Venezia: i Lombardi conquistano il kebab

Pare impossibile che i Lombardi alla prima crociata stiano, nella cronologia verdiana tra due capolavori come il Nabucco – tagliato con l’accetta ma potente dal punto di vista drammaturgico – che li precede ed Ernani a loro di poco successivo.

L’astuto Merelli cercò di sfruttare al massimo l’onda lunga del successo del Nabucco, andato in scena nel febbraio del 1843, proponendo al giovane Verdi un altro soggetto “risorgimentale” tratto da un poema epico in quindici canti di Tommaso Grossi cui pose mano – squadra che vince non si cambia – da Temistocle Solera che non era propriamente il più raffinato tra i librettisti dell’epoca.

Ne sortisce un’opera di solido mestiere, con momenti alti – basti pensare al quintetto del primo atto o all’Introduzione del terzo atto con l’assolo di violino di impronta paganiniana – ma sgangherata parecchio per quanto attiene allo svolgimento delle vicende, troppo spesso incongruo e capace di avvilupparsi su stesso in più di un’occasione, il tutto tra cori e marce, inni e anatemi.

Difficile dunque metterla in scena in maniera credibile tanto che una sua esecuzione in forma di concerto non sarebbe poi ipotesi così peregrina.

Ci prova Valentino Villa riportando i Lombardi alla Fenice dopo 178 anni – nell’edizione critica,qui in prima assoluta, curata da David R.B. Kimbell – mancando sostanzialmente l’occasione.
L’idea di trasformare i crociati in una setta fanatica, con donne guerriere, mitra e pistole che agisce ai giorni nostri all’interno di un tessuto urbano fatto di cemento grigio e opprimente – le scene complesse sono di Massimo Checchetto – che aprendosi a tratti richiama ossessivamente la Croce sostanzialmente non funziona anche per via di una recitazione del tutto “tradizionale” che stride di fatto con quella che sarebbe la sua idea di fondo.

Il Leitmotiv qui è la rivalità fra Pagano e Arvino,visti come Caino e Abele,  che Villa mostra in varie tappe dalla loro vita, dall’infanzia all’adolescenza fino a propinarceli nella succitata Introduzione del terzo atto in versione “Helmut Newton” affidata a due danzatori palestrati e in slip bianco – perché, si sa, in palcoscenico “una coppia di manzi tira più di una di buoi” – che si corteggiano fino a che uno dei due non uccide l’altro.

Alla fine la conquista di Gerusalemme si riduce, in chiave post-moderna, nella distruzione di un chiosco di kebab e la conseguente uccisione del povero gestore, con tanto di striscione “Deus vult”; accipicchia che trovata!

Brutti i costumi minimalisti di Elena Cicorella, con le donne-crociato che paiono infermiere cattive, mentre ancora una volta suggestivo il disegno di luci di Fabio Barettin.

Sebastiano Rolli, bacchetta solida, è protagonista – insieme ad un’orchestra sostanzialmente corretta – di una lettura quadrata, condivisibile negli slanci ritmici ma poco propensa allo scavo agogico. Tutto si tiene, ma con poco entusiasmo.

Nella compagnia di canto si distinguono su tutti il Pagano fremente di Michele Pertusi, ancora una volta interprete ideale del canto verdiano e Antonio Corianò capace di dare voce e corpo ad un Arvino ben sfaccettato e dalla linea di canto impeccabile.

Molto bene fa anche Antonio Poli, capace di conferire ad Oronte dignità e slancio attraverso un fraseggio di bella morbidezza e un encomiabile controllo dei fiati.

Roberta Mantegna canta bene, al netto di qualche forzatura in acuto, ma la sua Giselda è monocorde e priva dell’impeto che dovrebbe caratterizzare il personaggio.

Brava Roberta Mappa, Viclinda che ricompare fantasma sull’aria di Giselda con tanto di bouquet di gigli rosso-martirio, e Mattia Denti, Pirro autorevole.

A completare onorevolmente il cast Adolfo Corrado (Acciano), Christian Collia (un Priore della citta di Milano) e Barbara Massaro (Sofia).
Convincente la prova del coro, ancora con mascherina, diretto da Alfonso Caiani.

Applausi cortesi per tutti.

Alessandro Cammarano
(1º aprile 2022)

La locandina

Direttore Sebastiano Rolli
Regia Valentino Villa
Scene Massimo Checchetto
Costumi Elena Cicorella
Light designer Fabio Barettin
Movimenti coreografici Marco Angelilli
Personaggi e interpreti:
Arvino Antonio Corianò
Pagano Michele Pertusi
Viclinda Marianna Mappa
Giselda Roberta Mantegna
Pirro Mattia Denti
Un priore della città di Milano Christian Collia
Acciano Adolfo Corrado
Oronte Antonio Poli
Sofia Barbara Massaro
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del coro Alfonso Caiani

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