Milano: Gianandrea Noseda nella Parigi tra Otto e Novecento

È un programma inusuale quello che ha accolto il pubblico della Scala il 7 gennaio. Sul podio della Filarmonica, Gianandrea Noseda ha offerto alla platea la Suite dal Pelléas et Mélisande di Fauré, il Divertimento dal balletto Le Baiser de la fée di Stravinskij e la maestosa Terza Sinfonia “con organo” di Saint-Saëns.

Un repertorio fuori dagli schemi più tradizionali eppure di grande valore. Il Pelléas et Mélisande di Fauré, primo di una trionfale stagione di Pelléas a cavallo tra Otto e Novecento, è stato affrontato con grande cura della sonorità, senza sprofondare in una ricerca decadente o preraffaellita. Al contrario, sotto l’energico gesto di Noseda si è percepito distintamente il perché la partitura di Fauré ebbe a far ghignare sarcasticamente Debussy, nonostante il direttore ne abbia esaltato con nitida definizione il distacco arcaicizzante e la succinta compattezza del discorso. D’altronde Noseda si è spesso dimostrato a suo agio sulle sonorità francesi (ricordo ancora un magnifico La Mer con la London Symphony Orchestra al Filarmonico di Verona), in cui il direttore milanese frena il proprio caratteristico slancio per concentrarsi di più sui dettagli, ma in cui al contempo non blocca il discorso per rifugiarsi in un edonismo timbrico. Non sempre convintissimo però il dialogo con la Filarmonica, che né su Fauré né su Stravinskij ha trovato un pieno appoggio, forse anche per la novità del repertorio.

Molto riuscito, però, il Divertimento stravinskijano, stilisticamente il brano meglio condotto della serata, grazie all’abilità di orchestra e direttore nel disegnare uno Stravinskij squadrato e meccanico, ma senza soffocarne il brio ballettistico e l’abilità nel trattamento del materiale tematico di Čajkovskij: meccanico sì, ma con gli ingranaggi perfettamente oliati.

Dopo l’intervallo è stata la volta della portata principale del concerto, la Terza di Saint-Saëns. Già dalle prime note si è capito dov’era andata la maggior parte dell’attenzione durante le prove. Trascinata dall’energico gesto di Noseda, in questo concerto però più contenuto del solito, la Filarmonica della Scala è apparsa pienamente nel pezzo, trovando un suono compatto e convinto e gettando in avanti il discorso anche a costo di sbagliare. Non è affatto spiacevole vedere la Scala abbandonare la sua compassata lucidità per lanciarsi in un discorso infiammato, anche se la Sinfonia di Saint-Saëns perdona poco i problemi di insieme.

Per il denso tessuto polifonico sarebbe stata necessaria una maggiore chiarezza di gesto, soprattutto considerando la non familiarità dell’Orchestra con il brano. Ciononostante Noseda è riuscito nella sfida di cogliere lo spirito della Sinfonia, con quella forma di bruciante ma superficiale passione che accomuna Saint-Saëns a Mendelssohn. E Mendelssohn richiamava anche la sobrietà malinconica del secondo movimento e il battagliero corale del quarto, in cui Noseda e la Filarmonica della Scala hanno saputo mantenere l’entusiasmo nel lungo crescendo che conduce al finale. Proprio nel finale sarebbe stato fondamentale però avere più organo: al contrario di quanto affermi Bosco nel critico programma di sala, l’organo nella Sinfonia di Saint-Saëns non serve solo «per dare una tinta gotica alla Sinfonia», ma assume spesso un ruolo concertante che consente al Francese di sperimentare nuove sonorità in un’orchestrazione che è più che brillante.

Ne è un esempio la perfetta fusione tra organo e orchestra nel secondo movimento, una delle pagine più belle mai composte da Saint-Saëns, così come la presenza fondamentale nell’ultimo tempo, in cui la texture sonora si compone sommando le linee fino alla trionfale e maestosa chiusa. Non solo, l’orchestra stessa è a volte chiamata ad imitare la scrittura organistica, uno scambio di ruoli gestito con una maestria di orchestrazione e una sicurezza dell’effetto concertistico che non cessa di stupire. Perché questo fosse però percepito sarebbe stata necessaria la presenza dell’organo in scena: nascosto nel retropalco dalla camera acustica, l’organo non ha avuto problemi a farsi sentire nel secondo movimento o nel registro più grave, ma (almeno dalla platea) mancava di quell’imponenza così richiesta nel finale, facendosi più volte coprire, cosa più unica che rara, dall’orchestra. Questo aspetto non ha però frenato l’entusiasmo del pubblico, che ha tributato grandi ovazioni alla Filarmonica e al suo direttore.

Alessandro Tommasi
(7 gennaio 2020)

La locandina

Direttore Gianandrea Noseda
Programma:
Gabriel Fauré Pelléas et Melisande, suite op. 80
Igor’ Stravinskij Le baiser de la fée, divertimento dal balletto
Camille Saint-Saëns Sinfonia n. 3 in do min. op. 78 “con organo”
Filarmonica della Scala

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