Tom Volf, Io, Maria

Dopo averle dedicato il docufilm Maria by Callas, Tom Volf torna sul luogo del delitto e dà alle stampe Io, Maria che Rizzoli ha da qualche tempo mandato nelle librerie italiane. Fotografo e regista, cofondatore del Fonds de Dotation Maria Callas di Parigi, Volf si è accostato al mito in tempi abbastanza recenti e in questo volume – così recita il sottotitolo – di lettere e memorie inedite vuole raccontarci Maria Callas dietro la straordinaria leggenda che portò la Divina al trionfo e alla disperazione.

Di là di ogni interpretazione, Io, Maria restituisce alla Callas la sua voce vera, quella più intima racchiusa nelle sue memorie dettate in italiano, tra la fine del 1956 e l’inizio del 1957, a un’amica, la giornalista Anita Pensotti, e in un’ampia raccolta di lettere private, per la maggior parte inedite, che abbracciano un arco temporale compreso fra il 1946, siamo a New York alla vigilia del suo debutto in Arena, e il 1977, anno della sua prematura e misteriosa scomparsa. Tom Volf ha impiegato sei anni di approfondite ricerche per realizzare un libro uscito giusto nei giorni in cui il soprano dei soprani avrebbe compiuto novantasei anni.

Di Maria Callas è un mistero, la morte solitaria a Parigi nel settembre del 1977, ma anche la data di nascita, avvenuta a New York il 2 o il 4 dicembre del 1923. La famiglia, i genitori e una sorella maggiore, si era trasferita negli Stati Uniti dalla natia Grecia. Padre farmacista e madre casalinga, il canto fu un destino inesorabile per Maria bambina che la madre voleva a tutti i costi artista. E così fu.

Lettere e memorie ci raccontano una biografia già nota: la separazione dei genitori, il trasferimento ad Atene di Evangelia, la terribile mamma, e delle due figlie, Jackie la bella di casa e Maria, il brutto e goffo anatroccolo, gli anni della guerra in Grecia, lo studio indefesso e il debutto precoce ad Atene, il ritorno a New York in cerca di fortuna a guerra finita e l’arrivo in Italia. La cronologia degli spettacoli e delle incisioni cui la Callas partecipò fa da contrappunto agli scambi epistolari indirizzati a personalità diverse e illustrato da fotografie d’epoca di grande effetto.

Riviviamo così gli incontri più importanti della sua vita, da quello fondamentale con Elvira de Hidalgo, la maestra che ne intuì e ne sviluppò le potenzialità e il talento, a quello, altrettanto fondamentale con Tullio Serafin, il direttore d’orchestra veneto che ebbe la maggior influenza su di lei. E poi, naturalmente, quello con il marito, Giovanni Battista Meneghini, il maturo imprenditore veronese che la sostenne nei giorni del debutto italiano in Arena. “Mai avrei potuto immaginare che proprio in questa città, che ora mi è tanto cara, sarebbero maturati gli avvenimenti più importanti della mia vita. Come dirò in seguito, infatti, a Verona ho ottenuto il primo successo italiano e, sempre a Verona, ho incontrato Renata Tebaldi” racconta la Divina, che dell’incontro scontro con l’illustre rivale offre un’interpretazione che la vede vittima della collega e del suo risentimento per i trionfi scaligeri di Maria.

Ci sono anche le lettere a Luchino Visconti, a Franco Zeffirelli, a Leonard Bernstein, a Wally Toscanini, ad Aristotele Onassis: “Amo il tuo corpo e la tua anima e il mio unico desiderio è che tu provi lo stesso” scrive Callas all’armatore amante.  C’è anche una corrispondenza con Jacqueline Kennedy, per la quale Onassis la lasciò, che nel 1963 le chiede “se vorrebbe allietare una delle nostre cene di Stato alla Casa Bianca”. La Callas era già impegnata.

Il ritratto di Maria Callas che esce dalle pagine di un libro avvincente e faticoso al tempo stesso, è quello di una donna perennemente insoddisfatta, di una professionista in cerca di stimoli e avventure sempre nuovi e più elevati, di una musicista umile e sempre al servizio degli autori e del canto.

“L’arte è la capacità di dare vita all’emozione” afferma a un certo punto, e di emozioni la Divina ha saputo restituirne tante a un pubblico che ancor oggi la ricorda, la ama e la rimpiange.

Le pagine più interessanti del libro sono però quelle dedicate ai suoi personaggi: come quasi tutti gli artisti, Maria Callas ha amato tutti quelli che ha interpretato, da Violetta ad Anna Bolena, da Amina a Medea e, con moderazione Tosca che fu anche il primo e l’ultimo che affrontò sulla scena.

“Con Norma, è diverso” sostiene la Divina, “lei è come me sotto molti aspetti. Norma può sembrare molto forte, a volte feroce, ma in realtà è un agnello che ruggisce come un leone; una donna che si lamenta, che è orgogliosa di mostrare i propri sentimenti e dimostra alla fine che non può essere cattiva o ingiusta in una situazione di cui è fondamentalmente responsabile. Le mie lacrime in Norma erano vere”.
Come dire, un racconto che mostra la grande umanità e le fragilità della Tigre, com’era spesso definita la Callas. Che non a caso sapeva illuminare come poche, prima e dopo di lei, la celebre “Casta Diva” l’invocazione alla luna che la semidea Norma intona nel primo atto del capolavoro di Vincenzo Bellini.

Rino Alessi

Maria Callas
“Io, Maria”
Lettere e memorie inedite a cura di Tom Wolf
Rizzoli , pag. 555

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