Firenze: le architetture sonore del Don Pasquale

L’opera in musica è lo spettacolo più completo e complesso da allestire. Richiede la coesione di orchestra, coro, cantanti, direttore di coro e direttore d’orchestra, costumi, scene, luci, regia. Per non parlare di tante forze dietro le quinte: dai maestri collaboratori, dal trucco e parrucco, ai tecnici, ai collaboratori dei costumisti, al suggeritore…insomma un genere musicale che per risultare perfetto richiede molte energie e sinergie.

Il Don Pasquale che il Teatro del Maggio ha in cartellone in questi giorni ci è riuscito. Partitura definita dalla storia del melodramma come ultima opera buffa, che contiene personaggi da commedia dell’arte e spunti musicali di cifra rossiniana, ma amalgamati in una architettura sonora in cui Donizetti sfuma il buffo verso toni più amari, fa riflettere su come dietro al sorriso ci possa essere qualcosa di serio.

Daniele Gatti, guida musicale di questo allestimento, ha saputo restituire proprio questo e ci è riuscito magnificamente, grazie al cast e alle compagini del Teatro del Maggio che aveva a disposizione.

Un’orchestra di prim’ordine, che definire in grande spolvero è riduttivo, nella quale ogni elemento può essere un solista.

Già dall’Ouverture se ne è avuta dimostrazione, ma non possiamo non ricordare velocemente la meravigliosa tromba di Claudio Quintavalla nel preludio del secondo atto, che introduce lo sconforto di Ernesto. Lirismo, malinconia, sorriso e risata: Gatti ci fa sentire tutto, anche nei concertati di fine atto ed è riuscito a mantenere i tempi in “equilibrio” perfetto anche nei momenti in cui le voci – nell’allestimento, sempre magnifico, inarrivabile, del compianto Jonathan Miller, ripreso da Stefania Grazioli – non sempre erano in posizione e condizione acusticamente ottimale. Ottimo il cast, a partire da Sara Blanch, che ha confermato e rafforzato l’immagine assai positiva delle sue presenze fiorentine e che in questo ruolo ha dato una prova davvero magnifica. Anche Markus Werba, eccellente Dottor Malatesta, ha ribadito l’apprezzamento già riscosso presso il pubblico fiorentino con le sue precedenti apparizioni.

Molto bravo anche il tenore Yijie Shi, un Ernesto dal timbro morbido e cristallino, e, last but not least, Marco Filippo Romano, baritono buffo di prim’ordine, specialmente nell’interpretazione piena di sfumature (e di passaggi di gran tecnica, come i sillabati) che caratterizza il suo personaggio.

Un plauso anche al Notaio, Oronzo D’Urso, brillante promessa dell’Accademia del Maggio, dalla quale sono stati scelti i “doppi” delle recite del 23 marzo: Nicoletta Hertsak (Norina), Matteo Mancini (Malatesta) e Lorenzo Martelli (Ernesto).

Il Coro, eccellente, diretto dall’altrettanto ottimo Lorenzo Fratini: non solo cantanti, ma anche attori sopraffini, se si pensa a quanto hanno contribuito come mimi nella prima parte, quando la casa di bambole che costituisce l’allestimento di Miller mostrava i vari piani in cui si svolge la storia e al cui pianterreno la servitù (tre coristi, appunto), assitono a tutti agli avvenimenti in silenzio, continuando a svolgere ognuno le proprie mansioni.

Nella seconda parte il Coro ha anche fatto apprezzare Valeriia MatrosovaMassimiliano Esposito,Carlo Cigni come solisti.

Miller, grande, grandissimo, è stato omaggiato da questa ripresa, in cui – come nel 2001 e nel 2011 – i costumi sono stati affidati a Isabella Bywater e Jvan Morandi.  Le luci a Emanuele Agliati.

Per Gatti era il debutto con la partitura donizettiana. Meglio di così non si poteva sperare. E il pubblico, folto e calorosissimo, lo ha dimostrato.

Donatella Righini
(15 marzo 2024)

La locandina

Direttore Daniele Gatti
Regia Jonathan Miller
Regia ripresa da Stefania Grazioli
Scene e costumi Isabella Bywater
Luci Jvan Morandi
Luci realizzate da Emanuele Agliati
Personaggi e interpreti:
Don Pasquale Marco Filippo Romano
Dottor Malatesta Markus Werba
Ernesto Yijie Shi
Norina Sara Blanch
Un notaro Oronzo D’Urso
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

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