Roma: Il prisma di luce di Pärt e Wilson

Approda alla Nuvola per il Teatro dell’Opera di Roma Adam’s Passion, lo spettacolo costruito da Arvo Pärt e Robert “Bob” Wilson per la prima volta rappresentato in Italia. Adam’s Passion non è un’opera lirica, non è un balletto, non è un oratorio. Raffaele Pozzi nel programma di sala lo definisce “un rito” e della solenne simbolicità del rito ha sicuramente le caratteristiche.

Concretamente, si tratta dell’unione di quattro brani di Arvo Pärt (Sequentia, Il Lamento di Adamo, Tabula Rasa e Miserere) di cui solo il primo è composto appositamente per lo spettacolo, mentre gli altri appartengono a diverse fasi dell’opera di Pärt. Il rattoppo non è poi così evidente, anche grazie alla capacità della musica di Pärt di fondersi omogeneamente, ma si percepiscono a tratti i salti stilistici, soprattutto davanti alla più complessa strumentazione del Miserere.

Da questi brani, Wilson ha costruito uno spettacolo che ripensa la figura di Adamo come rappresentante della collettività umana. Il collegamento con la musica è però solo parziale: ciò che succede sul palco e ciò che succede nell’orchestra non si toccano se non per brevi istanti, quando ad un movimento scenico corrisponde un gesto musicale, per poi divergere nuovamente e non interagire più a lungo. Per quanto senz’altro voluta, questa sostanziale indifferenza della scena alla musica non gioca a favore dello spettacolo. Tra le cause di questo distacco, vi è la lentezza estrema di ogni movimento scenico, senz’altro poetica e suggestiva, che non solo mette a dura prova la concentrazione dello spettatore, ma espande anche il divario con la musica, in un clima straniante che ostacola il potenziale immersivo dell’esperienza. Nonostante la musica di Pärt sia notoriamente caratterizzata da una staticità ieratica, infatti, questa prevedeva comunque molti più eventi (modulazioni, pattern, variazioni di ritmi e strumentazione, ondate di suono) di quelli che avvenivano sul palco, con un distacco che veniva colmato solo dalla comune atmosfera.

L’atmosfera, immersa nelle luci blu e nei pallidi figurini tipici di Wilson, veniva animata da lentissime azioni, tanto più complesse quanto più lente, ma splendidamente risolte da un ottimo cast di performer che ruotava intorno all’Uomo di Michalis Theophanus, che dall’apparizione sul palco, ancora nudo, solca quasi tutta l’ora e mezza di spettacolo. Un po’ in difficoltà la parte musicale, nonostante la direzione di Tõnu Kaljuste, storico collaboratore di Pärt. Orchestra, coro e solisti, d’altronde erano in evidente difficoltà a causa proprio della sede di questo particolare spettacolo.

L’evento si teneva infatti presso la Sala Conferenze del Centro Congressi La Nuvola, spazio non dotato di un’acustica pensata per l’esecuzione musicale, ma scelta per (immagino) ragioni di allestimento scenico. Per ovviare al problema, orchestra, coro e solisti, tutti collocati alle spalle degli spettatori per non interferire con l’immersione totale nel mondo poetico di Wilson, erano stati amplificati con risultati non felicissimi. Oltre ai colpi sui microfoni (forse urtati da qualche musicista) e all’appiattimento di dinamiche e colori, l’insieme di impasti risultava impietosamente disunito, facendo perdere gran parte della suggestione nella musica di Pärt e mettendo anzi in rilievo le difficoltà di intonazione sia dei solisti dell’Estonian Philharmonic Chamber Choir, sia di orchestra e coro romani, che immagino abbiano fatto non poca fatica per riuscire a sentirsi. Qualche problema arrivava anche dalla visibilità per il pubblico. Pur godendo di posti buoni, essendo le sedie disposte in piano, tutto ciò che avveniva sotto al livello delle ginocchia degli attori mi veniva irrimediabilmente coperto dalle teste degli altri spettatori – e non per ragioni di mia altezza personale.

Non che questo abbia particolarmente turbato il pubblico, a giudicare dagli applausi più che entusiasti e dall’affluenza più che abbondante. Un entusiasmo che è anche un omaggio ai due grandi maestri e in particolare a Wilson, presente in sala e sul palco al termine della recita a prendersi le sue ovazioni.

Alessandro Tommasi
(1º aprile 2023)

La locandina

Direttore Tõnu Kaljuste
Regia, scene e luci Robert Wilson
Luci A.J. Weissbard
Regista collaboratore Tilman Hecker
Scenografo collaboratore Serge Von Arx
Costumi Carlos Soto
Drammaturgia Konrad Kuhn
Personaggi e interpreti:
Woman Lucinda Childs
Man Michalis Theophanous
Heavy Man Endro Roosimae
Another heavy man Erki Laur
A woman Tatjana Kosmönina
Another woman Triin Marts
Tall man Madis Kolk
Violini solisti Vincenzo Bolognese, Francesco Malatesta
Orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma
Maestro del coro Ciro Visco

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