Alla Scala Hänsel und Gretel, la fiaba romantica.

Largo ai giovani dice qualcuno. Facile a dirsi, difficile a farsi in un paese come l’Italia dove se poco si investe, sicuramente quel poco non è destinato ai giovani. Per fortuna va nella direzione opposta il progetto di collaborazione in essere tra il Teatro alla Scala e l’omonima Accademia di Canto, volto a preparare i giovani artisti per il debutto sul celebre palco del Piermarini, con un titolo del grande repertorio, una volta l’anno.
Nel 2016 sono stati Adam Fischer e Peter Stein a costruire Die Zauberflöte con i giovani artisti. Quest’anno il direttore Marc Albrecht e il regista e direttore del Festival di Salisburgo Sven-Eric Bechtolf hanno lavorato a una nuova produzione dell’incantevole Hänsel und Gretel di Humperdink che alla Scala mancava da quasi sessant’anni.

Opera tanto poco rappresentata in Italia, quanto amata nei teatri di tutto il mondo, specialmente in quelli tedeschi, la fiaba musicale di Humperdinck si colloca in un momento preciso della produzione romantica tedesca. In pieno wagnerismo, il genere della fiaba musicale (Das Marchen) si sviluppa come reazione alla complessa struttura musicale ed estetica di Wagner, da un lato, e ai dogmi stilistici e filosofici dell’opera italiana e francese, dall’altro. In un terreno dove il sogno e il fantastico diventano un’esigenza degli artisti e del pubblico, il gioiello musicale di Humperdinck riprende un filone compositivo che affonda le sue radici in Schumann (Album fur die jugend) passando per Mendelssohn e Weber e che guarda al mondo dei piccoli, osservato e raccontato con gli occhi dei grandi.

La regia di Sven-Eric Bechtolf si focalizza proprio sul mondo incantato e fiabesco ricercato dall’autore, richiamando, a contrario, un presente disilluso e triste, per ricordare che il mondo dei piccoli può aiutare quello dei grandi, nella misura in cui si riconoscano gli errori commessi. I bambini sono circondati da desolati clochard con i loro carrelli vuoti, come in una qualsiasi serata metropolitana. Sullo sfondo, svettano imponenti grattacieli che rievocano la crisi del capitalismo moderno. Abbonda l’uso del cartone, simbolo della povertà e della fragilità moderne, di cui è fatta la casa dei bambini, così come lo scatolone in cui la strega trasforma i bambini in biscotti. Si inanella così il mondo dei piccoli in quello dei grandi, parallelamente quell’incrocio compositivo che caratterizzata Hänsel, in bilico tra un semplicità folkloristica, fatta di canti e melodie popolari, e un lessico compositivo più aulico, fatto di timbriche e armonie più erudite.
Le enormi scenografie di Julian Crouch sono appaganti nella loro semplicità, che non è mai rinunciataria. Predominano i temi del bosco, con colori caldi come il giallo, il verde e l’arancio nel registro fiabesco. Abbondano di contro le tinte fredde come il blu, l’azzurro e il nero nei registri cupi della notte, quando i due protagonisti sono alle prese con la strega e con i loro incubi. Bellissimi gli enormi uccelli bidimensionali che accompagnano i sogni dei ragazzi. O, ancora, la casa della strega, vero e proprio monumento disneyiano, un gigantesco carillon contraposto con la scarna dimora dei protagonisti.
Le video proiezioni di Joshua Higgason e le luci di Marco Filibeck corroborano l’atmosfera vaporosa che caratterizza l’allestimento, come quando alla fine del quadro secondo, i quattordici angeli evocati dalla preghiera della sera scendono da una nube luminosa e poi volano via.

Il buon esito della serata è dovuto in gran parte alla bacchetta di Marc Albrecht che ha saputo raccontare la fiaba musicale con la stessa assertività con cui un padre racconta una favola della buona notte ai propri figli. Le dinamiche, i colori, gli attacchi, sono sapientemente dosati in funzione del registro che la fiaba, di volta in volta, esige. La fluidità del racconto musicale non si estrinseca solo in tinte tenui e atmosfere soffuse, ma in momenti musicali di disperata concitazione.
I cantanti sono omogenei per contributo vocale e apporto scenico. Tra il cast spicca la Gretel di Francesca Manzo, che dispone di uno strumento impeccabilmente impostato, sempre a fuoco nell’intonazione e nella proiezione del suono. Anna Doris Capitelli ha gestito il ruolo con perizia d dinamismo. E così il resto del cast, composto da Gustavo Castillo nella parte di Peter e da Chiara Isotton nel ruolo della madre Gertrud. Bene Enkeleda Kamani nel Mago Sabbiolino, personaggio che incarna la dimensione fantastica vera e propria. Bene anche Céline Mellon nel ruolo dell’Omino della Rugiada. Entrambe riescono a sottrarre la dovuta fisicità a questi personaggi lunari, per rappresentarli nella loro semplice cornice eterea.  Efficace la strega di Mareike Jankowski che pur avvinta dall’ingombrante costume, è a proprio agio nella resa del personaggio. Il colore della voce, adeguatamente distorto, è funzionale alla delineazione del ruolo sicuramente malefico, ma deve anche far sorridere.

Due ore di buona musica, con un ensemble vocale e orchestrale in stato di grazia. Un’ulteriore prova che le giovani voci ci sono.

Pietro Gandetto

(Milano, 6 settembre 2017)

La locandina

Hänsel Anna Doris Capitelli
Gretel Francesca Manzo
Peter (Il padre) Gustavo Castillo
Gertrud (La madre) Chiara Isotton
Knusperhexe Mareike Jankowski
Taumännchen Céline Mellon
Sandmännchen Enkeleda Kamani
Direttore  Marc Albrecht
Regia  Sven-Eric Bechtolf
Scene  Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Marco Filibeck
Video Designer JoshuaHiggason
Coro di Voci Bianche e Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala

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