e da Leonardo García Alarcón per la direzione musicale insieme ad  Alexander Schwarz, autore delle scenografie. Lo spettacolo ha il suo principale asse visivo e quindi attenzionale in uno straordinario, squisito dispositivo scenico. Con una visione minimalista, sul palcoscenico una struttura semplice, naturale, dotata di luce, eleganza e sobrietà che magicamente si piega, si alza, scende dall’alto e diventa infine solo pavimento, a creare una sorta di cornice di volumi, distanze, sfondi, forme e soprattutto immagini che danno origine ai diversi luoghi in cui si svolge la storia. Nulla rimanendo e nulla mancando, i corpi diventano gli elementi che non solo riempiono lo spazio, ma lo condizionano e conquistano anche l’attenzione totale e assoluta dello spettatore. L’esecutore è lui stesso scena, che sia ballerino, attore, cantante o anche musicista, diventa un elemento scenico, plastico, armonico, funzionale e soprattutto estetico. I continui movimenti, dotati anche di un’individualità magistralmente sviluppata e risolta, riempiono uno spazio in cui c’è solo luce e assenze – di colore ad esempio – in modo tale che l’occhio vi si ricrea con totale avidità. Questo ripiegamento degli spazi, oltre a creare, conferisce a queste “parti” una vivacità, una sincronicità e un’attualità che ridimensionano il concetto di spettacolo operistico.

Ed è che il fatto stesso che quella che è probabilmente la prima di tutte le opere sia dotata di un tocco di modernità così eccezionale, è una vera delizia per chi la ascolta. Non c’è riposo per l’attenzione e di conseguenza nemmeno per l’emozione.

Un termine che fiorisce nei primi atti in un contesto specifico è quello di “Sorgente vivente”, perché così è la scenografia di questo Orfeo. Una fonte vivente, di movimento, di luce, di eleganza e, in definitiva, di vita.

Se qualcosa caratterizza questa nuova versione dell’Orfeo, questa è il Sorprendente. Colpisce anche l’ingresso dell’Orchestra in platea dal corridoio centrale e il fatto che essa non sia collocata nell’usuale buca, ma piuttosto sia in scena ai due lati dell’azione drammatica, rilevando una mobilità particolarmente attiva o atteggiamento, in cui i musicisti sono costantemente e gradualmente incorporati durante l’esecuzione e anche il coro è presente tra le sue fila. Parliamo in questo caso della sublime interpretazione del Vocalconsort Berlin e della Freiburger Barockorchester, che hanno fatto della loro arte un intricato susseguirsi di qualità musicali messe alla prova in molti modi.

La coreografia mette a dura prova le voci per quanto riguarda la respirazione e l’appoggio. Cantare muovendosi e ballare mette tutti alla prova e tutti ne escono più che ottimamente.In questo senso merita una menzione speciale Luciana Mancini (Proserpina) che deve cantare solo sospesa in aria e Julie Roset, il soprano francese che dà vita a Eurydice e alla Música che, petto a terra e anche girandosi, riesce a raggiungere la perfezione nella sua interpretazione. Una sorta di rischio unito a un’ottima tecnica vocale. Spiccano inoltre le prove del controtenore uruguaiano Leandro Marziotte e di Alex Rosen, dotato di una straordinaria voce di basso e di un impareggiabile talento sul palco. E naturalmente, senza nulla togliere al lavoro di nessun altro artista presente stasera, vale la pena ricordare quello di Georg Nigl, il baritono austriaco che dà voce e forma ad un Orfeo che mostra la sua genialità quando deve interpretare i ritornelli strumentali del secondo atto o le dissonanze e persino le modulazioni che danno tanto carattere al suo personaggio.

La morte corona le storie d’amore più vere e le più irreali. Se qualcosa è reale è l’amore e il sentimento, quando un cuore ama veramente non c’è nulla che possa fermarlo, nemmeno la morte. E un cuore libero, alla ricerca dei suoi ideali, percorrerà tutti gli oceani e si imbarcherà su tutte le barche, anche quelle guidate dai personaggi più perfidi, pur di raggiungere la pace del suo essere. La pace della tua tranquillità e quindi dare calma al tuo sentimento. Ecco perché non c’è posto per pensare che la tragedia per amore non sia valida. Sarà sempre propizio morire per amore o forse per alcuni lo è amare fino alla morte.

L’opera è eterna, sarà sempre viva, stasera lo ha mostrato a Madrid. I più grandi classici, nell’estensione stessa di quella parola, si mantengono vivi e quando c’è talento, tecnologia e risorse diventano anche attuali. L’essenza del genere è l’Orfeo di Monteverdi, in cui si incarna la genesi di ciò che avrebbe contribuito al mondo della musica e della cultura internazionale. C’è da chiedersi dopo il passare degli anni e il rinnovarsi di tutte le teorie se l’obiettivo finale dello spettacolo non sarà altro che quello di raggiungere tutte le platee, qualunque sia il loro livello socioculturale o la loro età. Vale la pena chiedersi se questa grandezza che racchiude una messa in scena poiché è riuscita a liberarsi dello strato di antico e ad aprirsi ai nuovi tempi e alla modernità, non è che sia giunto il momento in cui non è più considerata per le élite e può soddisfare gli occhi e il cuore di ogni potenziale batacchio. Riflettiamo. E facciamolo ricordando la magnifica musica di quest’Opera.

Ricardo Ladrón de Guevara
(20 novembre 2022)

Orignale spagnolo

El Orfeo llega al siglo XXI no solo sin perder su esencia sino revestido de autenticidad

Siempre se ha dicho que esta maravillosa obra de Claudio Monteverdi es una Fábula hecha música con un prólogo y cinco actos, L´Orfeo más que una fábula confrontación ideológica y sobre todo emocional sobre lo real y lo imaginario y esta noche ha quedado comprobado que es y será eterna en el tiempo.

Tras su estreno hace 415 años esta noche sube a las tablas del Teatro Real de la mano de Sasha Waltz en la Dirección y Coreografía y del Maestro Leonardo García Alarcón en la Dirección Musical. Y en la que tiene un sobrado y reconocido crédito Alexander Schwarz autor de la escenografía. Y es que este montaje tiene su principal eje visual y por ende atencional en un extraordinario, y exquisito dispositivo escénico. Con una visión minimalista, sobre el escenario se yergue una estructura simple, natural, dotada de luminosidad, elegancia y sobriedad que mágicamente se va plegando, elevando, descendiendo de las alturas y finalmente convirtiéndose en solo suelo, para ejecutar una suerte de marco a volúmenes, distancias, fondos, formas y sobre todo imágenes que van dando lugar a los diferentes lugares donde se desarrolla la historia. Sin que nada sobre y sin que nada se eche a faltar, los cuerpos se convierten en los elementos que no solamente llenan el espacio, sino que lo acondicionan y logran además la atención total y absoluta del espectador. El ejecutante es escena, llámese bailarín, actor, cantante incluso músico, se convierte en una pieza de escenografía, plástica, armónica, funcional y sobre todo estética. Los movimientos constantes, dotados además de una individualidad magistralmente desarrollada y lograda hacen que un espacio en el que solo hay luz y ausencias, de color, por ejemplo, se llene de tal forma que la vista se recree en ello con total avidez. Ese plegar de espacios además de crear dota a esas “partes” de una vivacidad, una sincronía y una actualidad que redimensionan el concepto del espectáculo operístico.

Y es que el hecho mismo de que la que probablemente es la primera de todas las óperas esté dotada de un viso de modernidad tan sobresaliente, es un verdadero deleite para quien lo observa. No hay descanso para la atención y en consecuencia para la emoción tampoco.

Un término que florece en los primeros actos en un contexto específico es el de “Fuente viva” , pues eso es la escenografía de este Orfeo. Una Fuente Viva, de movimiento, de luz, de elegancia y en definitiva de eso, de vida.

Si algo caracteriza a esta nueva versión de esta Ópera es lo Sorprendente. Impacta la entrada de la Orquesta al patio de butacas por medio del pasillo central y el hecho de que no esté ubicada en su habitual foso si no que esté sobre el escenario a ambos lados de la acción dramática y advirtiéndose además una movilidad o actitud particularmente activa en la que constante y paulatinamente se van incorporando músicos durante la representación y entre sus filas se incorporan también el coro. Hablamos en este caso de la sublime interpretación de la Vocalconsort Berlín y la Freiburger Barockorchester que han hecho de su arte una intrincada secuencia de calidad musical puesta a prueba de muchas formas.

La coreografía hace que las voces sufran esa dura prueba de la complicación para las columnas de aire y apoyo. Cantar moviéndose y bailando pone a prueba a todos y todos salen de ello más que airosos, mención especial merecen en este sentido la Proserpina Luciana Mancini (mezzo sueca de origen chileno) a quien le toca interpretar no solo elevada sino que girada por los aires y Julie Roset, la Soprano francesa que da vida a Eurídice y a La Música que pecho a tierra e incluso girando sobre sí logra alcanzar la perfección en su interpretación. Una suerte de riesgo unido a excelente técnica vocal. Así como se destacan los trabajos del Contratenor uruguayo Leandro Marziotte y Alex Rosen (Californiano) poseedor de una voz de bajo extraordinaria y un talento en escena incomparable. Y claro está, y sin desmerecer el trabajo de ningún otro artista presente esta noche, cabe destacar el de Georg Nigl, el Barítono Austriaco que da presencia y categoría a un Orfeo, que muestra su brillantez cuando le toca interpretar los ritornelli instrumentales del segundo acto o las disonancias e incluso modulaciones que tanto carácter le dan a su personaje.

La muerte corona las historias de amor más reales y las más irreales. Si algo es real es el amor y el sentimiento, cuando un corazón ama de verdad no hay nada que pueda detenerlo, ni la muerte tan siquiera. Y un corazón libre, en busca de sus ideales recorrerá todos los océanos y abordará todas las barcas, incluso las que manejan los personajes más pérfidos, solo para alcanzar la paz de su estar. La paz de su tranquilidad y así darle sosiego a su sentimiento. Por eso no hay lugar a pensar que la tragedia por amor no está vigente. Siempre será propicio el morir por amor o quizá para algunos lo sea el amar hasta morir.

La Ópera es eterna, siempre estará viva, esta noche lo ha demostrado en Madrid. Los más grandes clásicos, en la extensión misma de esa palabra, se mantienen vivos y cuando hay talento, tecnología y recursos llegan a ser incluso actuales. La esencia del género es el Orfeo de Monteverdi, en ella está plasmada la génesis de lo que aportaría al mundo de la música internacional y de la cultura. Cabe preguntarse tras el paso de los años y la renovación de todas las teorías si el fin último del espectáculo no será otro que llegar a todo público, sea cual sea su nivel sociocultural o su edad. Cabe preguntarse si esta grandeza que encierra una puesta en escena ya que ha logrado quitarse la capa de añejo y abrirse a los nuevos tiempos y a la modernidad, no será que ha llegado el tiempo que se deje de considerarse para las élites y pueda satisfacer los ojos y los corazones de cualquier potencial aplaudidor. Vamos solo a reflexionar. Y hagámoslo recordando la música magnífica de esta Ópera.

Ricardo Ladrón de Guevara
(20 novembre 2022)

La locandina

Direttore Leonardo García Alarcón
Regia e coreografia Sasha Waltz
Scene Alexander Schwarz
Costumi Bernd Skodzig
Luci Martin Hauk
Video Tapio Snellman
Personaggi e interpreti:
La musica / Eurídice Julie Roset
Orfeo Georg Nigl
La messaggera / La speranza Charlotte Hellekant
Caronte Alex Rosen
Proserpina Luciana Mancini
Plutón Konstantin Wolff
Apollo / Eco / Pastore 4 Julián Millán
Ninfa / Pastore 1 Cécile Kempenaers
Pastoer 2 /Spirito Leandro Marziotte
Pastoer 5 / Spirito Hans Wijers
Pastore 3 / Spirito Florian Feth
Sasha Waltz & Guests
Freiburger Barockorchester
Vocalconsort Berlin

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