Ravenna: Muti e il Dante di Verdi, Mansurian e Liszt

La donna angelicata, che è tramite tra l’uomo e Dio per Dante Alighieri e per i suoi sodali dello Stil novo, apre e suggella il concerto diretto domenica 12 settembre da Riccardo Muti a Ravenna e poi a Firenze e a Verona, le tre città del Poeta. È la voce del coro femminile, fonte di soavità, che all’inizio intona le «Laudi alla Vergine Maria» dai Quattro pezzi sacri di Giuseppe Verdi e poi conclude la Dante-Symphonie di Franz Liszt nei toni estatici del Magnificat e dell’Alleluia.

La cornice è quella dei Giardini pubblici di Ravenna, sul manto d’erba che si stende tra alberi secolari; sullo sfondo, la leggiadra Loggetta Lombardesca. Il concerto corona l’“Annuale” di Dante, la giornata che, nella città che conserva le sue spoglie, per tradizione gli rende omaggio; quest’anno il programma è particolarmente intenso, perché Dante morì settecento anni fa, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321.

È la musica il culmine della giornata e delle celebrazioni dantesche, che si estendono per tutto il 2021 e, ostacolate in parte dalle norme anti Covid, si protrarranno nel 2022. Nel concerto straordinario organizzato dal Comune della città con il Ravenna Festival, Riccardo Muti è sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini alla quale si aggiungono elementi dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, oltre al Coro del Maggio con il suo Maestro Lorenzo Fratini: un segno di unità e fratellanza con la città, Firenze, che vide nascere Dante.

Il direttore depone la bacchetta per dirigere il Coro femminile nel brano di apertura, le «Laudi alla Vergine Maria», dove Verdi riveste di suoni le parole che san Bernardo rivolge alla Madonna nel XXXIII canto del Paradiso, l’ultimo della Divina Commedia: «Vergine madre, figlia del tuo figlio…». È musica molto lontana, per caratteri e stile, dalla produzione operistica del compositore, qui ormai alla fine della sua esistenza. Il brano ha un andamento semplice, con una ristretta gamma dinamica che si spinge fino alle soglie del silenzio: Muti ne fa emergere appieno la dolcezza e il pervasivo afflato di spiritualità.

Dal Paradiso, si fa un passo indietro nel viaggio oltremondano della Commedia per la prima esecuzione italiana di Purgatorio di Tigran Mansurian, uno dei tre lavori commissionati da Ravenna Festival ad altrettanti compositori di oggi: gli altri brani, presentati durante la rassegna di quest’anno, sono Sei studi sull’Inferno di Giovanni Sollima e Paradiso di Valentin Silvestrov. Purgatorio, invece, è stato eseguito in prima assoluta a Erevan durante il recente concerto delle Vie dell’Amicizia del Festival.

Presente al concerto e festeggiato dal pubblico dopo il suo brano, Mansurian è il più celebre e autorevole compositore armeno. Non sente il bisogno di sperimentalismi e arditezze, ma è un sapiente costruttore che tiene in gran conto la musica tradizionale del suo paese. Echi armeni emergono, infatti, nel dittico per baritono, coro misto da camera, orchestra d’archi e percussioni che della seconda cantica della Commedia mette in musica versi del primo canto, «Per correr miglior acque alza le vele», e il «Padre nostro» dell’undicesimo canto.

Ampio ma non magniloquente né effettistico, di espressività vibrante ma contenuta, ed esposto da Muti con convinta partecipazione, Purgatorio si avvale della prova del valente baritono armeno Gurgen Baveyan e di Giovanni Sollima nell’inusuale ruolo di primo violoncello dell’Orchestra. Mansurian, infatti, ha reso omaggio al collega con una parte non concertante, ma ricca di interventi di spicco: quindi Sollima ha celato per una volta la sua anima di entertainer, che tanto seguito di pubblico gli assicura, e dai ranghi dell’Orchestra ha messo in primo piano le sue notevoli, brillanti doti di strumentista.

Infine, la Dante-Symphonie di Liszt, l’imponente opera a programma, composta negli anni Cinquanta dell’Ottocento, che in più d’un caso affida le parole di Dante all’eloquio musicale della sola orchestra. È una partitura per grande organico, vivamente contrastata, inquieta e davvero fiammeggiante a tratti nella prima parte sull’Inferno, di atmosfera mitigata e rarefatta nella descrizione del Purgatorio, e che poi rinuncia ad addentrarsi nel Paradiso: fu Richard Wagner, al quale la Dante-Symphonie è dedicata, a sconsigliare l’impresa a Liszt, poiché lo splendore del Paradiso «poteva soltanto esser contemplato con gli occhi dell’anima». Per il finale, quindi, il compositore scelse di mettere in musica il Magnificat e l’Alleluia, che concludono il lavoro in un clima incantato.

Banco di prova temibile per l’orchestra, la Dante-Symphonie ha goduto, come d’altronde il resto del programma, di un’esecuzione di prim’ordine grazie alle file riunite, di rifinite capacità, della Cherubini e del Maggio e al sensibile Coro. Riccardo Muti, in cui la profondità del pensiero e del rigore analitico si sposano alla trascinante eloquenza, ha cesellato ogni aspetto del brano lisztiano non smorzandone né enfatizzando gli effetti e gli affetti, ma dando loro il più opportuno risalto, in un possente affresco sonoro che ha riscosso vivissimo successo da parte del folto pubblico.

Patrizia Luppi
(12 settembre 2021)

La locandina

Direttore Riccardo Muti
Baritono Gurgen Baveyan baritono
Violoncello Giovanni Sollima violoncello
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
con musicisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro  Lorenzo Fratini
Programma:
Giuseppe Verdi 
Laudi alla Vergine Maria per coro femminile a 4 voci dai Quattro pezzi Sacri
Tigran Mansurian
Purgatorio
I. O sante Muse
II. O Padre
Franz Liszt
Dante-Symphonie, da Dante Alighieri, S 10

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