Merano: la svolta romantica di Pinnock

Tornano puntuali a fine estate le settimane musicali meranesi: un calendario fitto di concerti tra agosto e settembre con le orchestre più famose che da quasi quarant’anni fanno tappa sulle sponde del Passirio durante i loro tour europei. E se si nota la mancanza quest’anno delle compagini russe, il Südtirol Festival rimane un appuntamento fisso per ascoltare interpreti internazionali di rilievo in una sala dall’acustica generosa.

Tra i primi appuntamenti spiccava la proposta dell’Orchestra da camera di Basilea diretta da Trevor Pinnock con la partecipazione della pianista portoghese Maria João Pires. Un programma costruito attorno al cuore pulsante del Concerto per pianoforte e orchestra KV 488 di Mozart, incorniciato dal Tombeau de Couperin di Ravel e dalla Seconda Sinfonia di Gounod. La presenza di Pinnock sul podio, interprete riconosciuto come riferimento per la musica del periodo pre-romantico, alimentava la curiosità per un programma così compilato e nutriva l’attesa per una lettura che poteva forse portare l’asse Ravel-Mozart-Gounod verso il rigoroso stile classico: il primo per la scrittura neoclassica quale omaggio alla musica secentesca francese; il secondo per motivi anagrafici; il terzo per la sua adorazione verso l’opera di Bach e Beethoven, scoperta attraverso i Mendelssohn.

Ma la risorsa dei grandi interpreti è quella di sconvolgere le carte in tavola e rinnovarsi sempre, e a Merano assistiamo, dunque, alla svolta romantica di Trevor Pinnock. Nei quattro movimenti del Tombeau, che Ravel sceglie e riordina dall’originale pianistico per un’orchestra barocca nelle dimensioni e nell’organico (a cui aggiunge solamente l’arpa), il direttore esalta la ricchezza timbrica della partitura, puntando tutto sul suono – pieno, brillante, vivo, lucente, preziosamente dorato – rispetto all’elemento formale, che svuotandosi di architetture allontana questa pagina dal rigore del suo esempio generativo e da tutti i riferimenti stilistici cui si lega. Prélude, Forlane, Menuet e Rigaudon si susseguono speditamente, in un turbine di vivacità e in un risplendere riccamente di timbri, grazie alla notevole sezione fiati e al vibrato di velluto degli archi della Kammerorchester Basel. Un’esecuzione che investe tutto sulla bellezza del suono e che, nel caso di Ravel, funziona perfettamente, legandosi piuttosto al periodo storico cui apparteneva il compositore (e soprattutto alle potenzialità timbriche degli strumenti a fiato di quel tempo) ed aprendo la serata con un ottimo biglietto da visita.

Diversamente, questa chiave interpretativa fatica a convincere in Gounod. Sarà questione di durata – i quindici minuti di Ravel rispetto ai quaranta di Gounod; sarà questione di qualità compositiva – se Gounod è famoso per la produzione operistica e non per le sue due sinfonie qualcosa vorrà dire; il risultato purtroppo non conquista. Qui puntare tutto solamente sull’elemento sonoro non funziona, la musica non scorre, le simmetrie delle frasi musicali risultano ripetitive, i riferimenti tedeschi di Gounod svaniscono e con loro la tensione della grande forma. Nello svolgimento della Seconda Sinfonia testimoniamo comunque pagine sicuramente riuscite ed interessanti. Spiccano, tra queste, la parte centrale rispettivamente del secondo (Larghetto) e del terzo (Scherzo) movimento: la prima per l’incedere lezioso unito ad un suono di fine porcellana, la seconda per la veste pastorale.

Arriviamo a Mozart, motivo di richiamo della serata per uno tra i concerti più ammirati per la complessità, la fantasia dei temi e la presenza di momenti ludici come di grande pathos. Sul palcoscenico della Kurhaus assistiamo a due visioni del genio salisburghese, quella di Pinnock e quella di Pires. Da un lato l’orchestra, che predilige ancora una volta un andamento spedito, spesso in avanti, e che si affeziona ad un suono accordale forte e morbido, eccedendo spesso nel tutti orchestrale; dall’altro il pianoforte alla ricerca di una dimensione filologicamente più corretta, ma che fatica a imporsi nel suono e a respirare con libertà. La situazione migliora nel secondo movimento, dove la scrittura alternata tra solista e orchestra regala spazio a Maria João Pires, permettendole di esprimere la sua arte, e regalando al numeroso pubblico una lettura molto intima dell’Adagio in questo tragico fa diesis minore, più meditativo che lacrimevole. Pinnock e Pires si ritrovano con grande gioia nel terzo ed ultimo movimento. Il tema del Rondò è affrontato dalla pianista con grinta energizzante e il tempo spedito scelto dal direttore è quello giusto per far giocare Mozart, che in queste pagine eccome se si diverte, lasciando ai posteri uno dei temi più gioiosi e divertenti della sua produzione tastieristica, costruito sulla semplicità disarmante di una scala che sale e che scende, e che s’intreccia a canone tra il solista e l’orchestra.

I bis che ci concede la serata sono il Largo dal Concerto per cembalo ed archi in fa minore BWV 1056 di Bach, meraviglioso canto infinito di Pires sopra i pizzicati degli archi, e, a conclusione del concerto, la trascrizione orchestrale a firma di Ottorino Respighi della pagina clavicembalistica “La Poule” di Jean-Philippe Rameau, ulteriore indizio che lo sguardo di Trevor Pinnock verso il periodo barocco ha indossato nuove lenti.

Monique Cìola
(26 agosto 2022)

La locandina

Direttore Trevor Pinnock
Pianoforte Maria João Pires
Kammerorchester Basel
Programma:
Maurice Ravel
Le Tombeau de Couperin
Wolfgang Amadeus Mozart
Concerto per pianoforte e orchestra n° 23 K. 488
Charles Gounod
Sinfonia n° 2 in mi bemolle maggiore

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