Milano: le fascinazioni di Ildar Abdrazakov

Se il nome Modest Musorgskij ricorre nei cartelloni delle stagioni operistiche e sinfoniche italiane, molto meno appare quello di Georgij Sviridov, compositore sovietico del Novecento, allievo di Šostakovič, più celebre in russia che in Europa.

Nonostante la sua copiosa produzione, Sviridov risulta un autore sconosciuto. 

Forse il suo stile neromantico, non inserendosi in quelle correnti sperimentali che hanno infranto i margini della tradizione, è risultato in ambito critico e accademico prevedibile e poco interessante. Tuttavia nel suo catalogo emergono una serie di pagine, soprattutto cameristiche e corali, di notevole interesse dalle quali emerge un’evidente attrazione per la musica popolare russa. 

A presentarci un importante ciclo per voce e pianoforte, per la stagione dei recital di canto del Teatro alla Scala, è stato il basso Ildar Abdrazakov accompagnato dalla pianista Mzia Bachtouridze. Russia alla deriva è una raccolta di dodici liriche su testi di Segej Esenin scritte tra il 1915 e il 1920 in cui Sviridov traduce con sensibile vena melodica tutta la sua più profonda preoccupazione per il futuro della Russia. 

Ho abbandonato l’azzurra Russia; O mia terra adorata; Sei forse tu che piangi nel cielo, o Russia alla deriva?; Non si può sfuggire alla rovina; A te, alle tue nebbie e alle pecore nei campi io reco, come un fascio d’avena, il sole nelle mie mani; sono solo alcuni dei versi che evocano lo stato d’animo del poeta. 

Sviridov, che compone queste liriche nel 1977, ripercorre con ispirata malinconia i passi di Esenin, intrecciando la linea di canto pura e sempre tesa sulla parola con la coloratissima parte pianistica.

Intesa straordinaria tra Ildar Abdrazakov e c che con estrema intensità hanno reso tangibile i contenuti umani ed elegiaci di questo ciclo pressoché sconosciuto, grazie anche a una scrittura musicale lineare ma mai banale, potente ma mai eccessiva.

A tratti si avvertono echi di Čajkovskij, Ljadov, Arenskij, quasi mai Šostakovič, tuttavia, per chi conosce Sviridov (almeno la Tempesta di neve) avvertirà sempre in primo piano un profondo e autentico amore per la propria terra.

Decisamente più teatrale la seconda parte del recital dedicata a Modest Musorgsij su testi di potesti russi quali Puskin, Ammosov, Mey, Strugovščikov, Grekov e del compositore stesso.

Scene realistiche si alternano a pagine più idilliache in una concezione meno lirica rispetto a Sviridov ma più frammentaria, in cui la parte vocale richiede maggior accento sulla parola. 

Ironico nel Caprone, sognante ne La notte, brillante in Gopak, Abdrazakov conclude il recital con la Morte di Boris. 

In quest’ultima indescrivibile pagina Adbrazakov non eccede in enfasi drammatiche ma si abbandona in una visionaria interpretazione tesa, vivida, intimamente umana. 

La sua voce non è tonante e neppure particolarmente profonda nel timbro ma gioca su una linea di canto a volte trasparente che ci riporta a quella morbidezza tipica del basso-cantante di belliniana memoria.

Al canto si somma il pianismo illustrativo eccezionalmente cesellato dal tocco composto e limpido di Mzia Bachtouridze.

Ovazioni al termine del recital che si è prolungato con quattro magnifici bis: Acque di primavera di Rachmaninov, la Canzone persiana di Rubinstein, Infelice! E tuo credevi dall’Ernani di G. Verdi e la Calunnia dal Barbiere rossiniano. 

Fuori un freddo siberiano, dentro il calore di una voce che ha portato una ventata di novità con un repertorio ancora tutto da scoprire.

Gian Francesco Amoroso

(20 dicembre 2021)

La locandina

Basso Ildar Abdrazakov
Pianoforte Mzia Bachtouridze
Programma:
Georgij Vasil’evič Sviridov
Autunno
Ho lasciato la mia casa
Aprimi, angelo custode
Sentiero d’argento
Russia alla deriva
Simone, Pietro…Dove sei? Vieni da me
Dove sei, casa paterna?
Là, oltre via lattea
Suona, suona, corno fatale!
In autunno
Oh, credi, credi alla felicità
O patria, tempo felice ed eterno!
Modest Petrovič Musorgskij
Cosa sono per te le parole d’amore?
Il montone
Il desiderio
La canzone della pulce
Dove sei, mia piccola stella?
Il classico
La notte
Gopak
da “Boris Godunov”
La morte di Boris

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