80ª Mostra del Cinema di Venezia 2023 – i film fuori concorso, le sorprese e le delusioni

L’80ª Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia ci ha dato la possibilità di assistere anche ad alcune delle pellicole fuori concorso che per la maggior parte si sono rivelate anche migliori di molti dei film che puntavano al Leone d’oro, e che si vedranno nelle sale durante il prossimo anno.

Ritroviamo Willem Dafoe, dopo il capolavoro Povere Creature! (titolo italiano del film vincitore del Leone d’oro di Yorgos Lanthimos) anche in Pet Shop Days, un queer drama diretto da Olmo Schnabel al suo quarto film, presentato a Venezia nella categoria Orizzonti Extra, nel quale, però, l’attore americano risulta meno convincente nel ruolo del padre fedifrago del protagonista, interpretato da Dario Yazbek Bernal (sì, è il fratello di Gael García Bernal), che invece è perfetto nella parte del ragazzo ribelle ed anarchico. Molto meno brioso il co-protagonista Jack Irv, mentre la spagnola Maribel Verdú splende, come sempre, recitando in modo naturale e credibile. Il film tutto sommato è un prodotto che funziona, nonostante molte inquadrature risultino un po’ troppo dark e confondano lo spettatore, specialmente nelle scene più movimentate.

Sempre in tema queer, ma molto diverso nel suo genere e struttura, è la commedia del regista greco Zacharias Mavroeidis To kalokairi tis Karmen (The Summer with Carmen), un film consapevole della sua semplicità, ma originale e ben strutturato. La storia raccontata non è quella della classica storia d’amore gay, non ci sono cow boys o studenti in collegio, anche se di amore si tratta: seguiamo il protagonista, lo statuario Yorgos Tsiantoulas, nei rapporti che ha con le persone intorno a sé, il suo ex, la sua famiglia, i suoi amanti, e soprattutto il suo migliore amico, interpretato da Andreas Lampropoulos. Presentato nella categoria Giornate degli Autori, The Summer with Carmen è piacevole e intelligente, e presenta la comunità gay in una veste diversa, sfatando credenze popolari e retrograde ed evitando di annoiare con l’ennesima sfilata di macchiette ozpetekiane.

Nel gruppo dei film Giornate degli Autori troviamo anche Melk, della regista olandese Stephanie Kolk, dramma che parte da un’idea originale ed interessante ma che purtroppo si perde in un ritmo troppo lento e piatto, il che, però, gioca a favore di un’ottima fotografia e scelte cromatiche azzeccatissime.

Intenso e sorprendente, invece, nella categoria Orizzonti, A cielo abierto dei registi Mariana e Santiago Arriaga, al loro primo lungometraggio, un road movie che parla di vendetta, crescita e redenzione, una storia drammatica e violenta ma anche ricca di ironia e tenerezza, nella quale spiccano le interpretazioni di un magistrale Julio César Cedillo e dei giovanissimi Theo Goldin e Federica García. Degne di nota le musiche di Ludovico Einaudi, soprattutto nell’inaspettato e commovente finale, scena che il compositore, durante il Q&A che ha seguito il film, ha detto di aver particolarmente apprezzato.

Sempre in Orizzonti trova il suo spazio anche Hollywoodgate di Ibrahim Nash’at, documentarista di origini egiziane, che dirige un film coraggioso che mostra un anno della vita di due funzionari Talebani. Il regista è riuscito ad ottenere il permesso, non senza rischi per la sua incolumità e ricevendo costantemente minacce di morte al primo passo falso, di riprendere i due leader nelle loro azioni di vita quotidiana, mentre occupano il complesso di Hollywood Gate, a Kabul, il giorno dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, scoprendo l’armamentario americano ed imparando a usarlo per i propri fini. Il film, nonostante la sua tematica, è scorrevole, alterna scene cupe di esplorazione degli accampamenti americani a momenti di intimità “esclusiva”; sembra quasi che i Talebani accolgano gentilmente lo spettatore nella loro vita, e nelle loro interazioni con le armi e i medicinali sono come dei bambini alle prese con dei giocattoli nuovi. Lunghi applausi per Nash’at, il quale appariva visibilmente commosso in sala.

Fuori Concorso abbiamo potuto vedere anche Hit Man di Richard Linklater, forse uno dei film più “commerciali” della Mostra del Cinema, adatto a qualsiasi tipo di pubblico, una commedia americana che ci invita a riflettere sull’importanza dell’identità e sul sapersi definire per come siamo davvero, ma anche sulla concezione di giusto e sbagliato. Il protagonista è un professore universitario di psicologia e filosofia, il classico bravo ragazzo, simpatico, un po’ nerd, poco appariscente (per niente credibile se interpretato da Glen Powell, che fa davvero fatica a sembrare poco attraente). Gary, banale anche nel nome, lavora in segreto per la polizia, vestendo i panni di uno spietato ed affascinante killer, per scovare i committenti degli omicidi e farli arrestare. Il film, ispirato da un articolo pubblicato sulla rivista Texas Monthly, comincia con la voce narrante del protagonista che espone chiaramente allo spettatore quella che è la sua vita, in modo ironico e scanzonato, sfiorando il genere del biopic, ma restando più sulla commedia, per diventare a tratti action e thriller. Leggero ma molto ben strutturato, Hit Man è un po’ una pecora nera alla Mostra del Cinema, fa divertire moltissimo il pubblico delle sale veneziane, rompe i silenzi riflessivi della critica e della stampa facendo risuonare la sala di risate fragorose, e regalando a Linklater lunghi applausi alla fine del film.

Day of the fight, diretto da Jack Huston, è presentato a Venezia nella categoria Orizzonti Extra. Visibilmente ispirato da pellicole precedenti (prima tra tutte Toro Scatenato di Martin Scorsese, ma anche il cortometraggio documentario di Stanley Kubrick, da cui prende il titolo), usa la tecnica del bianco e nero per narrare la storia del pugile Mikey (Michael C. Pitt, qui in un ruolo in cui si impegna ma che forse non gli calza alla perfezione), usando il colore solo in alcuni dettagli per intensificare l’emotività della scena. Il film è intenso e ben recitato, soprattutto nella scena tra il protagonista e Joe Pesci (che riesce ad essere straordinario senza pronunciare neanche una battuta), e si presenta come un prodotto ben fatto, di poche pretese, non vuole ostentare nulla ma nella sua modestia funziona bene e riesce ad emozionare.

Nota dolente (decisamente dolente), per Roman Polanski e il suo The Palace, produzione italo-svizzero-polacco-francese (chi più ne ha più ne metta), Fuori Concorso. Ne dobbiamo davvero parlare? Un regista straordinario che dirige un film inutile, brutto, scritto male, recitato peggio, i cui personaggi sono per nulla interessanti e approfonditi, e senza un vero finale. In un lussuoso albergo in Svizzera si svolgono i preparativi per la festa di capodanno del 2000, vengono accolti uno dopo l’altro i clienti, tra cui vediamo qualche volto noto (Fanny Ardant, Mickey Rourke, John Cleese) e si susseguono varie situazioni e gag alla Neri Parenti tristi ed antiquate. Se è questo tipo di prodotto che ormai Polanski riesce a darci tanto vale che sia The Palace il suo canto del cigno. Film da dimenticare.

Fortunatamente un’altra piacevole sorpresa arrivata dal pays du fromage, oltre a La Bête, è stata la pellicola francese Making of, di Cédric Kahn, tra i Fuori Concorso; una piccola perla, un film non pretenzioso e modesto, ma ben confezionato, che riprende la formula del “film nel film”. Un regista ormai non più ispirato è pronto ad arrendersi davanti alla produzione che vuole stravolgere il finale e quindi il messaggio che il suo film vuole trasmettere, mentre nel frattempo il suo borioso attore protagonista, uno straordinario Jonathan Cohen, causa non pochi problemi al cast e alla troupe. Per fortuna la vicenda avrà un risvolto inaspettato, e ci regalerà molte risate e momenti di riflessione. Cosa vogliamo veramente? Vale la pena correre rischi per essere liberi e realizzare i propri sogni?

Con Making of, un manifesto-omaggio al cinema, a chi lo fa e a chi lo guarda, chiudiamo la rassegna di alcuni dei film fuori concorso alla Mostra, sperando che questi piccoli capolavori arrivino anche nei cinema del nostro Paese. E che The Palace non abbia successo al botteghino, il che succederà sicuramente.

Michele Carmone

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