Rovereto: diavoli e maschere in equilibrio tra Sette e Novecento

Come non gioire di un’orchestra – la Filarmonica Settenovecento – i cui componenti, eccezion fatta per il violino di spalla e altri due docenti che fungono da guida, hanno tutti meno di venticinque anni?
Al livello tecnico decisamente alto dei giovani professori si uniscono la passione, la voglia di fare musica insieme e di farsi ascoltare, cosicché il risultato non potrebbe essere migliore.

Se al tutto si unisce la bacchetta freschissima di Marco Alibrando – che con i suoi trentatré anni e di pochissimo più “anziano” degli orchestrali – il risultato non può che essere di rilievo.

Un concerto che più “settenovecento” non si potrebbe quello proposto al Teatro Zandonai nell’ambito del festival roveretano che giunge quest’anno alla sua quarta edizione superando le restrizioni imposte dall’emergenza pandemica e offrendo una serie di appuntamenti di alto livello.

Programma “circolare” quello proposto, con tre pagine che riassumono in maniera paradigmatica lo spirito stesso del Festival.

Apriva la serata l’ouverture del Frate ‘nnamorato di Pergolesi, affrontata da Alibrando con piglio leggero ma deciso, levigando il suono e restituendolo all’ascolto attraverso ricercatezze timbriche minuziose.

A fare in qualche modo da cerniera seguiva la Sonata in Sol minore per violino e basso continuo “Il trillo del diavolo” di Giuseppe Tartini, proposta nella versione per violino archi e pianoforte realizzata da Riccardo Zandonai nel 1939.
La proposta, lontana da qualsiasi valenza antiquaria, è interessante in quanto riporta l’attenzione sulla riscoperta del repertorio barocco da parte dei compositori del Novecento Storico Italiano – si pensi anche a Malipiero e Respighi – ripensato per la fruibilità da parte di un pubblico non più avvezzo alla musica antica.

L’orchestrazione è pienamente novecentesca ma non perde di vista neppure per un momento la natura più intima della composizione.

La violinista Francesca Temporin – under venticinque anche lei – si disimpegnava con tecnica impeccabile unita al necessario fuoco virtuosistico che l’impaginato esige, affrontando con sicurezza tutte le asperità della scrittura tartiniana.
Alibrando e gli archi dell’orchestra, insieme al pianista Calogero Di Liberto, rispondevano con pari valentía, offrendo una lettura profondamente meditata e capace di rendere intellegibile le intenzioni di Zandonai nel riportare in vita musica al suo tempo “perduta”.

A conclusione della serata, e a chiudere il cerchio, il Pulcinella di Stravinskij dove la musica di Scuola Napoletana – c’è più Domenico Gallo che Giovanni Battista Pergolesi – diviene la scusa per una narrazione tutta novecentesca e soprattutto incredibilmente russa.

Ancora una volta la lettura del direttore messinese è luminosamente acuta nel suo cogliere l’ironia che è fondamento primo della composizione; dinamiche ammiccanti e impasti sonori rapinosi stanno alla base di una lettura che procede a passo di danza.

Ottimo il terzetto dei solisti, ovvero il soprano Elena Di Marino, il tenore Angelo Goffredi e il basso Lorenzo Ziller.
Applausi per tutti eovazioni, strameritate a Francesca Temporin.

Alessandro Cammarano
(21 agosto 2020)

La locandina

Direttore Marco Alibrando
Violino Francesca Temporin
Pianoforte Calogero Di Liberto
Soprano Elena Di Marino
Tenore Angelo Goffredi
Basso Lorenzo Ziller
Orchestra Filarmonica Settenovecento
Programma:
Giovanni Battista Pergolesi
Ouverture da Lo frate ‘nnamorato
Giuseppe Tartini/Riccardo Zandonai
Il trillo del diavolo
Igor Stravinskij
Pulcinella – musica da balletto in un atto per voci e orchestra

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