Tours: la Canzone di Cecilia diventa opera

Tutto nasce dalla calabrese Canzone di Cecilia – il cui archetipo letterario risale alle Ecatommiti di Giambattista Cinzio Giraldi – nella quale la protagonista, per salvare il marito dalla morte accetta di passare una notte con il Capitano che lo ha fatto condannare; come avverrà nella Tosca il Capitano inganna Cecilia e Peppino e giustiziato.

Il testo, bellissimo, condanna contemporaneamente la violenza sulle donne e la guerra, celebrando l’amore vero, il tutto su una melodia di bellezza struggente nella quale la ripetizione dei versi su piccole modulazioni fa sì che la narrazione diventi sofferenza ed al contempo monito.

Su questo, ispirato da Francesca Aspromonte che gli ha fatto conoscere testo e musica, Leonardo García Alarcón costruisce Amore Siciliano, un opéra-pastiche – qui inteso nell’accezione più alta del termine – di cui la Canzone di Cecilia diventa il Leitmotiv che lega la drammatizzazione della vicenda attraverso scelte di pezzi che alternano “colto” e “popolare”, spaziando dai madrigali di Sigismondo d’India e Giovanni Maria Trabaci – la modernità della Canzona francesa cromatica è dirompente – per approdare alle canzoni tradizionali, il tutto a caratterizzare i personaggi protagonisti della Canzone (Cecilia, il Capitanio qui Don Lidio, e Peppino) più altri due (Donna Isabella e Santino).
Efficace la mise-en-espace nella quale si esalta lo sguardo e i movimenti rimandano a quelli rarefatti ma pieni di significato delle Sacre Rappresentazioni.

Alarcón, e con lui la Cappella Mediterranea la cui purezza di suono e duttilità nel fraseggio sembrano provenire da un’altra dimensione, sono protagonisti di una prova maiuscola ove la forma si fa sostanza anche nell’evidenziare i punti di contatto tra repertori di provenienze diverse.

Incredibilmente bravi i cantanti chiamati a dar vita alla vicenda triste di Cecilia, a cominciare dalla protagonista Ana Vieira Leite, voce di cristallo, capace di colorare nel giusto modo ogni singola frase. Che meraviglia i suoi pianissimi rapinosi.

Mariana Flores – Donna Isabella – è una forza della natura, una sorta di Magna Mater capace di soggiogare il pubblico attraverso un canto appassionato e una presenza scenica da grande tragédienne.

Molto bene fa anche Valerio Contaldo nei panni del vilain Gran Capitano-Don Lidio, evidenziando limpidezza di timbro e ricchezza di accenti – il suo “U ciuccio” è un capolavoro – e bravo anche Matteo Bellotto nel dar vita allo sfortunato Peppino che trova qui tutta la sua nobiltà grazie alla sensibilità dell’interprete.

Qualche riserva sul controtenore Léo Fernique – Santino – sempre generoso ma a tratti non esattamente preciso.

Successo trionfale – con il bis della Canzone affidato alla Vieira Leite e alla Flores – a suggello di un’edizione, la settima, dei Concerts d’Automne da ricordare a lungo.
Alessandro Cammarano
(16 ottobre 2022)

La locandina

Direttore, organo e clavicembalo Leonardo García Alarcón
Personaggi e interpreti:
Cecilia Ana Vieira Leite
Donna Isabella Mariana Flores
Santino Léo Fernique
Don Lidio Valerio Contaldo
Peppino Matteo Bellotto
Cappella Mediterranea

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