Torino: cruda e attuale la Butterfly secondo Michieletto

È crudele la sorte di Cio-Cio-San. Una donna, o meglio, una ragazza, innamorata, illusa, convinta che alla fine quell’americano che l’ha sposata e messa incinta, tornerà da lei sulla nave bianca. Ma alla fine vi sarà soltanto la morte. Una morte di disperazione, di cruda e tormentosa mancanza di umanità. Madama Butterfly è opera ispirata a una storia vera, narrante le sorti di una geisha adolescente, di nome Cio-Cio-San ma da tutti conosciuta come Madama Butterfly per la sua fragilità e la sua bellezza, richiamanti la delicatezza di una farfalla, che viene venduta come sposa a un ufficiale americano della Marina, F.B. Pinkerton, nonostante i consigli del console americano Sharpless. Butterfly, illusa ed innamorata, è totalmente all’oscuro delle dinamiche e delle intenzioni di Pinkerton, ritrovandosi in poco tempo sola e con un figlio da crescere. La tenacia non fa arrendere l’amore, e dopo tre lunghi anni, Pinkerton si ripresenta in Giappone con Kate, la moglie americana: Butterfly, ormai conscia di tutta la verità, consegna il figlio alla coppia e si suicida.

La drammaticità dell’opera è vista dagli occhi di Damiano Michieletto, che nell’ormai lontano 2010 creò proprio per il Regio uno spettacolo dal forte impatto estetico ed emotivo, sviscerando le vicende e riportando alla luce, nella sua più vera e umana crudezza, la narrazione di una vicenda di turismo sessuale, ambientata in una grande metropoli dell’est asiatico, senza voler dettagliatamente precisare lo svolgimento a Nagasaki. Avvolta e circondate da insegne, luci, pubblicità e proiezioni, è così centrale quella costruzione vetrata al centro della scena, che è vetrina di scambio ma anche casa e luogo di rifugio per Cio-Cio-San, quasi una gabbia (come quella del pettirosso che accompagna lo scorrere del tempo in attesa del ritorno di Pinkerton). Di immediato impatto moderno sin dall’inizio è l’Oriente di oggi, con la regia ripresa da Elisabetta Acella, i costumi di Carla Teti, le citate ed impattanti scene di Paolo Fantin e le luci di Marco Filibeck, riprese da Vladi Spigarolo. E così la “nave bianca” diventa una più moderna e graffiante auto bianca, con la quale Pinkerton va e viene definendo e delineando le sorti della povera ed innamorata Butterfly, che porrà fine alla sua esistenza con una pistola, rendendo ancora più diretto, freddo ed immediato il fatale momento del suicidio. Nonostante le attenzioni vengano dunque spostate più sulle dinamiche umane e sulle intenzioni di mera commercialità, viene meno quell’esotica idea dell’Oriente, dei kimono e dei movimenti attenti e posati, quella differenza di visione e di vita nell’eterno scontro tra Oriente ed Occidente.

Ed in questa drammaticità, in questa asciuttezza, si inserisce la direzione analitica, dritta, ripulita ed efficace di Dmitri Jurowski, riconosciuto interprete del repertorio operistico e sinfonico del Novecento, che mette in risalto il continuo intrecciarsi dei tradizionali richiami musicali americani e giapponesi, avendo sempre al centro della sua visione musicale il dramma pucciniano, le intenzioni che esse vuole dare, il flusso emotivo che esso va a smuovere in coloro che si apprestano all’ascolto.

Ed in questo percorso si inserisce senza titubanze l’Orchestra del Teatro Regio, regalando sonorità delicate laddove richiesto, frapposte alle più drammatiche e viscerali intenzioni musicali di grave passionalità, sino al tragico finale.

Ottima la prestazione del Coro, per l’ultima volta guidato nella sua preparazione da Andrea Secchi, in partenza per Roma e per l’Accademia di Santa Cecilia, avendo grande qualità nei momenti di intervento in scena ma con un plauso senza titubanze per il commovente coro a bocca chiusa.

Debutto al Teatro Regio in corsa per Barno Ismatullaeva, chiamata a sostituire Valeria Sepe pochi giorni della prima rappresentazione, con un tour de force di prove a ritmi serrati. Ritmi e prove che tuttavia non sembrano scalfire l’interpretazione vocale e scenica del soprano uzbekistano, che ben conosce la parte e sa calarsi nella visione teatrale data da Michieletto. Vi sono echi di mosse e mossette, sottomissione ed ingenuità, innamoramento e illusione, sino allo sfociare del dramma, dell’autodifesa, del dolore sofferente che tramuta in morte. Interessante è lo strumento vocale della Ismatullaeva, di solida corposità che sa proiettarsi con vigore, tentando di dare colori, intenzioni e anima ad uno dei personaggi con drammaticità sempre crescente, in Puccini. Solo talvolta si ravvisa una certa tendenza a crescere con l’intonazione in alcuni passaggi più impervi o concitati, ma senza inficiare una resa vocale che, compresa la nota aria Un bel dì vedremo, raccoglie unanimi e vigorosi consensi a fine recita. Nel vorticare dei cast, troviamo il tenore Matteo Lippi promosso a sostenere tutte le recite: scelta coraggiosa, che pare denotare solidità vocale e fisica da parte dell’artista. Solidità che si riscontrano appieno e che confermano le doti artistiche in continua crescita, laddove il personaggio di F.B. Pinkerton richiede carattere, intenzione, dramma. Voce di bel colore e ottimo squillo, nitida e chiara è la parola che viene sempre ben scandita, in un ottimo equilibrio tra i momenti più intimi e dolci (come il duetto con lei sul tetto della casa di vetro) e i momenti invece più concitati e carichi di dramma emotivo. Testimone dei dolori e delle sofferenze di Cio-Cio-San è la fedele Suzuki, qui interpretata dal mezzosoprano in casa del Regio Ksenia Chubunova, che conferma le impressioni già evidenziate nella recita de La Sposa dello zar: lo strumento vocale va affinato, ponendo attenzione alla parola e alla sua corretta espressione, a fronte di una musicalità e di una presenza scenica di assai notevole interesse. Damiano Salerno torna al Teatro Regio nei panni di Sharpless, il console americano a Nagasaki, dimostrando maturità vocale ed interpretativa: baritono di voce chiara, attento nel porgere e nella declamazione, l’artista rende efficace un ruolo spesso poco definito. Massimiliano Chiarolla è un Goro partecipe, perfido e infido, preciso negli interventi avendo voce chiara e ben proiettata; anziano, illuso e speranzoso corteggiante della bella Butterfly è il principe Yamadori, interpretato dal giovane Michele Patti che risolve bene ed espressivamente il suo fin troppo breve intervento musicale e scenico. Carico di rabbia e furore è lo zio bonzo del basso Daniel Giulianini, mentre gli altri artisti del Regio Ensemble Rocco Lia e Irina Bogdanova danno voce ed interpretazione al commissario imperiale e a Kate Pinkerton, bionda e seducente moglie americana dell’ufficiale di Marina. Di contorno ma funzionali all’efficace svolgimento del dramma pucciniano, troviamo alcuni artisti del Coro del Teatro Regio impegnati nei ruoli di comprimariato: la madre di Cio-cio-san di Daniela Valdenassi, lo zio Yakusidé di Franco Rizzo, l’ufficiale del Registro di Roberto Calamo, la zia di  Maria de Lourdes Rodrigues Martins e la cugina di Eugenia Braynova. Chiude con la sua presenza il piccolo Ludovico Dilauro negli ingenui e amorevoli panni del figlio di Butterfly.

È dunque il dramma della Madama Butterfly di Puccini a chiudere la stagione, breve e di passaggio, facendo da apripista al lungo e ricco percorso della stagione 2023/2024 che vedrà un’abbondanza di opere del maestro lucchese di cui ricorrerà il centenario della morte nel 2024.

Nota di colore e di riflessione: la sera della prima rappresentazione cadeva con il secondo giorno dopo la dipartita di Silvio Berlusconi, per cui è stato richiesto un minuto di silenzio dalla direzione del Teatro a seguito di una comunicazione del Ministero della Cultura. Al di là dello svolgersi del minuto di silenzio, non privo di contestazioni, epiteti e mancata osservanza dell’alzarsi in piedi, è fortuito ma riflessivo l’accostamento tra la vicenda narrata dalla Madama Butterfly, ossia una donna comprata e sposata dal ricco uomo di turno, e la storia di un uomo che è stato sì politico, sì imprenditore, ma appunto uomo, con i suoi pregi e i suoi (ben noti) difetti.

Leonardo Crosetti
(13 giugno 2023)

La locandina

Direttore Dmitri Jurowski
Regia Damiano Michieletto
ripresa da Elisabetta Acella
Scene Paolo Fantin
Costuni Carla Teti
Luci Marco Filibeck
riprese da Vladi Spigarolo
Personaggi e interpreti:
Cio-cio-san Barno Ismatullaeva
F.B. Pinkerton Matteo Lippi
Sharpless Damiano Salerno
Suzuki Ksenia Chubunova
Goro Massimiliano Chiarolla
Il principe Yamadori Michele Patti
Lo zio bonzo Daniel Giulianini
Il commissario imperiale Rocco Lia
Kate Pinkerton Irina Bogdanova
La madre di Cio-cio-san Daniela Valdenassi
Lo zio Yakusidé Franco Rizzo
L’Ufficiale del Registro Roberto Calamo
La zia Maria de Lourdes Rodrigues Martins
La cugina Eugenia Braynova
Il figlio di Butterfly Ludovico Dilauro
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del coro Andrea Secchi

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