Rovereto: le introspezioni musicali della Settenovecento

La musica come atto intimo, riflessione ultima sui propri stati d’animo, lontana da qualsiasi descrittivismo, intesa come supremo atto di meditazione.

Questo il filo conduttore che lega il programma del terzo concerto “in prima serata” dal Festival Settenovecento a Rovereto, che quest’anno porta, non a caso il titolo di Humanitas e che, dopo quello dello scorso anno dedicato al rapporto uomo-natura, indaga invece l’uomo nella molteplicità dei suoi aspetti.

Il percorso musicale della serata si rivolge a due impaginati di autori russi – Dmitrij Šostakovič e Pëtr Ilič Čajkovskij – che particolarmente rappresentano il porsi dell’autore dinanzi alla propria opera, vissuta come una vera e propria prova volta alla riconquista di una serenità perduta.

Prodromo ai due autori russi due piccole ma densissime pagine di Bruno Bettinelli – compositore che meriterebbe l’onore di una maggiore attenzione da chi costruisce le stagioni sinfoniche – che si pongono nella stessa ottica.

Gli archi dell’Orchestra Filarmonica Settenovecento, che si conferma come la più vincente delle idee vincenti del Festival, diretta per l’occasione dal suo Konzertmeister Filippo Lama si rendono protagonisti di una prova maiuscola.

Le Due invenzioni per orchestra d’archi che Bettinelli compose nel 1939 sono rese con un’ammirevole introspezione capace comunque di rifuggire da qualsiasi inclinazione all’autocelebrazione, poggiando tutto su un rigoroso tessuto ritmico.

Nella Sinfonia da camera op. 110/a, che Šostakovič trasse dal suo Quartetto per archi op. 110, composto nel 1960 dopo una visita nella Dresda rasa al suolo dai bombardamenti alleati si riversano i dubbi dell’autore sul regime politico in cui viveva e che lo controllava ma anche e soprattutto sugli orrori delle dittature.

Qui la Settenovecento e Lama colgono con lucida acutezza il grido di dolore del compositore, nudo dinanzi agli orrori della guerra, rendendolo all’ascolto con scabre pennellate dinamiche e impercettibili scarti di metronomo che culminano nella tragicità del valzer evocatore di morte.

A concludere il programma la Serenata per archi op- 48 ove Čajkovskij contempla e consente all’ascoltatore di contemplare la bellezza della musica per se stessa, salvifica e capace di riportare pace.

Qui la lettura degli esecutori è apollinea, luminosa nell’espansione delle arcate melodiche e punteggiata da agogiche sempre meditate.

Successo pienissimo.

Alessandro Cammarano
(22 giugno 2023)

La locandina

Direttore Filippo Lama
Archi dell’Orchestra Filarmonica Settenovecento
Programma:
Bruno Bettinelli
Due invenzioni per orchestra d’archi
Dmitrij Šostakovič
Sinfonia da camera op. 110/a
Pëtr Ilič Čajkovskij
Serenata per archi op- 48

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