A Graz la Forza del destino la fanno strana

A Graz, al Teatro dell’Opera, si riparte, tra gli altri, dalla Forza del destino. Un titolo verdiano, quindi, per un allestimento, che se guardato con una buona dose di sense of humour, può regalare una serata davvero esilarante. La storia d’amore di Leonora e Don Alvaro, contrastata nientemeno che dal destino, torna in scena in un allestimento ricchissimo, esagerato, che contravviene totalmente al suggerimento di Coco Chanel, che ricordava sempre di togliere qualcosa all’outfit prima di uscire di casa.

Innanzitutto la regista Eva-Maria Hockmayr sceglie di raccontarlo come un flashback, ma invece di mostrare, come sarebbe stato intuibile, un Don Alvaro con lo sguardo rivolto al passato, fa raccontare il tutto da Curra. Un punto di vista interessante, quello della giovane aiutante che tanto desiderava viaggiare e che quindi caldeggiava la relazione tra la sua signora e Don Alvaro, ma verrebbe da chiedersi: visto che Curra è presente solo nel primo atto e poi nel libretto non viene più nominata, come ha fatto a venire a conoscenza del fatto che Leonora non è morta ma che si è ritirata in una caverna a vivere da eremita, se tutto questo era stato disposto in gran segreto? O forse lei le è stata vicina sempre, ignorata dal librettista e ha quindi reso meno solitario l’esilio della sua signora? Non si sa, e la regia di certo non lo spiega, troppo presa ad amplificare anche gli altri.

È così, infatti, che Preziosilla diventa una creatura rosso velluto, un incrocio tra Jessica Rabbit e Gilda in versione trans. C’è solo un particolare: il ruolo è scritto per voce femminile e quindi é Mareike Jankowski a trasformarsi in una ironica femme fatale truccata da Priscilla la regina del deserto, che scandisce il tempo, controlla sempre cosa combinano i due amanti e ogni tanto, regala qualche perla di futuro. Chiaramente anche su di lei ci sarebbero alcune cose da chiarire, ad esempio cercando di capire perché ad un certo punto arrivi con un cappello e una giacca da frac e accenni qualche passo da A chorus line, o sull’uscita in stile country con degli stivaletti texani rivisitati e un tamburello… ma su di lei, donna del destino, l’interrogativo maggiore arriva riguardo all’uscita di scena. Un’inedita uscita di scena in due tempi. Non si è mai visto infatti chiudere un sipario alla fine di Rataplan per vederlo riaprire, pochi istanti dopo e trovarla su un montacarichi che la fa ascendere al cielo, o all’Heaviside Layer come fa Grizabella in Cats?

Di citazioni d’arte, infatti, è pieno zeppo questo allestimento, che inscena una cena come se fosse l’ultima di Leonardo, o quella di Jesus Christ Superstar e, per la guerra si affida all’iconica immagine della Libertà che guida il popolo di Delacroix, che nel mondo del musical diventa ovviamente una scena da Les miserables. Con un pizzico di cattiveria si potrebbe anche ritrovare nell’abito giallo della sfortunata Leonora quello di Belle della Bella e la Bestia. Tutto qui? No, c’é un Don Alvaro vestito da Toreador che non si spiega se non con una mancanza di un costume adeguato o in un mal riuscito tentativo di ricreare l’abito della Bestia Disney. Saltiamo senza problemi la parte degli abiti talari, che a loro volta acquisiscono delle valenze distanti dalla storia per passare alla teca che contiene i santi, o forse una bara per i morti (viene usata un po’ in un modo e un po’ nell’altro) che sta proprio di fronte al pubblico e sopra la quale tutto succede. Forse si sarebbe potuto evitare di farla diventare cabina di prova di clausura per la povera Leonora, costretta a dimenarsi come in mancanza d’aria proprio in un momento in cui un virus affligge il mondo intero togliendogli il respiro.

In tutta questa triste storia c’è anche una buona dose di realismo. Leonora, quando ritrova l’amato dopo tanti anni non ha più i capelli corti e castani con un taglio orrendo come quando era giovane, ma li ha lunghi, scompigliati e bianchi. A guardarla bene questa scena potrebbe essere             quasi rassicurante. Don Alvaro la riconosce lo stesso e la ama nonostante tutto, ma lui, si sa, è un uomo scritto in altri tempi.

Bravissimo Aldo Di Toro, solido e molto impegnato nel comunicare le emozioni del suo Don Alvaro, bella performance anche per Aurelia Florian, Leonora. Molto apprezzato il Fra Melitone di Neven Crnic e un po’ meno Mariusz Godlewski che come Don Carlo ha avuto qualche momento di imprecisione nel canto.

A rendere vive le note di Verdi è stata la bacchetta di Matteo Beltrami, che ha condotto con grande precisione e bel temperamento l’orchestra del teatro.

Sarah del Sal
(13 ottobre 2021)

La locandina

Direttore Matteo Beltrami
Regia Eva-Maria Höckmayr
Scene Momme Hinrichs
Costumi Julia Rösler
Luci Olaf Freese
Video Momme Hinrichs
Drammaturgia Marlene Hahn/Alexander Meier-Dörzenbach
Personaggi e interpreti:
Il Marchese di Calatrava Wilfried Zelinka
Donna Leonora Aurelia Florian
Don Carlo di Vargas Mariusz Godlewski
Don Alvaro Aldo Di Toro
Preziosilla Mareike Jankowski
Padre Guardiano Timo Riihonen
Fra Melitone Neven Crnić
Curra Corina Koller
Un alcade Ivan Oreščanin
Mastro Trabuco Mario Lerchenberger
Un chirurgo Dariusz Perczak
Orchestra e Coro dell’Opera di Graz
Maestro del coro Bernhard Schneider

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