Ravenna: Martha Argerich e Mischa Maisky, un duo lungo quarantacinque anni

Arrivano dal fondo del vasto palcoscenico, neri i vestiti, nero il fondale su cui le due figurine si stagliano; con le loro masse di capelli argentei che scintillano sotto le luci blu, sembrano due creature di fiaba. Dopo ogni brano del programma, se ne vanno tenendosi per mano.

Martha Argerich e Mischa Maisky, amici nel nome della musica da quarantacinque anni (il più lungo sodalizio che la pianista abbia avuto con un altro interprete), hanno condiviso l’inaugurazione del Ravenna Festival con Laurie Anderson, che li ha preceduti di un giorno con il suo concerto. Un doppio inizio, nel segno di quella pluralità di generi e di gusti che sta nel cuore della manifestazione ravennate.

Argerich e Maisky, quindi: un tassello di storia dell’interpretazione in un duo che nonostante gli anni passati ha ancora molto in serbo, con quella sorta di indelebile freschezza che soprattutto la pianista argentina porta nel modo di accostare lo strumento.

Sarà per la perfetta sgranatura con cui dà vividezza a ogni nota e che il sempre moderatissimo uso del pedale non ostacola. Sarà per il piglio animoso con il quale affronta i tempi veloci o per la lirica e insieme controllata, ma mai anemica o spenta, immersione nei movimenti lenti.

La passione, che le è sempre stata riconosciuta, arde ancora, ma insieme è la lucidità a emergere, tonda e limpida, nel suo modo di affrontare ancora una volta compositori dei quali mille volte ha suonato le pagine: Beethoven, precursore nel genere della sonata per violoncello e pianoforte, con l’op. 5 n. 2 in sol minore; Debussy con la Sonata n. 1 in re minore; Chopin, di nuovo nella tonalità di sol minore, con la Sonata op. 65.

Mischa Maisky, con la padronanza tecnica e l’agilità che ancora mostra di possedere, sul suo Montagnana produce un suono corposo e asciutto nello stesso tempo, pur se un poco scolorito in certi brevi passaggi di rincalzo, e un fraseggio senza sbavature che benissimo si sposa a quello di Argerich sulla sua tastiera prediletta, quella dello Steinway. L’accordo tra i due è palpabile, la musica si manifesta come espressione di un pensiero condiviso.

Dopo gli applausi scroscianti, nel Pala de André con diversi posti vuoti nonostante l’eccezionalità della serata (ma non ne sarebbe rimasto uno libero se ci fosse stata un’orchestra), l’unico bis concesso, e non annunciato, non è una paginetta, ma la Hausmusik di altissimo livello dei Fantasiestücke op. 73 di Robert Schumann, dove accanto al pianoforte possono esibirsi indifferentemente un clarinettista, un violinista o un violoncellista.

Tre movimenti senza soluzione di continuità, per una durata di circa dieci minuti, in pratica la quarta parte del concerto, affrontata con piglio e vivace comunicativa. Quasi come se la serata si fosse conclusa nel salotto di casa Argerich; come se fosse parte del Concerto privato al quale si può assistere su Arte, dove, tra una prova e l’altra in duo, Martha Argerich dice di Maisky: «Gli voglio molto bene, adoro suonare con lui». A Ravenna se n’è vista la prova smagliante.

Patrizia Luppi
(8 giugno 2023)

La locandina

Violoncello Mischa Maisky
Pianoforte Martha Argerich
Programma:
Ludwig van Beethoven
Sonata per violoncello e pianoforte in sol minore op. 5 n. 2
Claude Debussy 
Sonata per violoncello e pianoforte n. 1 in re minore
Fryderyk Chopin
Sonata per violoncello e pianoforte in sol minore op. 65

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