Pietragalla (PZ): due prime beethoveniane in un piccolo borgo della Basilicata

In un borgo di appena quattromila abitanti, uno dei più grandi violinisti di sempre e un brillante pianista italiano incontrano un ensemble lucano per eseguire brani di Ludwig van Beethoven, che fino a oggi – e stupisce anche solo pensarlo – non sono mai stati eseguiti.

È quello che sorprendentemente è successo nella Chiesa Madre di Pietragalla, in provincia di Potenza, il 14 aprile. I protagonisti sono Shlomo Mintz, 66 anni, leggendario violinista israeliano qui in veste di direttore d’orchestra, e Luca Ciammarughi, pianista, scrittore e conduttore radiofonico milanese, classe 1981, sotto la direzione artistica della Fondazione Accademia Ducale.

Il programma della serata prevede quattro Valzer (di una raccolta di 12) in prima esecuzione mondiale, il primo movimento del Sesto concerto per pianoforte e orchestra in Re maggiore (catalogato come Hess 15) in prima europea, e una trascrizione orchestrale della celebre Grosse Füge op. 133. Giovanni Claudio Traversi, compositore romano 67enne, ha curato il completamento del primo movimento del concerto per pianoforte (del quale restano 255 battute a firma di Beethoven) e l’orchestrazione delle altre due opere. L’Ensemble Accademia Ducale – giovane anagraficamente, ma musicalmente molto solido – ha dato prova di grande maturità, specie nell’impegnativo brano finale.

Ma andiamo a ripercorrere le tappe che hanno reso possibile la realizzazione di una serata già entrata nella storia di questo piccolo paese lucano. «Il merito di queste riscoperte è dovuto principalmente al Centro Ricerche Musicali lvbeetohven.it» spiega Traversi, «formato da studiosi che dal 2002 esplorano le biblioteche beethoveniane in giro per il mondo». Armando Orlandi, fondatore del Centro, racconta il rinvenimento dei Valzer WoO 16b: «questi piccoli brani erano stati citati su un opuscolo del 1807 che raccoglieva alcune composizioni di Beethoven, anche se non vi era nessuna traccia, però, dello spartito. Solo nel 2013 siamo riusciti a trovarne una copia a stampa». Curiosamente, i primi due richiamano delle melodie già note, il Minuetto della Prima Sinfonia e lo Scherzo della Seconda, ma con un carattere del tutto diverso, meno trascinante e più pacato.

E il concerto per pianoforte? «Quest’opera aveva ricevuto una prima ricostruzione nel 1987 da parte del musicologo inglese Nicholas Cook», spiega Ciammarughi. «La sua, però, si caratterizzava più come un’ipotesi di ricostruzione, molto personale. Il lavoro dell’Accademia Ducale vuole valorizzare invece l’incompiutezza, cogliendola come occasione di dialogo tra la sensibilità di Beethoven e la nostra. Non un’operazione museale, dunque, ma un arricchimento espressivo». Gli interventi di completamento sono stati commentati così dal suo autore: «la ripresa si poggia del tutto sull’esposizione – sottolinea Traversi – non ci sono elementi spuri.  Anche nella cadenza tornano i temi originali della prima parte».

Sempre a proposito del lavoro di orchestrazione, non ci resta che esaminare l’operazione fatta sulla Grosse Füge, vero e proprio testamento spirituale per quartetto d’archi. La visione di Traversi è quella di un Beethoven “al quadrato”: affidandosi a 16 musicisti, decompone il capolavoro mostrandone con ancora maggior dettaglio voci, timbri e i diversi piani armonici.

Un programma, dunque, che ci ha dato modo di essere sorpresi ancora una volta dalla musica del grande compositore di Bonn, come rivela Shlomo Mintz: «nel Concerto scopriamo un’angolazione molto interessante e poco conosciuta di Ludwig, quella improvvisativa, con note che sembrano persino sbagliate, quasi fuori posto. Nei Valzer contattiamo invece il musicista innamorato della musica popolare, che mette su carta i suoni appresi dalla strada».

Luca Ciammarughi sottolinea ulteriormente gli elementi sperimentali, visionari e bizzarri del brano per pianoforte e orchestra, «in particolare, la lunga cadenza iniziale che sembra un’improvvisazione messa per iscritto. Beethoven era molto apprezzato come performer, forse ancor più che come compositore. Molto interessante è il trattamento dell’armonia, che anticipa le arditezze schubertiane: improvvisi passaggi dal maggiore al minore o tra tonalità lontane, il tutto immerso nella grande inquietudine di un linguaggio armonico in fermento».

Un evento dunque inaspettatamente ricco di première beethoveniane che segue, di due anni, la prima esecuzione assoluta di un altro inedito del maestro di Bonn, grazie anche in quel caso al lavoro di appassionata ricerca di Accademia Ducale, in tandem con il Centro Ricerche Musicali lvbeetohven.it: l’Ouverture dell’opera Macbeth, realizzato sempre nella cittadina lucana e sempre con Shlomo Mintz alla direzione. Gli appassionati stiano all’erta: il futuro promette nuove ed entusiasmanti scoperte, giusta occasione per compiere un viaggio in Basilicata.

Alessio Zuccaro
(14 aprile 2024)

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