Gradisca d‘Isonzo omaggia Michele Eulambio nell’anniversario della sua nascita

Nell’anniversario della nascita Gradisca d’Isonzo, la città fortezza perla del cosiddetto Friuli austriaco, ha ricordato Michele Eulambio, musicista ed educatore, nato a Trieste il 13 febbraio del 1881, da madre italiana, Anna Diamanti, pianista di buona reputazione che gli diede i primi rudimenti dello strumento, e padre greco, titolare dell’omonima impresa gradiscana produttrice di carta smerigliata. Eulambio, cui la città d’adozione, in cui visse per cinquant’anni ha intitolato una via, intraprese gli studi musicali a Trieste dove fu allievo di Coronini e Castelli per il violino e di Wieselberger per l’armonia. Fra il 1903 e il 1908, le agiate condizioni economiche della famiglia gli consentirono di trasferirsi a Lipsia, dove fu allievo d’illustri maestri: Krehl per la teoria, Zöllner per la composizione, Ruthard per il pianoforte, Hofmann per la strumentazione, Seidl per la storia della musica, e addirittura Arthur Nikisch, una delle bacchette più note dell’epoca, per la direzione. Si diplomò nel 1907 presentando e dirigendo un suo concerto per pianoforte e orchestra.
Trasferitosi a Milano nel 1908, si dedicò alla composizione della sua prima opera di teatro musicale, Ninon de Lenclos completata nel 1910 e ispirata alla figura della scrittrice, cortigiana ed epistolografa francese, figlia di Henri de Lanclos, gentiluomo libertino della Turenna, che tenne un salotto letterario molto ben frequentato nella Parigi del Settecento e che Eulambio conobbe grazie al dramma in un atto di Ernst Hardt. Per scrivere l’opera – sottolineò egli stesso – Eulambio musicò non un libretto ma direttamente il testo teatrale che gli fu d’ispirazione, secondo i principi di Debussy per Pelléas et Mélisande e Richard Strauss per Salome.
Rifiutata da Ricordi, Ninon de Lenclos fu stampata dall’editrice Stahl di Berlino e rappresentata con successo a Lipsia, diretta dall’autore, a Kiel, Schwerin, Elberfeld, Magdeburg, Regensburg, Würzburg. In Italia il suo titolo fu annunciato due volte nel cartellone del Teatro Verdi di Trieste, nella stagione 1919/1920 e in quella 1927/1928. Nel primo caso, costatata la scarsa preparazione del protagonista, l’autore ne ritirò l’esecuzione. Nel secondo fu la stagione, che iniziò a dicembre ma terminò già in gennaio, a essere amputata di parecchi titoli già annunciati.
Il debutto di Ninon de Lenclos e la sua prima in Italia non arrivò che nella stagione 1946/1947 diretta da Umberto Berrettoni e interpretata da Sara Scuderi e Ugo Cantelmo, in una stagione che l’allora Sovrintendente Cesare Barison inaugurò nel nome di Verdi (Don Carlo) ma che fra i titoli allineava Mozart e Puccini, Wagner e Bizet, Wolf Ferrari e Musorgskij, Richard Strauss ed Engelbert Humperdinck, con la rara riproposta de L’Abisso dell’istriano Smareglia, la cui fama iettatoria già circolava, su testo di Silvio Benco. L’anno successivo Ninon de Lenclos fu rappresentata a Berna e radiotrasmessa, nel 1951 a Vienna, sempre con grande successo.
Come dire, Michele Eulambio non fu musicista di paese, ma una figura di rilievo europeo i cui inizi furono molto promettenti, ma che le vicissitudini della grande storia del primo Novecento e di una vita operosa e appartata relegarono nell’oblio. Un oblio da cui la città d’elezione, Gradisca, lo vuole togliere e che nell’anniversario della nascita lo ha ricordato nella sala consiliare di palazzo Torriani in un incontro-concerto in cui la musica di Eulambio, un gruppo di liriche da camera e un brano dall’opera in un atto Madamigella Figaro su testo di Carlo Golisciani sono stati eseguiti dal soprano Siriana Zanolla e dalla pianista e compositrice Cristiana Cristancig che hanno lasciato a Federico Gon, musicologo e compositore, il compito di ripercorrere la vicenda umana e il lavoro del grande dimenticato.
Dal 1915 al 1926 Eulambio non partecipò alla Grande Guerra, ma si ritirò a Napoli dove, grazie all’interessamento dell’amico Salvatore Di Giacomo, l’editore Izzo (ora Curci) pubblicò parecchie sue pagine per pianoforte, canto e piano, piano e violino. Dal 1932, dopo avervi trascorso l’estate per alcuni anni, elesse a propria residenza Gradisca, dedicandosi fino al 1956 all’insegnamento di teoria e storia della musica presso le locali scuole medie statali, attendendo a nuove composizioni e alla revisione dei lavori precedenti. Fu Gradisca, la prima città italiana ad applaudire la sua musica – vi aveva, infatti, proposto un concerto orchestrale già nel 1921 – che Eulambio visse in una dignitosa solitudine fin quasi alla morte, sopraggiunta il 4 gennaio del 1974 all’ospedale di Monfalcone.
Oltre alle citate Ninon de Lenclos (1910) e Madamigella Figaro, tratta da una commedia di Scribe, scritta nel 1921, riveduta nel 1939 con l’aggiunta di una scena e rappresentata in prima mondiale soltanto nel 1969 al Teatro Comunale di Gradisca abbinata ai Pagliacci di Leoncavallo e poi ripresa in altri teatri della provincia italiana, l’opera teatrale meno ignota di Eulambio è Corsaresca, su libretto di Algardi, scritta nel 1926, riveduta nel 1947 con aggiunte, e di cui una selezione fu registrata alla Rai di Milano il 28 aprile del 1962 e in seguito trasmessa. Al giovanile Concerto per pianoforte e orchestra, rivisto con aggiunte nel 1942, eseguito molte volte a Trieste e ad Atene, dove a dirigerlo fu niente meno che Dimitri Mitropoulos, Eulambio aggiunse l’Inno per la battaglia di Lipsia (1913), un Concerto per violino e orchestra (1945), un Preludio romantico per grande orchestra (1946).
Nel lascito del musicista c’è anche un diario inedito, Appunti sulla mia vita, in cui sono rievocati incontri e amicizie con grandi musicisti dell’epoca come Puccini, Cilea, Mascagni, Bossi (con Richard Strauss, che lo apprezzò in gioventù, ci fu uno sgradevole non incontro triestino) e parecchi interventi di critica musicale pubblicati su quotidiani. Nel 1958 affidò tutta la sua produzione musicale a Ricordi.
Quanto alle sue liriche da camera, a Palazzo Torriani ne sono state eseguite cinque, su testo di Golisciani, il cui andamento, lento o a tempo di valzer, non nasconde una vena malinconica che rimanda a Tosti o a Wolf Ferrari. I titoli, A sera, Ricordando, Eva dedicata alla signora presso di cui soggiornò e che fu sua compagna a Gradisca, Candide vele, Alla luna il cui accompagnamento terzinato rende giustizia a una melodia semplice ma coinvolgente, sottolineano una malinconia che traspare anche nell’Ave Maria e nell’aria di Madamigella Figaro, di argomento piccante che rivela, a tratti, un sottofondo di gentile mestizia che sa toccare chi ha un animo sensibile.

Rino Alessi
(13 febbraio 2020)

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