Palermo: lo spazio reinventato di Ernani

Era dal 1999 che l’Ernani mancava dal Teatro Massimo, quando nella parte del protagonista debuttava il tenore palermitano Vincenzo la Scola di cui ricorre quest’anno il decimo anniversario della prematura scomparsa e al quale è dedicata la recita – trasmessa in diretta sulla Web-Tv del teatro e disponibile in archivio per visioni successive – della quinta opera del catalogo verdiano che torna in un allestimento plasmato sulle regole stringenti dettate dal permanere dell’emergenza sanitaria.

L’ottimo accordo tra la mise en espace di Ludovico Rajata e la regia televisiva di Antonio Di Giovanni – cui si affianca la tutt’altro che secondaria regia audio di Manfredi Clemente – permette di dare vita ad uno spettacolo perfettamente godibile anche nell’ambito della bidimensionalità imposta dallo streaming, che con il passare del tempo si configura sempre più come forma di fruizione autonoma e alternativa.

Posti l’orchestra sul palcoscenico e il coro nei palchi la platea diviene spazio teatrale insieme all’ampio emiciclo, “decorato” dalle convincenti animazioni digitali di Fabiola Nicoletti, in cui pochi elementi scenici – immaginati da Francesco Zito con la collaborazione di Andrea Fiduccia, autore anche dei costumi sontuosi in cui il Cinquecento si stempera in una visione ottocentesca che rimanda ad Hayez e ai Preraffaelliti – risultano sufficienti a caratterizzare l’azione teatrale che si sviluppa con movimenti tanto rarefatti quanto pregnanti e sempre ben ripresi da telecamere che, intelligentemente, non si nascondono.

Il resto – e che resto – lo fa la musica grazie ad un cast che un tempo si sarebbe definito “discografico”.

Ernani è opera che si addice alle giovani bacchette e Omer Meir Wellber – insieme ad un’orchestra partecipe – dimostra di non fare eccezione rendendosi protagonista di una prova maiuscola incardinata su una lettura che fa dell’essenzialità il suo punto di forza. Il suono è scabro, nervoso, incalzato da urgenze ritmiche costanti e tuttavia capace di ripiegarsi in morbidezze trasognate.

Giorgio Berrugi è perfettamente a suo agio nei panni del nobile bandito – musicalmente e drammaturgicamente figlio dell’Edgardo donizettiano e fratello maggiore di Manrico – del quale coglie l’essenza più intima attraverso un fraseggio poggiato su una linea di canto impeccabile e un controllo esemplare dei fiati.

L’Elvira disegnata da Eleonora Buratto – soprano in crescita costante – vive di mille sfumature che trovano espressione in un caleidoscopio di colori e intenzioni in cui il pathos si alterna alla determinazione.

Simone Piazzola dà voce e corpo ad un Don Carlo baldanzoso e insieme fragile, diviso tra amore e potere, il tutto coniugato in un canto limpido e misuratissimo.

Il Silva di Michele Pertusi è una summa del canto verdiano, incisivo negli accenti, servitore della parola, cesellatore della frase musicale. Un capolavoro assoluto.

Nei ruoli di contorno spicca il Don Riccardo del sempre inappuntabile Carlo Bosi, cui non è seconda la Giovanna di Irene Savignano. Bene anche lo Jago del giovane Andrea Pellegrini, vincitore del premio straordinario del Teatro Massimo alla 58ª edizione del Premio Tenor Viñas.

Buona la prova del coro preparato da Ciro Visco.

Alessandro Cammarano
(26 febbraio 2021)

La locandina

Direttore Omer Meir Wellber
Mise en espace Ludovico Rajata
Costumi e progetto visivo Francesco Zito
Assistente per il progetto visivo Andrea Fiduccia
Animazione digitale Fabiola Nicoletti
Luci Giuseppe Di Iorio
Ideazione e coordinamento televisivo Gery Palazzotto
Regia televisiva Antonio Di Giovanni
Personaggi e interpreti:
Elvira Eleonora Buratto
Ernani Giorgio Berrugi
Don Carlo Simone Piazzola
Silva Michele Pertusi
Giovanna Irene Savignano
Don Riccardo Carlo Bosi
Jago Andrea Pellegrini
Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Maestro del coro Ciro Visco

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