Padova: l’omaggio della OPV a Giacomo Manzoni

La domanda che ci si pone spesso di fronte alla musica nuova è se un determinato brano possa reggere il peso degli anni. Il problema spesso è che dopo una prima esecuzione assoluta dovuta alla commissione di qualche ente concertistico, fondazione lirico-sinfonica, il brano cade nell’oblio e nessuno più ha l’occasione di riascoltarlo dal vivo per svariati anni. Questa sera a Padova in occasione del concerto di chiusura della rassegna Veneto Contemporanea abbiamo avuto l’interessante e rara occasione di provare a rispondere a questo quesito per due composizioni di Giacomo Manzoni: Dieci versi da Emily Dickinson (1988) e Parole da Beckett (1971): protagonisti l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius, il soprano Livia Rado, l’Ensemble Vocale Continuum ed il Coro Polifonico Castelbarco diretti da Luigi Azzolini e Alvise Vidolin alla regia del suono.

In apertura di serata il M° Marco Angius e l’Assessore alla Cultura del Comune di Padova Andrea Colasio con una cerimonia ufficiale hanno consegnato il Sigillo della Città al Maestro Manzoni che a settembre compirà novant’anni.

Dieci versi da Emily Dickinson (1988) si basa su versi tratti da due poesie dell’autrice statunitense e prevede un organico formato da un quartetto d’archi, due arpe, un secondo ensemble di dieci archi e soprano leggero. Il brano si sviluppa per contrapposizione tra i due gruppi di archi, il più grande dei quali forma una sorta di atmosfera offuscata a sostegno della parte melodica affidata alla solista. La partitura vorrebbe anche che tra quartetto ed ensemble di archi venisse posto un tulle inizialmente previsto per questa occasione ma un improvviso cambio di sede per il concerto dal Teatro Verdi all’Auditorium Pollini non ha più consentito la realizzazione di questa indicazione. Marco Angius trova nella chiarezza e nel bilanciamento tra strumenti e gruppi di strumenti una cifra interpretativa molto riuscita, che restituisce al pubblico la trasparenza e la verticalità della struttura senza però cedere all’asetticità che spesso affligge gli interpreti davanti a partiture contemporanee. Lodevole anche il soprano Livia Rado, dotata di un bel timbro, un bel controllo dei fiati e di un’intonazione sempre precisa.

Parole da Beckett (1971) invece prevede un organico decisamente numeroso: tre gruppi di strumenti e due cori misti e nastro registrato. La disposizione occupa tutto il palcoscenico del Pollini e anche parte della platea in basso a sinistra con il coro grande. Quasi cento esecutori sono coinvolti per questa partitura. Se con la Dickinson eravamo negli anni del Doctor Faustus adesso con Beckett facciamo un salto in dietro di quasi due decenni. Un incipit acusmatico che arriva all’ascoltatore a folate apre questo brano che potremmo forse definire come l’evoluzione novecentesca dell’oratorio. Trattandosi di Beckett l’idea del brano ruota intorno all’incomunicabilità tra gli esseri umani: i testi affidati ai due cori vengono dissolti come la scia di una cometa con varie tecniche compositive in modo da risultare all’ascoltatore assolutamente incomprensibili ed indistinguibili. La collocazione dei due cori assai distanti rende complicata la concertazione sia di Angius che di Azzolini che nonostante qualche difficoltà riescono comunque ad ottenere un buon insieme tra di essi e con i tre gruppi strumentali. La familiarità dell’Orchestra di Padova e del Veneto e del suo Direttore Musicale con il repertorio contemporaneo emerge con unità e solidità anche in questo brano assai più complesso e di vaste proporzioni.

Tentando di rispondere al quesito iniziale possiamo sicuramente sottolineare un concetto noto, ma che merita la nostra attenzione: la modernità di un brano non è per nulla correlata alla data di composizione. Se in fatti a distanza di duecento anni la sonata op.111 di Beethoven ci sembra ancora modernissima, lo stesso abbiamo potuto riscontrare nei due brani di Manzoni ascoltati questa sera: a molte persone in sala, come al sottoscritto, Parole da Beckett composta ben diciassette anni prima di Dieci versi da Emily Dickinson non accusa affatto gli oltre cinquant’anni ormai trascorsi dalla sua composizione.

Per chi volesse provare a farsi in prima persona un’idea sull’argomento basterà attendere qualche mese l’uscita per l’etichetta Stradivarius di un cd contenente questi due brani registrati proprio in questi giorni con i medesimi interpreti.

Luca Di Giulio
(3 giugno 2022)

La locandina

Direttore Marco Angius
Soprano Livia Rado
Ensemble Vocale Continuum
Coro Polifonico Castelbarco
Maestro dei cori Luigi Azzolini
Regia del suono Alvise Vidolin
Programma:
Giacomo Manzoni
Dieci versi di Emily Dickinson (1988)
Parole da Beckett (1971)

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