Marina Comparato, da Cherubino a Carmen (passando per Rossini)

Marina Comparato, perugina doc, appartiene a quella sempre più rara categoria che accomuna i cantanti capaci di non deludere mai il pubblico, non solo per la bellezza della voce o la solidità tecnica, ma anche e soprattutto per la capacità di modulare la propria carriera artistica attraverso scelte sempre meditate. Il prossimo 7 aprile – con replica l’8 – canterà lo Stabat Mater di Rossini al Teatro La Fenice. Le abbiamo fatto qualche domanda.

  • Da Cherubino a Carmen. Come si costruisce una carriera solida?

Cherubino è stato il personaggio con cui è nata la mia carriera, quello che mi ha lanciata e che mi ha fatta crescere, sia nell’uso del mio strumento, che nell’affrontare il palcoscenico. Ho cantato oltre 100 volte questo ruolo e sono spesso stata identificata con il giovane paggio. Ovviamente ho affiancato a Cherubino molti altri grandi ruoli mozartiani, da Dorabella di Così fan tutte a Cecilio del Lucio Silla, al grande ruolo di Sesto della Clemenza di Tito. L’attitudine al canto mozartiano mi ha permesso di mantenere sia il rigore musicale che la freschezza dell’organo vocale. Penso che iniziare la propria carriera con questo repertorio sia molto sano e permetta poi di affrontare un po’ tutto. Nel corso degli anni ho iniziato ad affiancare ai ruoli mozartiani anche il primo ‘800: da Rossini a Donizetti al repertorio francese, spingendomi a piccoli passi verso il romanticismo più inoltrato.

Poi, 6 anni fa, ho fatto una scommessa: quella di autopropormi al direttore artistico e sovrintendente della Fenice, Fortunato Ortombina, per cantare Carmen.

Non me l’aspettavo, invece lui ha raccolto la sfida, e ha deciso di scritturarmi per il debutto in questo ruolo.

Confesso che la mia prima reazione è stata di terrore, ma poi mi sono detta: “o ora, o mai più!”  e per diversi mesi mi sono buttata a capofitto nello studio di un personaggio tanto emblematico. Ho cercato dentro di me quelle corde di drammaticità, ma anche di ironia e leggerezza che Carmen possiede, senza rinnegare mai la mia vocalità ma cercando di arricchirla delle tante esperienze e della maturità, anche emotiva, ormai raggiunta.

Penso di aver vinto la scommessa, anche perché da quella prima Carmen ne sono venute tante altre, al Maggio Musicale Fiorentino, a Tokyo (invitata proprio dal Maestro Chung), nuovamente a Venezia, purtroppo interrotta dalla pandemia.

Penso che una carriera solida la si costruisca con l’umiltà, senza fare passi più lunghi della gamba, ma cantando il repertorio più adatto non solo al proprio strumento ma soprattutto alla propria età.

  • Qual è il suo rapporto con Rossini?

Rossini è stato il mio secondo amore, dopo Mozart. In realtà ho cantato soprattutto Il Barbiere di Siviglia, con qualche incursione in altri titoli, tra cui Zelmira che ho inciso per Naxos alcuni anni fa. Ritengo che Rossini sia uno degli autori più difficili da interpretare: richiede una padronanza della tecnica veramente inattaccabile e una grande maestria nell’uso del recitativo. Ecco, il recitativo rossiniano, come anche quello mozartiano, è un vero banco di prova del cantante-attore, ed è uno degli aspetti che più mi divertono nell’affrontare le opere del pesarese.

Diverso è il discorso della musica sacra, come nel grandioso Stabat Mater che sto preparando in questi giorni alla Fenice. In questo esempio altissimo di composizione religiosa, mi sembra che emerga il lato più intimo del compositore, la sua umiltà, l’uomo solo di fronte al mistero della morte. Penso ad esempio al bellissimo quartetto “Quando corpus morietur”, ma anche allo struggente “Agnus Dei” dalla Petite Messe Solennelle. In questi momenti, sento che Rossini arriva a toccare le corde più nascoste dell’animo umano.

  • C’è un personaggio che vorrebbe interpretare e un altro che non avrebbe voluto affrontare?

Sono diversi i personaggi che vorrei interpretare. Sicuramente mi piacerebbe rifare Charlotte in Werther, che ho cantato una sola volta a Palermo e che sento molto vicina alla mia vocalità attuale. Poi negli ultimi anni mi sono avvicinata, cautamente, a Verdi dedicandomi soprattutto ai ruoli di Eboli e di Amneris.

Ma non voglio dimenticare i grandi ruoli barocchi, dalla Ottavia dell’Incoronazione di Poppea all’Orfeo di Gluck ai ruoli haendeliani. Mi piacerebbe molto affrontarli in futuro.

Di ruoli che non avrei voluto affrontare forse ci sono alcuni ruoli settecenteschi molto sopranili, che mi venivano affidati sulla scia del Cherubino, ma che sentivo piuttosto stretti. Ora non li rifarei.

  • Cosa fa nel tempo libero?

Curo il mio giardino (abito da qualche anno nella prima campagna del Chianti, fuori Firenze), ascolto musica e soprattutto gioco con i miei gatti: Charlotte e Rubino!

  • Quali i suoi impegni futuri?

Sarò a fine maggio a Melbourne per un gala e poi al San Carlo di Napoli per il mio debutto come Suzuki nella Madama Butterfly. Altri progetti bollono in pentola e scaramanticamente incrocio le dita!

Alessandro Cammarano

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