Klaus Manfrini: attrarre pubblico nuovo conservando quello tradizionale

Il 2 novembre prossimo – dopo i succosi tre giorni di “Preludio” fra concerti e incontri ai primi di ottobre – l’Associazione Filarmonica di Rovereto inaugurerà la Stagione sinfonica numero 101 con un concerto che vedrà protagonista Giuseppe Gibboni.
Ottima occasione per fare due chiacchiere con Klaus Manfrini, violista di rango, che dal 2017 della Filarmonica è Direttore Artistico, su ripartenza, programmi e nuovo pubblico.

  • Come si riparte a piena forza dopo due anni di programmazioni sospese o frammentarie?

Si riparte in maniera leggera, cercando di non spaventare nessuno, perché in effetti, come tutti i riti molto radicati, un po’ spaventa. Quando nel 2017 ho assunto la direzione artistica ho avuto anche degli scontri con vecchi consiglieri, in particolare con la allora segretaria dell’associazione che mi diceva «Tu vuoi spiegare troppo, non si può, perché quelli che vengono ai concerti sanno già.». In effetti c’è chi sa e cerco di non offenderli, ma la maggioranza, vale a dire quelli che io voglio ai concerti, non sa nulla. Ai miei allievi faccio sempre un esempio: andate a sentire una serata di poesie persiane, che sono tra le più belle mai scritte, dette in lingua originale. Dopo trenta secondi pensi «E adesso?». Vale lo stesso per la musica classica; a mio figlio che ha dodici anni ed è cresciuto a pane e musica classica non hai bisogno di spiegare. Magari non conosce termini come Primo e Secondo Tema, ma percepisce le variazioni nella melodia, diventa un gioco di botta e risposta. Il problema si pone per chi arriva a diciott’anni senza mai aver ascoltato nulla all’infuori del repertorio cosiddetto “leggero”: bisogna essere accattivanti, smettendo di pensare che la musica basti a se stessa.

  • Il Trentino, come l’Alto Adige, è, musicalmente parlando, un’isola felice.

Certamente sì, pero la situazione è un po’ al limite: grazie all’ombrello protettore della Provincia Autonoma che negli anni ha finanziato le attività musicali, mi si passi il termine, senza fare troppe discussioni abbiamo lasciato andare la situazione dicendo «Noi promuoviamo la musica classica. Non abbiamo mica bisogno di andarci a prendere il pubblico» e questo ha aggravato la situazione.

Avevo letto che il Concertgebouw, che è in un altro universo, già nei primi anni Novanta, avendo notato che non si facevano più i sold out di un tempo ha drizzato le antenne e hanno cominciato a proporre circa sessanta eventi al mese presentati in forme rinnovate; ricordo un concerto del Pomo d’Oro abbinato a proiezioni digitali nella sala principale, per fare un esempio.

  • E dunque?

Dunque dobbiamo prendere atto che noi siamo parecchio indietro sotto molti punti di vista e, con umiltà, recuperare. Personalmente credo molto nella didattica dell’ascolto; è quello che facciamo per le scuole. L’anno scorso non si potevano portare i ragazzi a teatro – in epoca pre-Covid eravamo arrivati a 1200 presenze – e dunque siamo andati con un quartetto nelle singole classi costruendo percorsi didattici nuovi. Qui poi la musica alle elementari è caduta nel calderone della “Lingua veicolare”, il che dà accesso all’insegnamento della musica ai docenti di lingue che non hanno dunque conoscenze specifiche.

  • Mi pare di capire che si lavori sulle proposte.

Esattamente, le proposte di repertorio devono essere varie perché vogliamo raggiungere un pubblico vario senza naturalmente, e questo è l’equilibrismo da compiere, quello storico e preparato. Bisogna suscitare la curiosità, la voglia di confronto e di scoprire.

  • I nuovi strumenti di ascolto, pensiamo a Spotify o AppleMusic, aiutano o inibiscono la fruizione della musica?

Aiutano sicuramente, però si sono evoluti più rapidamente dell’ascoltatore, bisogna sapere come usarli. Personalmente trovo meraviglioso che mentre ascolto un quartetto dal vivo posso, in tempo reale, cercare e trovare la partitura. Se non li si “domina” diventano strumento fini a se stessi.

  • Quanto è importante la comunicazione?

Posto che, come si diceva prima, la programmazione deve essere varia e accattivante allo stesso tempo la comunicazione è diventata fondamentale. Si può fare la cosa più bella del mondo, ma se non lo sa nessuno e se non invogli allora è inutile. Bisogna comunque stare attenti a non trasformare la promozione in imbonimento, il confine è sottile.

Alessandro Cammarano

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