Piacenza: a Pizzi si addice Fedora

La stagione autunnale del Teatro Municipale di Piacenza riapre il sipario con una nuova produzione di Fedora di Umberto Giordano, un titolo che fin dai suoi esordi milanesi -novembre 1898- ebbe un successo clamoroso.

La vicenda, tratta dal dramma di Victorien Sardou e ridotta da Arturo Colautti, fu indubbiamente una novità nel panorama del melodramma fin de siècle i cui i personaggi, protagonisti di un vero e proprio noire a tinte fosche, agiscono di viscerale istinto con azioni estreme e ripensamenti improvvisi.

Un clima che nell’Italia di quegli anni Fogazzaro aveva ben dipinto in Malombra tratteggiando quei sentimenti di follia che pervaderanno le grandi dive fatali del cinema delle origini.

Tutto questo sapore lo respiriamo già nella breve introduzione orchestrale – messa ben a fuoco dal maestro Aldo Sisillo – con cui Giordano principia l’opera: un tema sfiorito, lacustre, decadente, intriso di quella passione che non si potrà mai avverare.

Complice l’elegantissima regia di Pier Luigi Pizzi, che ha firmato anche le scene e i costumi, in cui l’essenzialità cede spazio al dramma interiore dei personaggi rendendo ancor più nitido l’intreccio.

Il sipario si apre, infatti, in un ambiente ombroso scevro da ogni sovrabbondanza ma che ben ritrae il colore e lo spirito del dramma. Siamo a San Pietroburgo nel palazzo del conte Vladimiro Andrejevich, è inverno e dalle finestre si percepisce la rigidità della sera e della situazione che di lì a poco precipiterà.

L’ingresso perentorio di Fedora, così ben condotto da Teresa Romano, fa presagire il carattere altero e risoluto della principessa russa la cui tragica notizia dell’attentato al suo futuro sposo Vladimiro innesca in lei spietati sentimenti di vendetta.

Il secondo atto si allontana dai classici fasti dei saloni parigini affollati di invitati: un raffinato salone con dei drappi scorrevoli che mostrano un padiglione dorato, un pianoforte in scena e poco più. Tutto è teso alla ricerca da parte di Fedora di scoprire la verità tramite la confessione di Loris che sovverte inaspettatamente le aspettative della principessa.

Se nel primo atto Teresa Romano mette in luce una principessa Romazov perentoria con un declamato scolpito sottolineando le parti di maggior pathos, nella seconda parte la sua vocalità cede alla passione sostenuta da una recitazione liberty che ben si addice a questo ruolo.

Al suo fianco Luciano Ganci imprime alla parte di Loris una forte carica espressiva tramite una vocalità tutta italiana, luminosa e svettante negli acuti, capace di smorzare e abbandonarsi a una scrittura estremamente dettagliata che, se ben eseguita come è stato, rende questo personaggio psicologicamente e musicalmente più interessante.

Sorprendente è il terzo atto in cui la scena ritrae un interno della villa svizzera di Fedora con vista lago. Atmosfere evanescenti sui toni bianco-grigi, tutto sembra lontano da qualsiasi avvenimento tragico, ma in quegli anni il finale non poteva essere diverso e Fedora, dopo atroce confessione, spira fra le braccia di Loris dopo aver ingerito il veleno custodito come una reliquia nella sua antica croce bizantina.

Sebbene la parte sia stata pensata per un soprano drammatico -la prima assoluta fu infatti cantata da Gemma Bellincioni- la duttile vocalità mezzosopranile di Teresa Romano ha evidenziato maggiormente la centralità della scrittura di Giordano che anche dal punto di vista orchestrale insiste su sonorità più torve e meno brillanti creando un netto contrasto con la parte tenorile di maggior respiro e cantabilità.

Sebbene annunciato indisposto, il baritono Simone Piazzola risolve la parte di De Siriex in modo più che convincente così come si distingue vocalmente e scenicamente la Contessa Olga Sukarev di Yuliya Tkachenko.

Un plauso a Ivan Maliboshka ottimo Boleslao Lazinski, un vero poeta del pianoforte, principe del sentimento…

Ottima anche nella scelta dei comprimari merito di un sapiente lavoro di regia ma anche di una concertazione piuttosto variegata da parte del maestro Aldo Sisillo che ha messo in luce le caratteristiche di una partitura ben scritta, compatta nel suo incedere drammaturgico e dettagliata nell’orchestrazione grazie anche all’ottima Orchestra Filarmonica Italiana.

Particolarmente attento nei volumi, Sisillo non si è mai abbandonato a fragorose sonorità ma ha mantenuto una certa eleganza anche nelle pagine di maggior trasporto.

Questo in perfetta linea con la visione di Pier Luigi Pizzi che ci insegna, ancora una volta, come sia possibile realizzare un ottimo spettacolo con mezzi misurati ma estremamente funzionali e di buon gusto senza stravolgere la vicenda ma riportando in vita un titolo legato a un determinato periodo storico.

Sintesi e senso del teatro anche nel saper sostituire i «ninnoli deliziosi» con un «Kandinskij coraggioso»!

Con lui Massimo Gasparon regista collaboratore e luci nitidissime; Serena Rocco assistente alle scene; Lorena Marin assistente ai costumi e Matteo Letizi videomaker che ha curato i suggestivi fondali proiettati.

Bene come sempre il coro istruito dal maestro Casati, un po’ meno bene il pubblico piacentino latitante che si è perso uno degli spettacoli più belli della stagione.

Tuttavia i presenti hanno apprezzato decretando unanime consenso a questa nuova produzione di Fedora che merita di essere vista.

Gian Francesco Amoroso

(6 ottobre 2023)

La locandina

Direttore Aldo Sisillo
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Luci e regista collaboratore Massimo Gasparon
Personaggi e interpreti:
La Principessa Fedora Romazov Teresa Romano
La Contessa Olga Sukarev Yuliya Tkachenko
Il Conte Loris Ipanov Luciano Ganci
De Siriex Simone Piazzola
Dimitri Vittoria Vimercati
Un piccolo Savoiardo Isabella Gilli
Desiré Paolo Lardizzone
Il Barone Rouvel Saverio Pugliese
Cirillo William Corrò
Borov Gianluca Failla
Gretch Viktor Shevchenko
Lorek Valentino Salvini
Nicola Neven Stipanov
Sergio Lorenzo Sivelli
Michele Giovanni Dragano
Boleslao Lazinski Ivan Maliboshka
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati

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