Vienna: finalmente in scena il Cublai Kan (Kugel) di Salieri

Lunedì 15 aprile è andata in scena al Theater an der Wien (nella sua sede provvisoria al Museumsquartier) l’ultima recita del Cublai, Gran Kan de’ Tartari di Antonio Salieri su libretto di Giovanni Battista Casti. L’allestimento aveva i connotati dell’evento imperdibile: già la produzione operistica di Salieri non è in genere particolarmente frequentata, ma il suo Cublai Kan (scritto tra il 1786 e il 1788) ha visto le scene per la prima volta nel 1998 in traduzione tedesca, a Würzburg, in Germania, e nella versione italiana originale l’opera non era ancora mai stata data.

Questa tardiva attenzione è dovuta anche al tema dell’opera, che oggi si conferma scottante come 250 anni fa. Tratto dal Poema tartaro di Casti, il Cublai Kan è una evidentissima satira contro l’assolutismo russo, in cui a farne le spese è in primo luogo lo Zar Pietro il Grande, dipinto come nient’altro che uno zotico despota i cui tentativi di costruirsi una facciata di modernità (come il celebre decreto che mise al bando la barba) nascondono l’autorità dispotica, l’ignoranza più incallita, il frequente ricorso alla violenza e un’indole viziosa. Ora, nel 1788 questa satira non doveva piacere molto a Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, che stava facendo il possibile per stringere un’alleanza con Caterina II. Da ciò il rapido colpo di censura e sull’opera calò il sipario prima ancora di andare in scena, senza che nessuno si desse pena per portarla alla luce fino al ’98 e, appunto, a oggi.

La tematica, sostenuta dalla musica sempre estrosa e vivace, quand’anche non indimenticabile, di Salieri è oggi infatti attualissima e da questo dialogo tra le epoche origina la brillante messa in scena di Martin G. Berger, che aggiungendo parti recitate e trattando il libretto con gran libertà, costruisce una narrazione su più livelli in cui un allestimento tradizionalissimo si interseca con una messa in scena moderna, per cui Kublai Khan è in realtà un ricco industriale del cioccolato, produttore delle celebri Kublai-Kugel, che per salvare il futuro del proprio regno/azienda deve combinare un matrimonio/fusione tra il proprio figlio/azienda e una principessa/azienda cinese Alzima. A collegare due mondi apparentemente inconciliabili, un terzo livello metateatrale: Salieri stesso si aggira sulla scena, interagisce pirandellianamente con i suoi personaggi e commenta gli avvenimenti alternando l’italiano e il tedesco. L’operazione rischiava di essere un disastro di sovrapposizioni insensate e invece, caso più unico raro, funzionava ancor meglio in scena che sulla carta.

Ciò che invece funziona meno, è l’appiattimento della satira politica sulla tematica queer. Nodo di questa trama è figura di Lipi, figlio del Khan e suo legittimo erede, ma rappresentato da Casti come un fanciullo demente manipolato dal potere sacerdotale per tentare di ottenere il potere – evidentemente un riferimento allo zarevic Aleksej che come Lipi era assai poco interessato alle questioni di stato. Ora, nella trama originale Lipi, più interessato a giocare che a comandare, viene maldestramente manipolato dal bonzo Posega, ma grazie alle macchinazioni dei servitori italiani Bozzano e Memma i piani vengono sventati e al potere ci salirà il più degno Timur, nipote del Khan e guarda caso pure innamorato (ovviamente ricambiato) della principessa cinese Alzima. Posega e Lipi vengono dunque mandati a rinchiudersi di un monastero, con pochi crucci da parte di quest’ultimo, più che contento di proseguire con i propri giochi.

Nella rilettura di Berger, Lipi e Posega hanno in realtà una relazione, le trame di Bozzone e Memma servono a mostrare la fondamentale inadeguatezza di Lipi a salire sul trono, mentre coro e personaggi continuano a cambiare di vesti in un arcobaleno drag per scandalizzare i più bacchettoni e passatisti della corte del Gran Kan. Fin qui, ci sta tutto: il libretto stesso, nella sua satira, non nasconde frecciatine e strizzate d’occhio. Il problema è che questo aspetto, in realtà solo uno dei filoni che attraversano l’opera, sfugge rapidamente di mano e da un eccesso all’altro arriva a monopolizzare completamente la scena, facendo perdere quasi completamente di vista il filo, fino a sciogliersi in un generale “volemose bene” un po’ stucchevole. A confermare questa stortura della trama, quella che è senz’altro la nota più dolente di tutta la messa in scena: senza avvisi di nessuna sorta, sui soprattitoli in inglese e tedesco il testo appariva riassunto e interpretato con non poca fantasia, cambiando frasi e parole rispetto all’italiano cantato per nascondere quanto la messa in scena si distaccasse (con assolutamente legittimo diritto d’interprete) dal libretto originale. Potendo capire i versi, peraltro spesso ben cantati e declamati, a leggere i soprattitoli era facile sentire vagamente presi in giro.

Tuttavia, questa era di fatto l’unica nota dolente di quella che è stata invece una produzione che salvo qualche critica è stata decisamente riuscita. Luci e scene sono semplici ma efficaci, i costumi svolgono bene il loro dovere e il reparto video dà veramente il meglio, con interventi su schermi molto ben realizzati e ben presenti senza essere invadenti. Ci si potesse finalmente liberare dagli imbarazzatissimi balletti e mossettine cui i cantanti sono costantemente costretti, sarebbe finalmente un gran giorno per il teatro. Cantanti che hanno dato prove tutte dalla buona all’eccellente. Punta di diamante di tutta la produzione è il magnifico Cublai di Carlo Lepore, attore smaliziato e disinvolto, cantante dalla voce ampia e solidissima, dal bel timbro scuro e sagomato, perfettamente controllato e piegato all’uso. Ottimo anche il Posega di Leon Košavić e il Timur di Alasdair Kent, che disimpegna con un certo agio la spesso impervia parte tenorile. Ben riusciti il Bozzone di Giorgio Caoduro e la Memma di Ana Quintans, abili vocalmente e attorialmente. Il Lipi di Lauranne Oliva ha voce un po’ flebile ma funziona, mentre più centrata è Marie Lys, che pur senza folgorazioni porta a casa con gran dignità le brillanti sferzate della principessa Alzima. Buono anche il conservatorissimo Gran Cerimoniere Orcano di Fabio Capitanucci, vocalmente a volte in affanno, ma sempre convincente sulla scena. Ottimo l’Arnold Schoenberg Chor diretto da Erwin Ortner, che nel finale ha trovato un po’ più di soddisfazioni per dar sfogo alla musica, oltre a fare un buon lavoro come figuranti nei più fantasiosi costumi.

Parte musicale che rimane uno dei punti di forza di questa produzione grazie alla presenza in buca di Christophe Rousset e Les Talens Lyriques che, apparentemente incapaci di suonare male, segnano un altro successo dando varietà, freschezza e calore alla partitura di Salieri. L’insieme raggiungeva a tratti una comunione esemplare, con le voci più che incollate direi fuse agli strumenti in buca, mentre il continuo si sviluppava con ottimo equilibrio tra inventiva e sobrietà. Ben riuscita anche la recitazione di Christoph Wagner-Trenkwitz nei panni di Salieri, disinvolto nel passare dal tedesco all’italiano nei testi generalmente ben scritti da Martin G. Berger e i drammaturghi Philipp Amelungsen e Christian Schröder. Applausi generosi, qualche dubbio sulla regia, ma si può affermare che questa prima esecuzione abbia ridato la giusta attenzione al Cublai, gran Kan de’ Tartari di Antonio Salieri, che senza essere un capolavoro si presta comunque a momenti di ottimo teatro musicale.

All’uscita, piccolo colpo di classe: Kublai-Kugel offerte a tutti i presenti – in realtà, pare, Mozart Kugel travestite. D’altronde, come commenta Salieri sul palco, alla fine quello con le Kugel migliori rimane sempre Mozart.

Alessandro Tommasi
(15 aprile 2024)

La locandina

Direttore Christophe Rousset
Regia Martin G. Berger
Scene Sarah-Katharina Karl
Costumi Alexander Djurkov Hotter
Luci Karl Wiedemann
Video Roman Rehor
Drammaturgia Philipp Amelungsen, Christian Schröder
Personaggi e interpreti:
Kublai Carlo Lepore
Lipi Lauranne Oliva
Timur Alasdair Kent
Alzima Marie Lys
Posega Leon Košavić
Orcano Fabio Capitanucci
Bozzone Giorgio Caoduro
Memma Ana Quintans
Salieri Christoph Wagner-Trenkwitz
Les Talens Lyriques
Arnold Schoenberg Chor
Maestro del coro Erwin Ortner

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti