Pordenone: Nove pianisti per nove sinfonie, la maratona Beethoven-Liszt

Il Teatro Verdi di Pordenone inaugura il 2022 con un progetto tanto interessante quanto ambizioso. In collaborazione con il Festival Spinacorona di Napoli ed il suo Direttore Artistico Michele Campanella, il cartellone presenta finalmente al pubblico dopo anni di preparazione e ritardi (“mala tempora currunt”) le Nove sinfonie di Beethoven nella trascrizione pianistica di Franz Liszt. L’esecuzione napoletana, documentata e visibile su RAIPlay, si era svolta a porte chiuse. La seconda esecuzione invece prevista a Pordenone per il compleanno di Beethoven il 16 dicembre è stata rimandata ad oggi. Dieci diversi pianisti, eseguono in odine cronologico le nove sinfonie. La personale dipendenza beethoveniana, che mi aveva già fatto raggiungere Napoli per la maratona sinfonica di Juraj Valčuha del giugno 2019 non poteva che “costringermi” alla trasferta friulana.

Il primo concerto vede la Prima Sinfonia op.21 in do maggiore e la Seconda op.36 in re maggiore affidate rispettivamente a Monica Leone e a Roberto Plano. Gli approcci interpretativi sono molto distanti ma entrambi convincenti ed efficaci. La Leone legge la Prima sinfonia guardando ad Haydn e con tempi misurati. Un suono asciutto e una precisa attenzione polifonica donano trasparenza alla partitura. Particolare e suggestivo l’accentuato contrasto metronomico tra primo e secondo movimento. Plano dal canto suo invece guarda alla Seconda con lo sguardo di un Beethoven più moderno e avanguardistico. Tanti e marcati sono i contrasti dinamici tra piano e forte tanto da mettere l’ascoltatore spesso davanti a masse sonore importanti che vengono plasmate dal pianista varesino con un fraseggio naturale e un sapiente uso della pedalizzazione. Il discorso musicale è sempre serrato sia nell’Allegro con brio iniziale che nel finale senza rinunciare però ad una affettuosa cantabilità nel Larghetto.

Il secondo programma prevede la Terza Sinfonia op.55 in mi bemolle maggiore con il pianista genovese Massimiliano Damerini e la Quarta op.60 in si bemolle maggiore affidata a Stefania Cafaro. L’Eroica, come racconta in sala Michele Campanella, all’epoca era ritenuta una sinfonia spaventosa per le sue proporzioni  e per la marcia funebre. La versione pianistica che rispetto a quella orchestrale riduce drasticamente la tavolozza di colori ha però il pregio di mettere in risalto alcune soluzioni timbriche ed armoniche ardite effettivamente proprio terrificanti e spaventose per aggressività e a volte per dissonanza. Massimiliano Damerini non abdica di fronte a queste asprezze ed asperità restituendo in sala una sinfonia che suona a tratti nuova proprio per i motivi sopra elencati e anche per alcune scelte di trascrizione lisztiane: si pensi ad esempio alla sezione centrale della Marcia funebre dove l’incedere di marcia delle trombe viene abbandonato a favore della chiarezza della frase dei legni. A seguire la Quarta che erroneamente viene inclusa nel novero delle sinfonie minori prediligendo la Pastorale e le sinfonie “dispari”. Questa sinfonia invece possiede uno dei movimenti con tema e variazioni tra i più belli di tutta la produzione sinfonica beethoveniana insieme al Finale della Terza ed al movimento lento della Nona. Stefania Cafaro ci fa ascoltare la sinfonia con una incredibile chiarezza di enunciazione e di architettura. Efficace nell’insidiosa introduzione lenta, calorosa nel mirabile tema e variazioni, brillante e spigliata nell’agilissimo finale.

Il terzo concerto, quello mediano, vede protagonisti Paolo Marzocchi e Maurizio Baglini: il primo con la Sinfonia n.5 in do minore op.67 mentre il secondo con la n.6 in fa maggiore op.68 “Pastorale”. La Quinta, come ben sappiamo, è ancora oggi insieme alla Nona la più provocatoria delle nove e Liszt nella sua trascrizione usa ogni risorsa pianistica disponibile per l’uomo, e forse anche qualcosa in più. Paolo Marzocchi la esegue con la giusta dose di energia e violenza, senza affrettarsi in una corsa sfrenata e lasciando comunque il giusto spazio ai momenti lirici e distensivi. La sinfonia sotto le sue dita monta lentamente fino a risolvere completamente e perfettamente tutte le tensioni accumulate nel luminosissimo finale in do maggiore. Si nota lo sguardo attento del pianista-compositore pesarese che legge benissimo l’architettura del brano con soluzioni inedite ma allo stesso tempo fedelissime al testo. Maurizio Baglini segue a ruota con la Pastorale. Apparentemente, sulla carta, una delle sinfonie strumentalmente più accessibili si rivela in realtà infìda e difficilissima quanto le altre e per certi aspetti forse di più. L’esecuzione di Baglini è lisztiana dall’inizio alla fine. Questo significa che alcuni momenti della sinfonia vengono sapientemente plasmati per poter affrontare alcuni passaggi dove il pianoforte non ha fisicamente modo di risolvere la scrittura o che richiederebbero due mani ausiliarie. Notevole la tavolozza di colori nei tre movimenti centrali, con un Temporale di grandissimo effetto.

Il penultimo, l’ultimo con un solo pianoforte, prevede la Settima Sinfonia in la maggiore op.92 e l’Ottava in fa maggiore op.93. Al pianoforte Fazioli si alternano Marco Vergini e Claudio Curti Gialdino. Ai livelli delle migliori esibizioni della giornata è la Settima di Vergini: precisa e curata sotto ogni punto di vista: suono, fraseggio e molta intensità. Una grande cavalcata interrotta solamente dall’accoratissimo Allegretto in la minore. La brillante Ottava è piuttosto delicata, particolarmente nell’ultimo movimento con numerosissimi ribattuti. Attento e chiaro nelle intenzioni Curti Giardino è forse un po’ troppo rigoroso e un po’ poco umoristico. La sinfonia rimane però assai godibile per il pubblico e il giusto brano preparatorio per il colosso successivo: la Nona.

Alle prese con il mastodontico concerto finale l’alfa e l’omega di questa maratona ovvero Monica Leone con Michele Campanella per la versione a due pianoforti della Nona Sinfonia in re minore op.125. Le possibilità che offrono i due pianoforti sono infinitamente maggiori e la densità beethoveniana di questa pagina non viene minimamente sacrificata. L’affiatatissimo duo Leone-Campanella ne restituisce ogni dettaglio con impeto, lirismo e cantabilità. Cantabilità che non fa rimpiangere l’assenza di coro e solisti. Il punto di vista chiaramente beethoveniano porta i due musicisti ad avvicinarsi il più possibile all’originale sinfonico con una attentissima ricerca timbrica e un fraseggio molto variegato. Granitici nei due movimenti iniziali incollano letteralmente gli astanti per tutta la durata del concerto fino alla conclusione della maratona dopo più di undici ore.

I lunghissimi applausi tributati al duo e successivamente a tutti i pianisti coinvolti richiamati sul palco, decretano il successo di un’iniziativa riuscitissima dal punto di vista del contenuto e del progetto ma anche e soprattutto da quello del pubblico pordenonese.

Luca Di Giulio
(16 gennaio 2021)

La locandina

Pianoforte Monica Leone
Roberto Piano
Massimiliano Damerini
Stefania Cafaro
Paolo Marzocchi
Maurizio Baglini
Marco Vergini
Claudio Curti Gialdino
Monica Leone
Michele Campanella
Programma:
Ludwig van Beethoven – Franz List
Nove Sinfonie

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