Milano: inossidabile Ratto dal serraglio

La ripresa di uno spettacolo memorabile, che al suo sorgere ha cambiato il volto del panorama teatrale alimentandone la Storia, risulta sempre un’operazione non facile e, ultimamente, genera il solito siparietto di commenti da parte di chi, probabilmente, all’epoca c’era e vorrebbe delle novità in cartellone.

Stiamo parlando del Singspiel Il ratto dal serraglio, Die Entführung aus dem Serail per i più snob, di Wolfgang Amadeus Mozart recentemente andato in scena al Teatro alla Scala con la storica regia di Giorgio Strehler.

Una ripresa, appunto, di uno spettacolo che ha esordito nel 1965 al Festival di Salisburgo, poi portato alla Scala nel 1972 e replicato in diverse stagioni successive.

Una regia di svolta ben descritta da Matteo Paoletti nel ricco programma di sala in cui spicca anche un saggio assai approfondito del compianto musicologo Francesco Degrada. Svolta nell’evoluzione estetica di Strehler e del teatro d’opera mozartiano nel quale una limpida visione è cornice stratificata di molteplici registri che si fondono tramite un sottilissimo e astuto gioco di luci e ombre che creano meraviglie.

La partitura rimane intatta e su essa scorre un’azione che a tutti la restituisce intelligibile, avvincente, interessante, divertente e appassionante.

Ovviamente manca la presenza carismatica di Strehler, tuttavia anche la prima del “Ratto” fu diretta dallo stesso Mozart e direi che oggidì anziché «pensa se sul podio ci fosse ancora Mozart» ce ne facciamo semplicemente una ragione.

Pertanto un plauso a Laura Glamarini per aver curato nel dettaglio uno spettacolo che ha ancora molto da raccontare e insegnare.

Sul versante musicale si è distinto il giovane direttore tedesco Thomas Guggeis che ha levigato l’orchestra scaligera ottenendo un suono che si potrebbe a pieno titolo definire mozartiano. Quest’ultima affermazione ha spesso provocato polemiche su polemiche: non esiste il suono mozartiano, non esiste la voce verdiana, non esiste niente… quindi, suoniamo tutto allo stesso modo che è meglio? Conclusione deprimente.

Orbene Guggeis estrae dall’orchestra una leggerezza corposa, vellutata, priva di spigoli, estremamente cangiante e mai sfacciata soprattutto nelle turcherie che a volte danno adito a fanfare di dubbio gusto.

L’eleganza che si riflette e fonde tra buca e palcoscenico.

Si, perché il pubblico vuole anche vedere e cibarsi di bellezza e nessuno dei tanti turisti che affollavano la platea in questa recita ha lasciato il teatro al primo intervallo.

Non da meno è il cast vocale.

La voce cristallina di Jessica Pratt, nell’impervia parte di Konstanze, regala momenti di estrema bravura, a tratti fin troppo controllata nel voler cesellare ogni ricamo. La sua natura di soprano leggero brilla solo in parte perché la scrittura mozartiana si spinge anche al di sotto del registro centrale dove la Pratt fatica a emergere. Tuttavia ne risulta una prestazione maiuscola.

Daniel Behle è un Belmonte liederista, ovvero quanto di più si possa desiderare in questo ruolo. Talora elegiaco, Behle è più rivolto all’aspetto vocale, tuttavia il suo modo di porgere le frasi lo rende convincente anche scenicamente.

Perfettamente a suo agio è Peter Rose nel ruolo di Osmin, vocalmente non ha una cavata profondissima ma la sua musicalità, sempre in perfetta proporzione con la gestualità, lo rende godibilissimo.

Ben si destreggia Michael Laurenz nel ruolo di Pedrillo al fianco di Jasmine Delfs, una Blonde dalla voce ben proiettata, chiara nel fraseggio e nella dizione con sempre particolare attenzione allo stile mozartiano anche nell’uso del vibrato.

Esilarante e perfetto è il Selim di Sven-Eric Bechtolf che con scenica scienza ha saputo strappar risate e applausi durante la rappresentazione.

Bene il coro istruito per l’occasione dal maestro Giorgio Martano così come gli interventi dei solisti del coro Roberta Salvati, Alessandra Fratelli, Luigi Albani e Giuseppe Capoferri.

Applausi e lunga vita alle leggendarie produzioni di Giorgio Strehler.

Gian Francesco Amoroso

(5 marzo 2024)

La locandina

Direttore Thomas Guggeis
Regia Giorgio Strehler
Scene e costumi Luciano Damiani
Luci Marco Filibeck
Ripresa della regia Laura Galmarini
Movimenti mimici Marco Merlini
Personaggi e interpreti:
Selim Sven-Eric Bechtolf
Konstanze Jessica Pratt
Blonde Jasmin Delfs
Belmonte Daniel Behle
Pedrillo Michael Laurenz
Osmin Peter Rose
Servo muto Marco Merlini
Solisti del Coro Roberta Salvati, Alessandra Fratelli, Luigi Albani, Giuseppe Capoferri
Orchestra e coro del Teatro Alla Scala
Maestro del coro Giorgio Martano

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