Salisburgo: Geometrifonov

Il lungo programma del recital di Daniil Trifonov inizia con le 24 miniature pianistiche di Čajkovskij che compongono l’Album pour enfants op. 39. Da subito, viene reso evidente il gusto (che caratterizzerà l’intero concerto) per un fraseggio amplissimo e per una dinamica delicata. In particolare, l’agogica è gestita con stabilità e i ritardando ridotti al minimo. Anche il timbro suona minimalista: il clima ricorda un meccanismo infantile e fiabesco, che risuona da lontano. Col procedere del ciclo, l’esecuzione manifesta un crescente senso di concretezza; tuttavia, nonostante alcuni chiaroscuri, la leggerezza dell’interpretazione interagisce, senza macchiarsi di alcun patetismo, con ritmi di marcia e materiali tematici popolari.

Ed è qui che ci domandiamo: di che infanzia ci stanno parlando Čajkovskij e Trifonov? È sempre vero (e questo concerto non fa eccezione) che dell’infanzia non si parla che da adulti. Ed è proprio l’adulto Trifonov che può sottoporre i ritmi di Walzer (8.) e Mazurka (10.) al lungo fraseggio, suggerendoci un’infanzia mai esistita – così come solo l’adulto frequentatore di teatri può trasformare il famigerato “zum-pa-pa” della Canzoncina italiana (15.) in uno zampillio privo di gravità e malizia.

L’interpretazione che Trifonov ci propone, poi, della Fantasia op. 17 di Schumann è coerente con l’idea che abbiamo tipicamente del compositore romantico, all’intersezione tra eroismo energico e squarci di intimità. Il nostro pianista, qui, trova la propria soluzione personale grazie al suo ampio fraseggio. Ad esempio, il materiale motivico discendente dell’incipit, più che indugiare nel trionfalismo, suona come l’arioso preambolo della propria stessa esposizione, alcune battute dopo, in piano. Così, sull’ardore improvvisativo prevale un senso di unità formale, che riconduce questo primo movimento alla struttura di forma sonata. Il secondo movimento è condotto con respiro tanto ampio che i due nuclei motivici, di cui si compone il tema di marcia, sono fusi in un’unica, elegante, frase.

Anche il magnifico terzo movimento è reso con agogica distesa: il materiale tematico fluisce con semplicità, talvolta indugiando in alcuni ritenuto e talvolta impastandosi voluttuosamente alle quartine dell’accompagnamento nel forte. Condividiamo la sensibilità che qui Trifonov dimostra per due temi, che questa Fantasia evoca. Primo: si tratta di un pezzo da suonare con enfasi rapsodica? Non del tutto, anzi, l’amplissimo fraseggio che ispira questa recensione suggerisce piuttosto un profondo senso di unità formale. Secondo: la tensione primo-romantica per l’infinito (Sehnsucht) è qui resa in musica con grande accuratezza interpretativa: Trifonov, evitando di fissarsi drammaticamente su un singolo accordo o tema, spinge il nostro sguardo sempre in avanti, oltre la finitudine di questo o quel contenuto particolare (musicale e non).

Il senso di unità formale prevale sul carattere rapsodico anche in occasione della Fantasia K 475 in Do minore di Mozart, che introduce la seconda parte del concerto. Il senso di coerenza è estremizzato. Ad esempio, sugli accordi diminuiti della prima sezione, spesso intesi in tono drammatico, Trifonov non affonda ma quasi rimbalza: la sua destinazione è, più in là, il pacifico tema in Re maggiore, eseguito con compostezza. A differenza di Schumann, Mozart fa qui talvolta uso ripetuto di alcune cellule, trasportandole via via su tonalità lontane per creare un certo senso improvvisativo. Sembra che le ampie arcate del respiro di Trifonov siano non perfettamente compatibili con una tecnica compositiva siffatta, basata sulla ripetizione di un breve elemento motivico – risultando in un’esecuzione a tratti statica. Comunque, anche qui, il pianista convalida l’opinione di chi scrive: la K 475 non sembra, specialmente tra le sue mani, un lavoro particolarmente tragico. Le armonie sono, sì, ardite; tuttavia, il materiale tematico, che Trifonov fa risaltare, risulta compatibile con l’atmosfera diafana e, a tratti, apollinea che viene offerta al pubblico stasera. Perentorio e drammatico, Trifonov, con le rapide scale finali, sembra riportarci alla materialità.

L’interpretazione del Gaspard de la nuit è un po’ meno convincente: i raccordi tra diverse aree motiviche e ritmiche non sono sempre resi intelligibili nel loro carattere strutturale. Da qui in poi, Trifonov indulgerà in un certo gusto per il virtuosismo da gran concerto, forse perdendo di vista l’idea che esprimono i poemetti ai quali Ravel si ispira – citati all’inizio della partitura. Il terzo e ultimo pezzo, Scarbo, è in effetti ambiguo: dove finisce il virtuosismo, e inizia l’ironia di Ravel? L’incipit di un tema da grande sonata tardoromantica compare più volte nel lavoro, per venire subito soffocato in alcune figurazioni di semicrome gravi: all’ironia del compositore (di per sé, qui, poco intelligibile) subentra un piglio nervoso e autorevole, più compatibile con Rachmaninov che con Ravel.

Trifonov ci sembra più a suo agio con l’ultimo lavoro del concerto: la Sonata n. 5 di Skrjabin. In particolare, la seconda idea motivica – languido – impressiona per la ritrovata tensione, qui quasi spettrale. A una possibile lettura che vede, in questa composizione, una certa ortodossia rispetto allo schema della forma sonata, Trifonov preferisce un’interpretazione libera e meno strutturata, investendo particolare enfasi nel primo tema e tralasciando di segnalare in termini agogici il secondo. È proprio l’esecuzione di questo primo tema a stupirci per il fraseggio, che risulta zampillante e allungato – e che suona, qui, ben integrato nel contesto virtuosistico.

Il decorso della Sonata ci conduce al termine del concerto, sottolineato dagli applausi enfatici del pubblico e da doppia standing ovation.

Pietro Donà
(27 luglio 2023)

La locandina

Pianoforte Daniil Trifonov
Programma:
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Album pour enfants op. 39
Robert Schumann
Fantasia op. 17
Wolfgang Amadeus Mozart
Fantasia K 475 in Do minore
Maurice Ravel
Gaspard de la nuit
Aleksandr Skrjabin
Sonata n. 5

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