Venezia: i Carmina Burana a misura di Luisi

In una puntata di Wikiradio di tre anni fa, dedicata alla prima esecuzione italiana dei Carmina Burana di Carl Orff (ottobre 1942: il racconto è di Angelo Foletto e si può facilmente rintracciare su RaiPlaySound), si ascolta a un certo punto un singolare, sintomatico intervento di Massimo Mila. Lo storico della musica torinese parla (non viene precisato in quale contesto radiofonico) l’anno dopo la scomparsa del compositore tedesco, avvenuta alla fine di marzo del 1982 e sembra quasi voler fare ammenda di una battuta che gli era sfuggita – così dice – nello scriverne il cosiddetto “coccodrillo” per il suo giornale. Battuta che aveva fatto discutere. In realtà, non c’è alcuna palinodia: nel descrivere con la sua tipica chiarezza le caratteristiche salienti della composizione più nota ed eseguita di Orff, basate su “ritmo e iterazione”, Mila di fatto conferma la “boutade” che aveva scritto: i Carmina Burana sono la versione per analfabeti musicali del Sacre du printemps di Stravinskij.

Suona dissacrante, ma è anche fuorviante. Il pubblico che non sa tecnicamente e/o culturalmente di musica, almeno in questo Paese, resta sempre troppo numeroso. Eppure continua ad accomunare nella sua predilezione il Sacre e i Carmina Burana, a 110 o 85 anni dalla loro nascita. Che restano le composizioni più popolari dei loro autori. Anche se i “Riti della Russia pagana” sono tutt’altra cosa del recupero dei canti della tradizione goliardica medievale, fra volubilità della sorte, spirito da taverna e pulsioni erotiche.

I Carmina Burana erano già molto famosi nei primi anni Ottanta, e bisognava fare i conti con questo successo. Oggi rispetto ad allora la loro notorietà è cresciuta ancora: effetto dell’appropriazione da parte del cinema e della pubblicità, che li hanno “propagati” molto al di fuori del contesto e degli scopi per i quali il loro autore li aveva creati. E tuttavia Orff, qualsiasi cosa si pensi del consumo musicale, non ha affatto scritto una partitura “for dummies”. Piuttosto, ha messo a fuoco nella maniera più lucida (e probabilmente poche altre volte eguagliata nella sua carriera) una riflessione stilistica composita, che risente del clima estetico degli Anni Trenta, dominato dal Neoclassicismo, ma lo porta nei territori dell’arcaico e dell’arcano, del barbarico, del primigenio (in senso culturale classico: quella era la formazione del musicista bavarese) capace di depurare in qualche modo il “finto antico”, che nella partitura non manca. Combinazione vincente, dice la storia. Piaceva al pubblico tedesco durante il nazismo (piaceva talmente che l’iniziale riprovazione del regime venne in seguito assai attenuata proprio per la popolarità crescente e nessuno più si sognò di dire che era “Niggermusik bavarese” come aveva scritto sprezzantemente il giornale ufficiale del partito), è piaciuta a tutti dopo la guerra. Con il decisivo aiuto, prima dell’arrivo del cinema, delle incisioni discografiche, iniziate peraltro solo alla fine degli Anni Sessanta.

Che poi i Carmina Burana siano oggi davvero nel repertorio sinfonico-corale – almeno in Italia – non è facile dire. Una piccola tradizione esecutiva – fermo restando che il loro autore li considerava musica scenica da eseguire con apporto di “immagini magiche” – si sta affermando all’Arena, dove l’esecuzione in programma nel prossimo agosto sarà la quarta negli ultimi otto anni. Un po’ inopinatamente risponde alle proposte veronesi, in questo scorcio di inizio estate, la Fenice, che è andata sul sicuro, quanto a incomparabile scenografia monumentale (immagini magiche a tutti gli effetti), portando la Cantata di Orff per la prima volta in piazza San Marco. Uno sdoganamento definitivo, considerando che i concerti al cospetto della Basilica marciana sono comunque tutt’altro che frequenti e hanno programmi molto sorvegliati.

Sentita in Tv – diretta su Rai5 (ora su Raiplay) – un’esecuzione di apprezzabile qualità. Fabio Luisi ha diretto gli organici della Fenice in una lettura sorvegliata e per nulla propensa allo scontato delle perorazioni, delle accentuazioni, delle sottolineature retoriche che sempre insidiano la musica di vasta popolarità esecutiva. Così, il fraseggio è risultato ritmicamente tagliente e magniloquente dove serviva (nel celeberrimo coro iniziale-finale, nel grottesco delle scene in taverna), ma capace di attonite sottigliezze nelle molte pagine che sono fuori dai riflettori del consumo intensivo e che racchiudono non pochi dettagli rivelatori della complessità stilistica di Orff. Fra seduzioni sentimentali e divagazioni poetiche. Quadrata la prova dell’orchestra della Fenice e ottima quella del coro istruito da Alfonso Caiani, protagonista vocale principale in suddivisioni composite, che chiamano le sezioni a misurarsi da sole o in combinazioni diverse e in fraseggio multiforme. Equilibrata e nitida la partecipazione dei Piccoli Cantori Veneziani guidati da Diana D’Alessio. Il baritono Markus Werba ha guidato il terzetto dei solisti con sicurezza e una giusta impronta teatrale nella duttilità della linea di canto. Preciso e svettante il tenore Michael Schade nella breve quanto celebre pagina in cui il cigno finito sullo spiedo lamenta il suo triste destino; morbido e autorevole nelle pagine di impronta sentimentale il soprano Regula Mühlemann.

Vista in Tv, una vittoria a mani basse per il fascino delle immagini, fossero quelle raso-piazza del Correr o delle Procuratie, i primo piani di Luisi con le cupole di San Marco come unico sfondo, le strabilianti prospettive aeree, che spaziavano dalla piazza alla Laguna con la terraferma sullo sfondo, nei colori eccezionali di un tramonto con rare e scenografiche nubi in cielo. Quanto a queste riprese, vederle in Tv è stato uno spettacolo, ma non siamo in grado di dire quanto gli inevitabili droni abbiano interferito con l’ascolto di chi era sul posto. In Arena, l’anno scorso durante Cavalleria rusticana (riprese sempre della Rai) c’era stata una sollevazione del pubblico per il rumore di questi aggeggi volanti. Ma forse quest’estate la musica è cambiata…

Cesare Galla
(9 luglio 2022)

La locandina

Direttore  Fabio Luisi
Soprano Regula Mühlemann
Tenore Michael Schade
Baritono Markus Werba
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro  Alfonso Caiani
Piccoli Cantori Veneziani
Maestro del Coro  Diana D’Alessio
Programma:
Carl Orff
Carmina Burana

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