Madrid: Juan José è proletario e non folcloristico

Quando il dramma diventa popolare, è popolare sentirsi parte di quel sentimento.

La forza scenica dell’insieme conferisce a questa produzione un’estrema unicità. Gli elementi lirici per eccellenza si uniscono alle sfumature che identificano il genere della Zarzuela così che durante i tre atti lo spettatore vive ogni emozione come se fosse la propria.

La regia firmata da José Carlos Plaza ha il suo marchio inconfondibile. Utilizzare lo spazio in modo che ciascuno degli artisti non solo abbia stabilmente il suo posto sulle tavole, ma che quel posto abbia un sigillo di notorietà e, soprattutto, di una propria identità. L’espediente scenico che Paco Leal ci propone è qualcosa di assolutamente geniale. Dotato di una struttura sottigliezza e allo stesso tempo ruvida, non solo inquadra l’azione, ma le fornisce anche un concetto accurato, la scenografia, lo sfondo di tutto ciò che è e non è. Sono spazi suggeriti che a volte possono essere definitivi ma non sono statici. Sono eloquenti, ma non sono lineari.

Ogni spazio è integrato dalla presenza umana che contiene, ogni parte della Taverna, della Soffitta, della prigione o della casa dove avviene il delitto sono dotate di un elemento basilare di movimento che gli artisti forniscono e che va ben oltre l’individuazione di un luogo Lo idealizza perché lo esalta e non invano, Leal firma l’illuminazione anche perché rende l’atmosfera sublime.

L’armadio è un discorso a parte, perché in mezzo ad un’assenza di colore caratterizzata dal grigio o dal bianco, è la presenza femminile l’unica che fornisce il rosso provocatorio a alterare tutto e anche gli uomini hanno una loro identità in termini di colori e texture. Senza dubbio Pedro Moreno ha fatto un ottimo lavoro con i costumi.

E ovviamente c’è un elemento accattivante e assolutamente magistrale che è la musica presente in Juan José. La creazione di Pablo Sorozábal ha la particolarità di riempire tutto. La musica diventa parte dell’emozione e non solo dell’azione.

La creazione musicale affascina perché ti cattura fin dai primi accordi. Rappresenta una sfida per le voci in scena e diventa una vera occasione per brillare per gli archi dell’Orchestra della Comunità di Madrid, Titolare del Teatro de La Zarzuela, che in questa occasione è stata meravigliosamente diretta da Miguel Ángel Gómez Martínez . Ogni strumento brilla, perché la partitura è fatta per lui. Ed è, senza dubbio, l’elemento che governa lo sviluppo del dramma perché il “ritmo” dell’opera, andando oltre ciò che la musica determina, è da essa sostenuto, non c’è tregua alle emozioni o ai sentimenti perché il clima non declina mai. Senza dubbio, le forme che la Zarzuela suggerisce con quel discorso a volte colloquiale, ma sempre vicino, fanno sintonizzare completamente l’orecchio quando si parla di voci. E la qualità vocale che è stata messa davanti al pubblico è davvero notevole. Il lavoro del soprano Carmen Solís nel ruolo di Rosa è brillante. La sua qualità vocale e la sua sensibilità rendono questo personaggio non solo sincero ma anche molto empatico. È chiaro che la dose di verità di Luis Cansino, come Juan José, è altrettanto clamorosa quanto lo è il suo apparato vocale e la meraviglia della sua esecuzione che supera solo di pochissimo Francesco Pío Galasso con il suo Paco. Senza ogni intenzione di stabilire paragoni è semplicemente un effetto del suono e della proiezione, molto probabilmente un prodotto dell’azione drammatica. Inoltre, non possiamo non evidenziare il lavoro del soprano Alba Chantar o del mezzo Belén Rodríguez Mora. Le voci sono il baluardo più importante della produzione e per questo meritano l’applauso che il pubblico tributa loro alla fine.

Un intenso dramma popolare che, come dice il programma, è “proletario e non folcloristico”. Con un innegabile tocco sinistro che riconduce alla tragedia composta nel 1968 e presentata in prima assoluta proprio al Teatro de la Zarzuela nel 2016. Ecco perché fa parte di questa casa ed è così che si sente in ogni minuto della sua vita. tre atti che si svolgono si sviluppano comodamente in questo scenario. Dai bassifondi di una Madrid imprevedibile nasce questo accumulo di pessimismo che non denota mai l’amore, anche se si potrebbe dire che riguarda la lotta del romanticismo nella sua versione più cruda. Passione e gelosia fanno a gara per riempire tutto, o meglio, spruzzare tutto. Questo è un amore che non sa leggere e che non sa scrivere ma che lascia l’impronta della sua grafia magari con il sangue. Perché tutto è valido. L’amore e il diritto alla vita competono e nessuno dei due ne esce vincitore né continua, questo è Juan José.

Ricardo Ladrón de Guevara R.
(7 marzo 2024)

Originale spagnolo

Cuando el drama se hace popular,

es popular sentirse parte de ese sentimiento.

La fuerza escénica que el conjunto tiene, dota de una singularidad extrema a este montaje. Se conjugan los elementos líricos por excelencia con los matices que identifican al género de la Zarzuela para que durante los tres actos el espectador viva cada emoción como si fuera suya.

La dirección de escena que firma José Carlos Plaza tiene su inconfundible sello. Utiliza el espacio para que cada uno de los artistas no solo tenga permanentemente su lugar sobre las tablas, sino que ese lugar tenga un sello de notoriedad y por sobre todo lo demás de identidad propia. El dispositivo escénico que Paco Leal pone delante de nosotros es algo absolutamente genial. Dotado de una sutileza y a la vez ruda estructura, no solamente enmarca la acción, sino que la dota de un concepto certero, la escenografía, el fondo de todo es y no es. Son espacios sugeridos que a momentos pueden ser definitorios pero que no son estáticos. Son elocuentes, pero no son lineales. Cada espacio está integrado por la presencia humana que contiene, cada parte de la Taberna, La Buhardilla, la cárcel o la casa donde ocurre el crimen están dotados de un elemento básico de movimiento que aportan los artistas y que mucho más allá de señalar un lugar lo idealiza porque lo engrandece y no en vano, Leal firma la iluminación también porque es que logra con ella que la atmósfera sea sublime.

Punto a parte tiene el vestuario, pues en medio de una ausencia de color caracterizada por el gris o el blanco, es la presencia femenina la única que aporta el desafiante rojo para alterarlo todo y los hombres también tienen una identidad propia a nivel de colores y texturas. Sin duda un excelente trabajo el de Pedro Moreno con el vestuario.

Y por supuesto hay un elemento subyugador y absolutamente magistral que es la música presente en “Juan José”. La creación de Pablo Sorozábal tiene la particularidad de llenarlo todo. La música se hace parte de la emoción y no solo de la acción. La creación musical cautiva porque te atrapa desde los primeros acordes. Supone un reto para las voces en escena y se convierte en una verdadera oportunidad de lucimiento para las cuerdas de La Orquesta de la Comunidad de Madrid, Titular del Teatro de La Zarzuela, que en esta ocasión ha estado estupendamente bien dirigida por Miguel Ángel Gómez Martínez. Cada instrumento brilla, porque la partitura está hecha para ello. Y es, sin duda, el elemento que rige el desarrollo del drama porque el “ritmo” de la obra yendo más allá de lo que la música determina, está sustentado en ello, no hay tregua a las emociones ni a los sentimientos porque el clima nunca decae. Sin duda las formas que la Zarzuela sugiere con ese discurso a veces coloquial, pero siempre cercano, hace que el oído se afine del todo cuando hablamos de las voces. Y es que la calidad vocal que se ha puesto delante del público es verdaderamente destacable. El trabajo de la soprano Carmen Solís como “Rosa” es brillante. Su calidad vocal y su sensibilidad hacen de este personaje algo no solamente veraz sino además muy empático. Claro está que la dosis de verdad que Luis Cansino, barítono “Juan José”, es tan rotunda como lo es su aparato vocal y lo maravilloso de su ejecución que sólo por un margen muy pequeño supera el Francesco Pío Galasso con su “Paco”, sin ánimo alguno de establecer comparaciones, es simplemente un efecto de sonoridad y proyección, muy probablemente producto de la acción dramática. Así como también, no se puede dejar de destacar el trabajo de la soprano Alba Chantar o de la mezzo Belén Rodríguez Mora. Las voces son el baluarte más importante del montaje y por eso merecen los aplausos que al final el público les regala

Un intenso drama popular que tal y como lo referencia el programa es “proletario y no folclórico”. Con un innegable toque siniestro que conduce a la tragedia que fue compuesto en 1968 y tuvo su estreno absoluto precisamente en el Teatro de la Zarzuela en 2016. Por ello es parte de esta casa y así se siente en cada minuto de sus tres actos que se desarrollan cómodamente en este escenario. De los barrios bajos de un Madrid impredecible surge este cúmulo de pesimismo que no denota amor en ningún momento aun cuando se podría decir que trata sobre la lucha del romance en su opción más descarnada. Pasión y celos compiten por llenarlo todo, o, mejor dicho, salpicarlo todo. Este es un amor que no sabe leer y que no sabe escribir pero que deja la impronta de su letra quizá con sangre. Porque todo es válido. El amor y el derecho a la vida compiten y ni uno sale victorioso ni ninguno de los dos continúa, así es Juan José

Ricardo Ladrón de Guevara R.

La locandina

Direttore Miguel Ángel Gómez-Martínez
Regia  José Carlos Plaza
Scene e luci Paco Leal
Costumi Pedro Moreno
Movimenti scenici Denise Perdikidis
Personaggi e interpreti:
Juan José Luis Cansino
Rosa Carmen Solís
Toñuela Alba Chantar
Isidra Belem Rodríguez Mora
Paco Francesco Pio Galasso
Andrés Simón Orfila
Cano Luis López
Perico Igor Pera
Presidiario Santiago Vidal
Tabernero  Ricardo Muñiz
Amiga 1 Raquel Del Pino
Amiga 2 Paula Sánchez Valverde
Amigo 1 José Manuel Guinot
Amigo 2  Jesús Álvarez Carrión
Orquesta de la Comunidad de Madrid Titular del Teatro de La Zarzuela

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