Settenovecento, un Festival in itinere

Si è da poco conclusa la sesta edizione del Festival Settenovecento, che vede coinvolta non solo Rovereto ma l’intera Vallagarina, durante la quale sono state presentate proposte di assoluto valore artistico e di didattico, ancora una volta attraverso scelte non comuni. Ne parliamo con Angela Romagnoli e Federica Fortunato che, insieme a Klaus Manfrini, reggono la Direzione Artistica del festival.

  • Angela Romagnoli: un festival deve fare il festival … cioè?

Secondo, anzi secondo noi, mi permetto di parlare anche a nome di Federica e di Klaus Manfrini, che oggi non può essere con noi, un festival non fa la manutenzione ordinaria del repertorio e degli interpreti come fanno le stagioni che solitamente propongono concerti che di solito girano per le varie rassegne concertistiche. Non lo richiede solo il mercato ma la ragionevolezza. Per questo io sento il programma dell’artista qui, a Bologna, a Firenze; i festival hanno il compito quasi istituzionale di essere più originali nella programmazione, di proporre un’idea. Secondo me, secondo noi anzi, è bene che ci sia un “filo rosso”; su questi motivi guida lavoriamo in modo da sollecitare gli artisti a proporci repertori o meglio accostamenti inconsuet. Non è necessario che si tratti di novità epocali, però spesso anche mettere semplicemente accanto pezzi a cui non avresti pensato nel realizzare un possibile programma di concerto ti svela un aspetto differente. Credo che questa ricerca di senso in un festival debba esserci, non è solo ascoltare i pezzi o sentire l’interprete ma è anche provare a fare un percorso insieme.

  • Domanda per Federica Fortunato. Lei è sul territorio, vorrei che parlasse di questa grande attenzione per i giovani, con l’orchestra Settenovecento che va al di là del progetto educativo tout-court configurandosi come progetto professionale.

Credo che se ne sia accorto già ieri sera. Tutto questo nasce in epoca ante Covid e in realtà non ha avuto una vera battuta d’arresto perché qui siamo riusciti a preservare tutte le edizioni, anche nell’estate del 2020, e di conseguenza un’esperienza che ha bisogno di una sua continuità, sia pure in forma ciclica, ha potuto garantire quella crescita di cui ieri proprio a livello di qualità di suono , di insieme, di capacità di affrontare delle partiture difficili e che magari le difficoltà le nascondono, ma che richiedono un esserci dentro. Questo io l’ho respirato spero di non essere un po’ viziata dal fatto di trovarmi di fronte molti di questi ragazzi che ho visti passare in conservatorio nel corso degli anni per poi fare esperienze all’estero e ritornare, crescere di loro e avere le loro esperienze di piccoli gruppi e di piccole orchestre. Una violoncellista, ad esempio, ha organizzato un suo ensemble di una ventina di archi; quindi c’è anche una dimensione proattiva, imprenditoriale di capacità che noi dobbiamo cercare di accompagnare e favorire garantendo queste iniziative. Ritornando ai giovani molte cose continuano purtroppo ad essere rinchiuse all’interno delle istituzioni – e intendo i conservatori – con produzioni magari bellissime e di alto livello ma “una tantum” e con un pubblico esiguo. Come fare per fare circolare queste iniziative, anche per una questione di dignità professionale? Si pone dunque il problema di come organizzare reti e alleanze.

Angela Romagnoli: come ci si organizza?

La nascita del Festival Settenovecento ha comportato un passo che per me è stato particolarmente difficile e ha comportato la sparizione di fatto del Festival Mozart. Mentre il Centro Studi Zandonai ha fatto un passo nella dimensione produttiva  che altrimenti avrebbe fatto fatica ad avere e la Filarmonica ha proseguito la sua attività il Festival Mozart si è sciolto in Settenovecento rinunciando ad esistere. Non sono pentita della scelta perché ci ha garantito di amplificare la nostra attività sul territorio ponendo un modello forte. Dalle tre realtà iniziali vede oggi la partecipazione di sei entità con l’arrivo del Coro Sant’Ilario e la Rovereto Wind Orchestra, che rappresentano un dilettantismo nobile e molto radicato e l’APT. Se però non riusciamo ad espandere ulteriormente questo modello sul territorio il rischio è che resti qui. Ci vuole grande generosità, se ciascuna realtà volesse portare avanti il proprio progetto ci ritroveremmo con dieci persone da una parte e venti dall’altra invece di fare sì che il Comune, la Comunità di Valle, la Provincia facciano un programma organico in cui ci si aggrega e si  coltivano bei fiori che spuntano nel giardino di tutti.

  • Dove andrà il Festival nei prossimi anni?

Risposta a due voci: abbiamo già una strada. Il tema sarà quello del viaggio in cui si incontrano vari elementi. Siamo partiti dalla Natura, passeremo all’incontro con le Arti e poi verrà il momento delle Persone.

Il “muoversi” è l’intima essenza del Festival.

Alessandro Cammarano

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