Marius Binder: «Sono come un bambino in un parco giochi»

Cosa accadrebbe se l’industria del turismo, con i suoi rituali e modelli codificati, scomparisse dalle nostre montagne, valli e paesi? È una delle provocatorie domande sollevate dal compositore Marius Binder nella sua opera da camera LORIT, con la quale ha vinto il concorso di teatro musicale FRINGE promosso dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento e che sbarcherà in prima assoluta domenica 21 gennaio al Teatro SanbàPolis di Trento (ore 17.00) e martedì 23 gennaio al Teatro Comunale di Bolzano (ore 20.00).
Nato a Innsbruck nel 1993, Binder ha completato la sua formazione scolastica presso il BRG Viktring di Klagenfurt per poi proseguire gli studi a Vienna. All’Università di Arti Applicate si è concentrato sulla pittura, mentre all’Università privata di Musica e Arte della città di Vienna si è dedicato alla composizione.
Lo abbiamo raggiunto per qualche domanda.

  • Da quello che abbiamo potuto leggere riguardo a Lorit il primo richiamo è alla “morality play”, una sorta di Jedermann incentrato sull’attualità. È corretto?

LORIT è strettamente legato ai mistery play più che alle tradizionali commedie morali, per il suo allineamento tematico con le questioni contemporanee, in particolare la natura prepotente del turismo di massa in Tirolo. Mentre i drammi morali si concentrano tipicamente su lezioni morali – che non mi vedo nella posizione di insegnare – e su personaggi allegorici, i mistery play ruotano storicamente attorno a narrazioni bibliche. L’opera esplora le conseguenze del turismo di massa, che in Tirolo ha assunto proporzioni quasi religiose. La cultura dell’aprés-ski ha stabilito i propri rituali, i propri simboli, le proprie preghiere e i propri sommi sacerdoti – noi siamo qui semplicemente per sottolinearlo senza alcun giudizio morale. Mostriamo le cose come sono e non come dovrebbero essere.

  • Perché un’opera sul turismo? Da dove nasce l’idea e come si è sviluppata?

Sebbene in apparenza il turismo possa sembrare il tema centrale di LORIT, esso non è altro che un meccanismo attraverso il quale l’identità tirolese viene modificata e dissolta. L’idea di base dell’opera LORIT risiede proprio in questa erosione. Il passaggio dalla musica popolare alpina tradizionale allo “Schlager”, genere diffuso in Europa centrale e del nord caratterizzato da ballate sentimentali, melodie semplici e orecchiabili e arrangiamenti pop di facile presa e poco impegnativi, rappresenta questa “perdita d’identità”, che si concretizza nella “vendita” di se stessi. Come tirolese sei quasi obbligato a compiere il tuo destino di “natureboy” e a deliziare il mondo con frasi come: sì, ho imparato a sciare e a fare lo jodel alle elementari”. Era necessario sottolinearlo.

  • Che tipo di musica, tra le molteplici possibilità, ascolterà il pubblico?

Musicalmente parlando, sto “dissezionando” la musica popolare tirolese per liberarla della sua identità fino a che non ne rimane nulla. Nell’opera si possono incontrare passaggi jodel, si può incontrare un semplice valzer, ma sempre con una funzione molto specifica e atipica in mente.

Per esempio, l’accordo madre dell’opera consiste in un doppio tritono risolto – la quinta diminuita e la quarta aumentata. Il tipico tritono discendente al sensibile che risolve alla radice è una delle frasi finali più comuni nella musica popolare alpina, così come il tritono ascendente al sensibile e la sua risoluzione alla radice.

 

  • In una società bombardata di informazioni spesso fuorvianti qual è la funzione dell’opera? C’è ancora spazio?

Se per funzione si intende il peso politico dell’opera, allora no. Ci sono modi migliori per comunicare con un maggior numero di persone e linguaggi musicali migliori per trasmettere questioni sociali. Se si intende culturalmente, allora anche no.
La cultura si fa da un’altra parte, e specialmente in Austria – da dove vengo – un’esibizione di musica classica ha quasi lo stesso impatto di una visita a un museo: freddo, elitario e disossato. A mio parere, questa immagine tiene lontane molte persone che altrimenti potrebbero dedicarsi a musica più complessa. La semplice gioia di sperimentare con il suono ha trovato altri sbocchi, più accessibili, nella scena dei club o nei cinema.
C’è anche una semplice prospettiva economica: le opere liriche sono costose, gli spettacoli teatrali sono costosi e, ad essere sinceri, al giorno d’oggi ci sono opzioni più economiche per l’intrattenimento.
Ora vi chiederete perché allora abbiamo scelto di scrivere un’opera: nonostante i fattori citati, apprezzo l’opera come mezzo di rappresentazione dal vivo, che permette ai musicisti non solo di interpretare, ma anche di impegnarsi creativamente con un testo drammatico. L’inclusione di passaggi improvvisati in LORIT assicura che ogni performance rimanga dinamica e le impedisca di diventare stagnante o sempre uguale a se stessa.
Voglio che suoni in modo diverso ogni volta che viene eseguita e desidero che i musicisti si divertano a eseguirla. Non sono macchine, quindi perché dovrebbero essere trattati come se lo fossero?

  • Nella sua biografia si evidenzia la collaborazione con le comunità religiose austriache: quanto è importante la Fede nella sua vita quotidiana e artistica?

Non credo che la fede giochi un ruolo nella mia produzione artistica, ma altri potrebbero non essere d’accordo. Nell’ultimo anno ho lavorato con monaci e monache che non vedono l’ora di identificarmi come una persona di fede e spirituale. Mettiamola così: se credo in qualcosa, credo nella bellezza della creazione e nella bellezza della distruzione. A mio avviso, la cosa più vicina a sperimentare ciò che altri potrebbero chiamare “divinità” sulla Terra è la bellezza, e la musica, in particolare, ha un potere notevole nel raggiungere questo stato trascendente.

Per quanto riguarda la mia produzione artistica: percepisco il mio lavoro creativo come un bambino in un parco giochi. È un’esplorazione spontanea, alla scoperta di ciò che suscita interesse, come mettere un sasso su un’altalena per vedere cosa succede. Tono per tono e accordo per accordo, costruendo, abbattendo, cercando sempre qualcosa di più grande delle molecole d’aria che oscillano e raggiungono un timpano.

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