Milano: Il balletto si fa da camera nella Serata Van Manen-Petit

Una serata in crescendo, in cui la delicatezza della musica cameristica sottolinea la poesia della danza creando un intero “ballo da camera”. Così si potrebbe riassumere l’omaggio ai due grandi nomi del balletto del Novecento Roland Petit e Hans van Manen, assurgendo a sineddoche il titolo di una delle coreografie proposte, per evidenziare la perfetta armonia tra l’occhio e l’orecchio.

In tutto compongono la serata cinque pezzi, diversissimi tra loro, accomunati dalla “formazione cameristica”, oltre che dalla musica per pianoforte solo o in duo con il violoncello. Infatti, il palcoscenico non è mai affollato, al massimo otto sono i danzatori in scena contemporaneamente, le cui azioni disegnano gli spazi di una scenografia discreta, quasi assente. Vuoto e pieno, movimento e pausa, musica e silenzio sono gli opposti che alchemicamente si fondono per dare vita a un racconto interiore, quello delle emozioni e degli stati d’animo che caratterizza la Serata Van Manen – Petit proposta dal Teatro alla Scala come secondo titolo di balletto del 2020.

Apre Adagio Hammerklavier con un doppio omaggio: a Beethoven per ricordarne i 250 anni dalla nascita e, ovviamente, a Van Manen (88 anni il prossimo luglio), creatore vivente di una delle coreografie simbolo del balletto moderno. Il titolo viene infatti dall’omonimo movimento della Sonata n. 29 in si bemolle maggiore op. 106 del compositore di Bonn, un adagio sostenuto, appassionato e con molto sentimento come suggerisce l’agogica della partitura, qui interpretato dall’intenso pianoforte di James Vaughan; e appassionata è la coreografia creata dal maestro olandese nel 1973 per l’Het Nationale Ballet, giocata sulla fluidità tra passi classici e movimenti contemporanei, come non ci fosse distanza stilistica, e su un continuo accelerare e fermarsi, come nel gioco dell’amore, in cui si fa “tira e molla”, ci si guarda e ci si avvicina e poi, quasi al culmine, ci si ritrae. Tre coppie – formate dagli ottimi Agnese Di Clemente e Gioacchino Starace, Francesca Podini e Gabriele Corrado, Maria Celeste Losa e Nicola Del Freo – si studiano, si toccano, si lasciano e si riprendono, ora voluttuose tra arabesque, tendus e plié, ora irrequiete con il piede flesso, il lift improvviso, il développé che si fa in un attimo retiré. Sullo sfondo un video riproduce il movimentato panneggio di un tendaggio, forse un sipario, dal color pastello che si fa immagine visiva del nervosismo sotteso alle relazioni frustrate in scena.

A questo flusso emotivo fa da contraltare il più narrativo Le combat des anges: creazione dolce e struggente di Roland Petit dal suo Proust, ou les intermittences du cœur, “lettura danzata”, come egli stesso la definisce, della celebre Recherche proustiana creata nel 1974 per i Ballets de Marseille, su musica di uno dei compositori d’elezione dello scrittore, l’Elégie op. 24 di Fauré. Due danzatori in bianco, qui Claudio Coviello e Marco Agostino al loro meglio che impersonano rispettivamente il buon Saint-Loup e il caduto Morel, si stagliano sul nero della scena, dialogano e combattono, si perdonano e si attaccano, si assecondano e si respingono, come il pianoforte di Vaughan con il violoncello di Alfredo Persichilli. Le loro braccia-ali si aprono e si chiudono, i corpi-linee si piegano e si distendono, i cuori si amano e si ostacolano. La lotta tra i due angeli è silenziosa quanto potente, profonda quanto lieve. Nessuno vince, ma il bene e il male alla fine si fondono e si sostengono a vicenda, l’uno necessario all’altro, un po’ come sorreggono il nostro mondo.

Dopo l’intervallo un altro pezzo intenso di Van Manen, del 1955, eseguito qui per la prima volta dal Ballo scaligero, attraverso le forme della danza inscena ogni sfumatura dei rapporti umani. In Kammerballett si dipanano le relazioni tra uomo e donna: attesa, incontro, ironia, sfida, intesa, ansia fino alla solitudine, altezzosa, della figura femminile in nero. Quattro coppie uomo-donna per otto danzatori rappresentano perfettamente, ciascuno, un lato caratteriale, un umore, sottolineato dal colore della propria aderente tutina gialla, arancione, marrone o nera. La scena è intima: un cono di luce per chi via via si muove e uno sgabello per ognuno, quasi a stabilire la turnazione. Assoli e passi a due si alternano e si intersecano con la musica del pianoforte, lenta, calma, semplice, come una nenia. Una musica composita che passa dal Settecento al Novecento senza soluzione di continuità e viene dall’Allegro della Sonata in do maggiore k 159 e dall’Andante della Sonata in si minore K 87 di Scarlatti, per arrivare a In a Landscape di John Cage e a 4 dei 24 Preludi per Piano di Kara Karayev. In questo discorso coreografico le mani, le braccia e le teste dicono tutto, fino allo sguardo, rivolto allo spettatore a cui sembra chiedere retoricamente: “Tu che ci stai guardando ti riconosci in noi, in tutti noi, vero?”.

Intermezza quindi, prima del finale, Sarcasmen, altro inedito per il Piermarini firmato dal coreografo olandese (il balletto è del 1981 sull’Allegro rubato dei Sarcasmi di Prokof’ev): passo a due divertente grazie all’ottima interpretazione dei brillanti Nicoletta Manni e Claudio Coviello, senza dimenticare lo stesso Vaughan che dal pianoforte sul palco interagisce con la scena. Momento apparentemente leggero, ma non troppo, in cui si riflette ancora una volta, ma con una certa vena umoristica, sul prendersi e respingersi del gioco amoroso che diventa braccio di ferro per la prevaricazione tra maschile e femminile (emblematico in proposito il tocco pieno dei genitali maschili, rimarcato da aria di sfida, da parte della donna). E tra tecnicismi ballettistici e aplomb sul filo del rasoio, l’interpretazione dei due danzatori “primedonne” rende vincente questa prima volta scaligera.

E si arriva al gran finale, con Le jeune homme et la Mort di Petit sulla Passacaglia in do minore BWV 582 di Bach eseguita da Lorenzo Bonoldi e mirabile soggetto, già mimodrame, di Jean Cocteau, che è un’apoteosi. Roberto Bolle padroneggia il ruolo come pochi, mostrando quanto l’abbia ormai interiorizzato e fatto suo negli anni. Anche Nicoletta Manni non è da meno e rivela tutta la sua maturazione come Prima ballerina di caratura: è una fanciulla-Morte ammiccante e sensuale, impegnata in una lotta altamente erotica. Nella stanza del giovane bohémien la sua Morte chiama, seduce, attrae e possiede, in un doppio di carnale ed etereo, sfuggente, che porta il giovane al suicidio e poi il suo fantasma sui tetti di Parigi, fino ai cancelli dell’al-di-là, o del cimitero. Nessuno può resisterle, nessuno può vincerla; lei aggiunge così l’ennesima vittima al suo palmares. È soddisfatta. Il sipario si chiude. Sulla vittoria ineluttabile e sulla serata. Meravigliosa.

Tania Cefis
(23 gennaio 2020)

La locandina

Adagio Hammerklavier
Musica Ludwig van Beethoven
Coreografia Hans van Manen
Scene e costumi Jean-Paul Vroom
Luci Jan Hofstra
Personaggi e interpreti:
Prima coppia Agnese Di Clemente, Gioacchino Starace
Seconda coppia Francesca Podini, Gabriele Corrado
Terza Coppia Maria Celeste Losa, Nicola Del Freo
Le Combat des Anges
Musica Gabriel Fauré
Balletto di Roland Petit
Personaggi e interpreti:
Saint Loup Claudio Coviello
Morel Marco Agostino
Kammerballett
Musica Kara Karayev, John Cage, Domenico Scarlatti
Coreografia Hans van Manen
Scene e costumi Keso Dekker
Luci Joop Caboort
Personaggi e interpreti:
Donna in nero Alessandra Vassallo
Donna in marrone Chiara Fiandra
Donna in giallo Francesca Podini
Donna in arancione Antonella Albano
Uomo in nero Marco Messina
Uomo in marrone Gabriele Corrado
Uomo in giallo Domenico Di Cristo
Uomo in arancione Gioacchino Starace
Sarcasmen
Musica Sergei Prokofiev
Coreografia, musica e scene Hans van Manen
Luci Jan Hofstra
Interpreti: Nicoletta Manni, Claudio Coviello
Le jeune homme et la mort
Balletto di Roland Petit
Scene George Wakhevitch
Costumi Karinska
Luci Jean-Michel Désiré
Personaggi e interpreti:
Le Jeune homme Roberto Bolle
La Mort Nicoletta Manni

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