Verona-Davide tiene testa a Vienna-Golia

L’appassionato che avesse seguito in Tv il Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker e ieri sera, girellando fra le proposte in streaming delle Fondazioni lirico-sinfoniche italiane, si fosse imbattuto nella trasmissione del primo concerto 2021 della stagione sinfonica al Filarmonico di Verona, si sarebbe trovato paracadutato in due realtà così diverse da ricavarne sensazioni stranianti. Naturalmente non si sta facendo un discorso critico, e non si vogliono confrontare le due orchestre. Si parla di questioni che hanno certo un forte impatto sulla musica ma ne sono anche esterne e per quanto ci riguarda vengono prima: i protocolli di sicurezza sanitaria per la realizzazione di concerti sinfonici.

La diversità “logistica”, se così vogliamo chiamarla, delle situazioni a Vienna e a Verona era stridente. Da una parte, in Austria, un’orchestra sistemata come siamo sempre stati abituati a vederle fino al febbraio dello scorso anno: due strumenti ad arco (violini, viole e violoncelli) per leggio, fiati e ottoni a ranghi serrati; nessun esecutore con la mascherina. Dall’altra, a Verona, una logistica che è con minime differenze comune a tutta l’Italia musicale. Un esecutore per leggio senza eccezioni, mascherine a tutti, direttore e coro compresi; distanziamenti chiaramente misurati fra un leggio e l’altro; protezioni di plexiglass anche ingombranti (le cornici scure di quelle veronesi erano francamente desolanti) a protezione dei suonatori degli strumenti a fiato. Unico comune denominatore fra le due situazioni: il vuoto in platea.

Due mondi diversi, fra i quali i punti di contatto diventano evanescenti anche sul piano sonoro, perché è chiaro a tutti che il suono di un’orchestra disposta come quella della Fondazione Arena non è tecnicamente paragonabile (giova ripetere: non si stanno facendo valutazioni o comparazioni critiche) con quello compatto di un’orchestra in disposizione tradizionale.

Non entriamo nel merito dell’evidente differenza nelle pratiche di sicurezza sanitaria fra le due realtà. È evidente che i Wiener ritengono di essere al sicuro con i loro protocolli (l’augurio è che sia davvero così) ed è altrettanto evidente che l’impegno economico per realizzarli tramite controlli quotidiani è imponente. Resta allora l’interrogativo se le Fondazioni liriche sinfoniche non adottino gli stessi protocolli perché costano troppo oppure perché in Italia comunque non vengono ritenuti abbastanza sicuri da chi stabilisce le cosiddette “linee guida”. Diciamo che quelle viennesi hanno pochi paragoni possibili (forse qualcuno in Germania, con il prolungamento del lockdown duro deciso a Berlino bisognerà vedere). E che quelle italiane così sicure non sono, se è vero com’è vero che, per esempio, l’inaugurazione della Scala è finita nel bizzarro film-concerto che sappiamo, perché i contagi avevano picchiato mica poco fra coro e orchestra, rendendo impraticabile l’idea di un allestimento operistico qualsivoglia. Ma in ogni caso, colpisce vedere che il calendario dei Wiener riporta come regolari (peraltro, non sappiamo se in presenza di pubblico, e quanto) i concerti alla Mozart Woche di fine gennaio a Salisburgo, mentre comunica la cancellazione integrale di tutti i concerti della trasferta americana che era stata programmata a fine febbraio (New York e Berkeley). Secondo i Wiener, fosse vero, a metà gennaio finirà l’emergenza. Ma è chiaro che nel Paese dei 4 mila morti e dei 250 mila contagiati al giorno, i protocolli sanitari super sicuri dei Wiener non interessano a nessuno.

Se è consentito dirlo, apprezziamo di più la Fondazione Arena. Che fa quello che è possibile fare, senza forzature ma anche con notevole determinazione. In nome della musica, non solo del marchio e del business. E nella regione che purtroppo oggi è la zona d’Italia in cui il virus maggiormente imperversa. Fra l’altro, bisogna dare atto a Cecilia Gasdia che la Fondazione da lei diretta è stata fra le prime a mettere in piedi un calendario completo di opere e concerti al Filarmonico fino a maggio. Legittimo sperare, come ha detto la sovrintendente, che per Pasqua il pubblico possa tornare nei teatri, ma in ogni caso, resilienza e programmazione, senza fughe in avanti. Tenendo conto del fatto che nella grande emergenza le Fondazioni si sono trovate in una confortevole “bolla” di garanzie economiche da parte dello Stato, che rende francamente poco comprensibile per quale motivo, altrove nella Penisola, non sia stata messa a punto un calendario streaming di ampio respiro come quello in cui si è inoltrata sabato la Fondazione veronese.

Una riserva, semmai, riguarda la mancanza della “contemporaneità” di almeno qualche iniziativa. Intendiamo: lo streaming registrato è una cosa, dal vivo e in diretta, tutta un’altra. A Verona, si prepara tutto prima: si vede, si sente ed è un peccato. Perché la sensazione di assistere a un evento che si sta svolgendo nel momento in cui lo si guarda, è molto diversa e molto più coinvolgente,

Il concerto di sabato, che si può seguire vedere e ascoltare gratuitamente sulla web tv (https://arenatv.uscreen.io)  e sulla pagina You Tube della Fondazione (https://www.youtube.com/user/arenaverona) ha visto salire sul podio Francesco Ivan Ciampa. Ad alto tasso mozartiano il programma, con una puntata russa sempre nel nome di Amadeus. Si è passati infatti dalla Messa K. 257 (1776), incastonata fra le Ouverture delle opere del 1791, La clemenza di Tito e Die Zauberflöte, alla Suite “Mozartiana” di Cajkovskij, singolare repêchage-orchestrazione di brani poco noti per pianoforte del salisburghese (con l’eccezione dell’Ave Verum, peraltro a partire dalla trascrizione per tastiera di Liszt), scritto nel 1887, in occasione del centenario del Don Giovanni.

Nella Messa, composta a Salisburgo per orchestra con trombe, tromboni e timpani, Mozart si esercita alla concentrazione brillante necessaria per venire incontro alle esigenze dell’arcivescovo Colloredo, che non aveva tempo da perdere in chiesa. E quindi grande spazio al coro, con pochi inserti (e nessun vero pezzo solistico) per le voci soliste del soprano (Manuela Schenale), del contralto (Tamara Zandonà), del tenore (Antonino Scarbaci) e del basso (Valentino Perera). La formazione areniana istruita da Vito Lombardi si è proposta con attenzione e dedizione: cantare con la mascherina è difficile e ingrato, ma al momento questo va fatto.

Positiva l’orchestra, ben dialogante con coro e solisti nella Messa ed equilibrata nella “Mozartiana” di Cajkovskij, specie nella vasta serie delle Variazioni conclusive: un “recupero” al quadrato, sia stilisticamente che formalmente, visto che il punto di partenza sono le Variazioni mozartiane su un’Aria di Gluck.

In tutto, la durata del concerto non supera i 70 minuti. Il prossimo appuntamento in streaming dal Filarmonico, il 31 gennaio, è già con l’opera: toccherà al divertente Barbiere di Siviglia in formato cartoon di Pier Francesco Maestrini e Joshua Held.

Cesare Galla
(8 gennaio 2021)

La locandina

Direttore Francesco Ivan Ciampa
Soprano Manuela Schenale
Contralto Tamara Zandonà
Tenore Antonino Scarbaci
Basso Valentino Perera
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
La Clemenza di Tito, Ouverture
Messa K. 257
Die Zauberflöte, Ovuverture
Piotr Ilijc Cajkovskij
Suite orchestrale n. 4 “Mozartiana
Orchestra e coro dell’Arena di Verona
Maestro del coro Vito Lombardi

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