Portogruaro: la prima volta di Don Giovanni

Tutto è bene quel che finisce bene? Parrebbe di sì, e al Don Giovanni mozartiano che ha inaugurato l’altra sera nello splendido Teatro Russolo di Portogruaro un’edizione importante del suo tradizionale Festival Internazionale di Musica, il successo non è mancato.

Al termine delle abbondanti quattro ore di spettacolo il pubblico era contento, i realizzatori felici, la cittadina veneta poteva essere orgogliosa di come si è svolto il Da Ponte Day, celebrando con l’opera clou della celeberrima Trilogia mozartiana, una personalità, l’abate Da Ponte, che ha dato lustro al suo glorioso passato.

C’erano, però, diverse sfide da accettare e risolvere, ci spiegava, prima dell’alzarsi del sipario, il Direttore artistico della rassegna, Alessandro Taverna.

Il Teatro, per fare un esempio dei più elementari, non dispone di una buca per l’orchestra. Inaugurato il quattordici maggio del 2009 il Teatro Comunale Luigi Russolo può vantarsi di un palcoscenico che è stato calcato da attori, ballerini, cantanti e musicisti ospitati nell’ambito delle stagioni teatrali e dell’attività concertistica gestita dalla Fondazione Musicale Santa Cecilia, e continua ad arricchire il bagaglio culturale dei cittadini, con un’offerta sempre attenta alle esigenze del pubblico, dai bambini agli adulti. Dalla sua inaugurazione ospita di frequente spettacoli di vario genere organizzati da scuole, associazioni, aziende private. L’opera, però, non vi era mai stata rappresentata.

Per ovviare alla mancanza della buca d’orchestra di cui dicevamo, ecco gli strumentisti dell’eccellente Orchestra Regionale Filarmonia Veneta disporsi ai piedi del palco. Di poco, più in basso rispetto agli attori/cantanti e all’ottimo Kairo Vox preparato a dovere da Alberto Pelosin che agiscono sul piccolo palcoscenico, quasi alla stessa altezza dell’orchestra. La situazione, dettata da una contingenza effettiva, ingenera da parte dell’eccellente complesso veneto, un nitore e una brillantezza di suono orchestrale che andava ad attutire la coesione con il palcoscenico.

Qui, come detto, agivano voci giovani e di scuola italiana che il mondo ci può giustamente invidiare, ma che avrebbero bisogno d’un altro contesto per emergere.

Prendiamo il protagonista, Christian Federici, eccellente baritono, bravo attore, di bella figura, uno stilista ideale per rappresentare “el Burlador”. Federici che apprezziamo da sempre, ha cantato bene, ha recitato benissimo, ma solo in sporadiche occasioni gli è stato consentito di “essere” Don Giovanni, meno che mai quando lo si costringe a mimare un amplesso in profondità con la Zerlina, graziosa ma ancora acerba di Maria Chiara Andolino.

Anche il rapporto fra padrone e servitore, – in Leporello è stato un piacere seguire i recitativi magnificamente accompagnati al cembalo da Alberto Boischio, di Rocco Cavalluzzi, – ha avuto dei deficit nella rappresentazione, che neppure sfrutta la somiglianza, per peso, colore e volume, di due belle voci di baritono che cantano e sanno cantare all’italiana. E così, anche per Leporello ci si è rifugiati nel déja vu. Peccato.

Detto delle prove più che positive offerte da Gillen Munguiam, che è un Don Ottavio fin troppo sottomesso al resto del mondo, ma di timbro magnifico e precisione strumentale nelle sue due difficili arie, dal Commendatore giustamente tonante di Carlo Malinverno e dal simpatico Masetto di Francesco Toso, resta da riferire delle due Primedonne.

Per Valentina Mastrangelo, intensa ed espressiva Donna Elvira, abbiamo un debole da quando ci conquistò in un lontano Onegin triestino con una palpitante scena della lettera, –  in russo, lei cilentana – recitata al calor bianco.  Qui supera se stessa, e domina le asperità della parte con l’esperienza maturata in seguito a quel primo e ormai ascolto. Elisa Verzier in Donn’Anna è sicuramente brava, canta e interpreta con dovizia di sfumature, ma da una fuoriclasse in erba come lei ci aspettiamo di più. Ne è capace.

La concertazione di Massimo Raccanelli aveva dei limiti, ambientali e, molto probabilmente, di tempistiche troppo strette per una cattedrale della musica qual è Don Giovanni. La direzione sceglieva tempi spediti, e faceva bene per l’andamento complessivo della serata, ma non per l’approfondimento di caratteri a loro nodo archetipici.

Poco da dire sulla regia di Alfredo Corno, autore anche di scene e costumi, che era tradizionale. Diremmo di più, troppo tradizionale. Tradizione non vuol dire ripetizione del già visto con inutili inserti hot ma ripensamento di una drammaturgia che Da Ponte e Mozart hanno curato nel minimo dettaglio. Oltretutto qualcosa nel disegno luci di Andrea Gritti, non ha funzionato a dovere e in certi momenti i personaggi risultavano al buio.

Ma non voglio tediare il lettore con i miei distinguo e le mie lamentazioni. Mi sto facendo vecchio e i Don Giovanni che ho visto, belli o brutti, cominciano a essere tanti.

Questo, però, aveva l’entusiasmo di una prima assoluta in un teatro magnificamente ristrutturato che, quello sì, sa restituire la grande tradizione dei teatri all’antica italiana, che una rivisitazione operata grazie alla creazione di un’eccellente camera acustica rende una magnifica sala per la musica d’arte, opera, compresa.

Una sola recita a Portogruaro, poi una seconda a Rovigo. Perché così poche?

Rino Alessi

La locandina

Direttore Massimo Raccanelli
Regia Alfredo Corno
Light designer Andrea Gritti
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni Christian Federici
Leporello Rocco Cavalluzzi
Il Commendatore Carlo Malinverno
Donna Anna Elisa Verzier
Donna Elvira Valentina Mastrangelo
Don Ottavio Gillen Munguíam
Masetto Francesco Toso
Zerlina Mariachiara Ardolino
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Coro Kairo Vox
Maestro del coro Alberto Pelosin

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