Firenze: Gatti incornicia un concerto da Maggio

Dopo il grande e meritato successo, il 13 aprile, del concerto inaugurale di questo 86º Maggio Musicale Fiorentino, il 5 maggio scorso il direttore principale, Daniele Gatti, è tornato alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio per un altro appuntamento sinfonico corale. In programma due partiture “da Maggio”, perché in questo Festival prestigioso, che nacque nel 1933, si sono sempre privilegiate partiture nuove o commissionate o non facilmente ascoltabili nei cartelloni delle stagioni dei teatri.

Primo brano il Magnificat per soprano leggero, coro e orchestra di Goffredo Petrassi, composto fra il 1939 e il 1940 dal longevo compositore romano, classe 1904, che ha dunque assorbito nel suo stile le suggestioni di grandi autori neoclassici come Stravinsky, ma che ha partecipato anche alla corrente compositiva italiana che voleva ridare dignità e fasto alla musica strumentale, da tempo obnubilata dal melodramma. È stato scritto che il Magnificat è una composizione che – insieme al Salmo IX che lo precede di qualche anno – nasce dall’esigenza di Petrassi di affrancarsi dall’esperienza di “puer cantor” che aveva fatto da bambino e fino alla muta della voce. Ma, sinceramente, all’ascolto dell’esecuzione del 5 maggio diretta da Gatti, l’impressione è che quell’esperienza sia invece stata arricchita, ampliata e sia stata fonte preziosa per questo brano. Diventa quasi una sacra rappresentazione in musica quell’alternarsi del coro misto con la solista – l’ottima Monica Bellocci -, soprano leggero scelto non a caso, perché vocalità che restituisce la voce di Maria Vergine, eterea fanciulla che rende grazie per essere stata prescelta e accetta il messaggio dell’Annunciazione: solo un timbro cristallino come quello di un soprano leggero poteva rendere così bene la drammatizzazione del personaggio della Madonna. Gatti ha esaltato il dialogo, anzi la conversazione a tre, fra coro, solista e orchestra, con un fraseggio bellissimo, e con una sapiente resa drammaturgica dei ruoli (il coro che canta la potenza di Dio e il soprano che con umiltà ne esalta la benevolenza).  Puliti sono gli echi dei modelli a cui Petrassi ha guardato (come i musicisti a lui contemporanei), ovvero Stravinsky, ma anche Palestrina e l’esecuzione li ha messi in luce ottimamente. Inutile dire quanto il coro sia stato eccellente, in particolare – per voler citare un momento fra i tanti, anzi tutti, della capacità tecnica e interpretativa di questa compagine – nella fuga al versetto “Sicut locutus est” che conduce al Gloria e verso il finale, affidato al pianissimo del soprano, che, come abbiamo già detto, ha offerto un’ottima prestazione per la vocalità e, aggiungiamo, per la intensità espressiva.

La seconda parte del concerto è stata dedicata alla Sinfonia n. 10 in mi minore op. 93 di Dmitrij Šostakovič, il suo brano di “rinascita” dagli anni in cui aveva dovuto sottostare ai dettami anche compositivi del regime di Stalin.

La sinfonia, infatti, fu da lui composta nel 1953 subito dopo la morte di Stalin e in ogni movimento fa percepire il “risveglio” della libertà e dell’autonomia compositiva che finalmente l’autore poteva permettersi, fino al punto di inserirsi nelle note stesse della partitura con il “tenor cavato” costituito dalle note della scrittura musicale anglosassone corrispondenti a D.Sch. (abbreviazione del suo nome e cognome e corrispondenti alle note re-mi bemolle- do – si).

La lettura di Gatti ha illustrato tutto questo: fraseggio e dinamiche che facevano percepire il continuo alternarsi di distensione e tensione del primo movimento, lungo, dal tono disperato (con echi di suggestioni mahleriane ben rielaborate dalla scrittura di Šostakovič) , che riflette lo stato d’animo di una Russia prostrata dall’incubo di Stalin e che ora può risorgere. Il secondo movimento, contrastante con il primo soprattutto per il ritmo, evidenzia la pericolosità di Stalin, attraverso una descrizione che sonoramente impiega le tante percussioni, ma anche gli ottoni e i legni in maniera massiccia: bravissimi i membri di questa orchestra che ha avuto un ricambio generazionale notevole, con effetto assolutamente positivo. E poi via con il terzo movimento, quello in cui c’è il “tenor cavato” che è la voce di Šostakovič stesso, reiterato e reiterato ancora, e che conduce al movimento finale, un vero trionfo, soprattutto della musica. E Gatti lo ha trasmesso al foltissimo pubblico del teatro, che si è potuto beare di questa esecuzione intensa e motivante perché il direttore è un intelligente e preparato musicista, ma, va detto, ha dalla sua una compagine ottima e con la quale si percepisce un afflato non scontato. Come lo aveva poco prima mostrato il Coro, in simbiosi con il suo direttore Lorenzo Fratini.

Donatella Righini
(5 maggio 2024)

La locandina

Direttore Daniele Gatti
Soprano Monica Bellocci
Orchestra e coro del Maggio 
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Programma:
Goffredo Petrassi
Magnificat per soprano leggero, coro e orchestra
Dmitrij Šostakovič
Sinfonia n. 10 in mi minore op. 93

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