Macerata: Cinecit-Tosca

Dopo tre anni dal suo annuncio nel Cartellone del MOF (era previsto inizialmente per l’Edizione #biancocoraggio 2020, sempre per la Regia di Valentina Carrasco), “Tosca” di Giacomo Puccini ha trovato finalmente realizzazione nella cinquantottesima Edizione a partire da venerdì 22 luglio 2022 (data cui le considerazioni che seguono si riferiscono). Se è meritorio per il MOF che questa Produzione sia stata portata a compimento, altrettanto la scelta e la conduzione dell’Allestimento pongono alcuni problemi di fruizione sana e concreta dell’Opera stessa a seguito dell’approccio scelto dalla Regia che, interessante nelle intenzioni, si è rivelato alquanto distrattivo e poco orientato alla vicenda musicale, in quanto troppo spesso impegnato a tirar fuori connotazioni psico-sociali non in linea con la drammaturgia (sia musicale che testuale). Questo il punto dolens, ancor più se si considera che il livello musicale dei protagonisti in campo è risultato di alto profilo (a cominciare dalla profondità della concezione di scavo musicale di Donato Renzetti, seguendo poi con una Compagnia di Canto che avrebbe richiesto di essere valorizzata e non mortificata da azioni metateatrali assolutamente non necessarie e fuorvianti).

L’azione è presentata in una ipotetica Cinecittà degli Anni d’oro (o forse altrove, visto che gli elementi sparsi e mal illuminati nelle estremità del lunghissimo palco maceratese confondevano più che spiegare), dove il Barone Scarpia è divenuto Produttore cinematografico, Tosca una Prima donna “Coca-cola” prima maniera e Cavaradossi un non si sa ben cosa (per gli altri Scena si può mettere serenamente in stand-by il pensiero, a cominciare da figuranti non sense Batman et similia – uniti a soggetti che non si sa bene perché al principio passino il tempo a truccarsi – siamo sì in un centro di produzione cinematografica ma forse si sarebbe meglio avvicinato il Pubblico all’Opera se ci si fosse concentrati sull’elemento prescritto della “azione pittorica” piuttosto che sul “pittarsi” di soggetti di cui non si comprende la natura). In tutto questo il filo conduttore è rappresentato da un continuo alternarsi di supposta realtà – dato da proiezioni filmiche di Processi Hollywoodiani in bianco e nero (presunta realtà dei fatti) – in opposizione ad azioni realizzate dal vero in secondo piano (presunta finzione dei fatti) – come la registrazione di una scena filmica rappresentante una ideale cena di epoca Toschiana durante la quale l’Artista Floria getta letteralmente in faccia alla padrona di casa il contenuto di un calice (assurdità nell’assurdo). Se è vero (citando le Note della Sign.ra Carrasco) che:“[…] Puccini anticipa il cinema […] in senso drammaturgico […]”, e se potrebbe altrettanto essere vero che “[…] il Festival non si aspettasse una Tosca tradizionale, e certo non sarebbe in quel contesto che io potrei dare il meglio di me […]”; sicuramente “[…] Si trattava invece di trovare una via di raccontarla restando fedele allo spirito, ma al contempo facendo una cosa diversa, una cosa che non si limita a piacere al pubblico, ma che lo avvicini […]” proprio “[…] Perché Tosca […] parla di noi”. Ahinoi, spiace dire che un Allestimento di questo genere non soltanto allontana dalla fruizione del Prodotto “Opera” ma che lo fa nel modo più erroneo e, cioè, sostituendo nel piano dell’importanza gli elementi primari del genere (Parola e Musica) con quelli che devono risultare dei consequenziali smuovitori di Coscienze (rimandi alla Vita quotidiana attraverso “presa diretta” o “fatti storici altri”).

Porre la questione del reale in opposizione alla finzione di quanto sviscerato dalla Drammaturgia può essere senz’altro una chiave di lettura interessante; farlo attraverso una dimensione cinematografica pure. Realizzarlo così, invece, sa di tutto e niente; questo perché, a pochi momenti di eccellenza registica (Finale Atto II, da manuale), si susseguono incessanti una serie di errori gravi e grossolani (come l’inserimento di elementi terzi quali proiezioni della supposta realtà assieme ad azioni sceniche altre, il tutto in corrispondenza di momenti topici del Libretto e della Musica con conseguente effetto distrattivo del pubblico verso quanto agito dai cantanti e con conseguente svilimento della prova interpretativa delle stesse voci). Tutto questo ben ha coinciso con delle Luci in alcuni momenti pessime (Peter van Praet), dei Costumi adeguati (Silvia Aymonino) e delle Scene che si fa fatica a ricordare (Samal Blak).

Un’idea personale è più che lecito, così come averne una che sia ai limiti del gestibile: realizzare con compiutezza generale la stessa servendo l’Opera e non la “idea dell’Opera” è obbligatorio e qui, senza dubbio, ciò non è avvenuto.

La ragione del nostro convinto fastidio percettivo non è frutto di una preclusione concettuale, anzi! La ragione risiede nella grande possibilità musicale che abbiamo sentita tradita e impossibilitata ad esprimersi nella sua forma migliore. Il Maestro Donato Renzetti, nuovo Direttore Musicale del MOF, ha offerto infatti una Lezione di Stile memorabile. Non si può che essere perfettamente in accordo con una gestione dell’Orchestra che punta allo scavo profondo e alla rilevazione puntuale di ogni linea strumentale e di ogni impasto sonoro: ciò è la base per poter davvero realizzare questo Repertorio che, come noto, chiede alle voci di farsi strumento e pretende che gli equilibri in buca siano gestiti in modo centellinato sotto tutti i profili. Renzetti lo sa fare benissimo e, confidando che la FORM possa proseguire nel tempo il percorso di miglioramento qualitativo che negli ultimi tempi ha intrapreso, siamo certi che ci sarà sempre di meglio da ascoltare allo Sferisterio.

Il Ruolo di Floria Tosca è stato affidato a Carmen Giannattasio che, nonostante tutti i distrattori messi in campo di cui sopra, è semplicemente e propriamente stata Tosca stessa. Riferendoci a quanto specifica poco prima per il discorso della Direzione Musicale, bisogna specificare che il modo di sostenere il Ruolo della Giannattasio è davvero quello corretto: voce dalla condotta impeccabile, interpretazione riportante ogni dettaglio presente in Partitura, stile del movimento scenico elegante e con uso della gestualità delle mani unita allo sguardo in connubio perfetto. Questo è e, se vi pare, appuntate questa prova di gran valore e, sempre se vi pare, cominciate ad abbandonare la concezione maturata negli ultimi lustri a causa di influenze estere, specialmente russofone, rispetto a versioni di Floria ormai sempre più straboccanti, urlanti e totalmente fuori Stile. Mario Cavaradossi è stato Antonio Poli che ha costruito la recita passo dopo passo, trovando, momento dopo momento, la capacità di portare in fondo la Prima con dignità di interprete e, non di meno, con la resistenza alle sollecitazioni indirette impostegli dall’azione sceniche (forse lui è stato il più penalizzato) che, finanche al momento della “fucilazione”, non hanno cessato l’effetto di offuscarne la presenza. Il Barone Scarpia era Claudio Sgura che meno degli altri è stato inficiato dalla condizione scenica: anche qui prova perfettamente risolta e condotta. Eleganza, parola e pathos si sono uniti nell’interprete quale bel riferimento per il Ruolo. Vista l’ottima prova, non si può non citare il Cesare Angelotti di Alessandro Abis che ha offerto voce ampia e sempre ben proiettata ad un colore che, anno dopo anno, promette riuscite di primo piano. Scenicamente impeccabile il Pastorello della piccola Sofia Cippitelli assieme ai Pueri Cantores istruiti da Gian Luca Paolucci.

Tosca è senza dubbio un capolavoro e, rimandando ad un Soggetto storico, meriterebbe una considerazione completa da parte di chi se ne occupa. Ciò per la Musica è avvenuto, tutto il resto può essere pacificamente dimenticato.

Antonio Cesare Smaldone
(22 luglio 2022)

La locandina

Direttore Donato Renzetti
Regista Valentina Carrasco
Scene Samal Blak
Costumi Silvia Aymonino
Luci Peter van Praet
Personaggi e interpreti:
Floria Tosca Carmen Giannattasio
Mario Cavaradossi Antonio Poli
Il Barone Scarpia Claudio Sgura
Cesare Angelotti Alessandro Abis
Un Sagrestano Armando Gabba
Spoletta Saverio Fiore
Sciarrone Gianni Paci
Un Carceriere Franco Di Girolamo
Un Pastorello Sofia Cippitelli
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Pueri Cantores “D. Zamberletti”
Maestro del coro Gianluca Paolucci

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti