Come per la scorsa edizione del Festival il concerto di inaugurazione è seguito da quello del Quartetto Prometeo, ormai da tempo di casa alla Chigiana come ensemble in residenza. Il programma proposto è come sempre stimolante ed interessante: si inizia con Notturno (Quartetto III) (1993) di Berio che funge da trait d’union con il concerto precedente, poi il Terzo quartetto (in un sol movimento) (1939) di Giorgio Federico Ghedini per poi concludere dopo l’intervallo con il Quartetto in fa maggiore di Maurice Ravel (1903). Un percorso anche quest’anno a ritroso che va contro l’incancrenita consuetudine che vuole che i programmi vengano compilati in modo cronologico dal brano più lontano a quello temporalmente più vicino a noi.

Scrive Berio sul suo Notturno “…è notturno perché è silenzioso. È silenzioso perché è fatto di parole taciute e di discorsi incompleti. È silenzioso anche quando tutti suonano forte perché la forma è silenziosa e non-dialettica. Ogni tanto ritorna su sé stesso e porta in superficie quelle parole taciute. Ogni tanto si arresta su una o due figure e le esplora in maniera ossessiva…”. Il fatto che la forma non sia dialogica complica un po’ le cose, sia degli esecutori che del pubblico: i quattro strumenti procedono, se così possiamo dire, ognuno per la propria strada. Difficile quindi seguire un discorso musicale, una drammaturgia: si suona e si ascolta qualcosa che non vuole esprimere qualcosa, ma la sua assenza. Da questi presupposti esemplare è l’esecuzione da parte del Prometeo con una particolare cura del suono nei continui pianissimi e nell’inquietudine che pervade gran parte del brano fino al dissolversi della notte che avviene con un accelerando poco prima della conclusione.

Procedendo quindi a ritroso passiamo da Luciano Berio al suo maestro al Conservatorio di Milano Giorgio Federico Ghedini. Il Terzo Quartetto (in un solo tempo) porta anch’esso con sé un’ambientazione notturna e misteriosa. L’ascolto ci rivela un bellissimo brano di un compositore che è la prima volta che abbiamo l’occasione di ascoltare dal vivo. Questo movimento unico è una sorta di sogno, dove “la tonalità svapora, perché la tonalità vuole raccontare, procedere, partire e arrivare. Qui non c’è un punto di arrivo: i sogni finiscono quando svaniscono” spiega Sandro Cappelletto nelle note di sala. Il Prometeo possiede la coesione e la sensibilità perfetta per questo tipo di repertorio e per convincere ogni singola persona in sala che valga la pena ascoltare la musica che stanno proponendo. Il tutto si svolge in un surreale flusso di coscienza di una dozzina scarsa di minuti, che ci ha isolati dal mondo sospendendone la percezione del tempo.

Dopo un breve intervallo il Quartetto di Ravel. Anche qui si nota un certo legame notturno e forse onirico nel primo movimento. Aspetto però che svanisce con lo Scherzo e con gli ultimi due movimenti che recuperano materiale tematico dei precedenti. Qui si apre una piccola riflessione sul Quartetto Prometeo: dopo molto novecento, il repertorio tedesco, quello italiano anche in quello francese l’ascolto in concerto è ai massimi livelli di fruibilità e di fedeltà al testo. Il loro approccio pare sempre rivolto all’ascolto e quindi all’ascoltatore senza però venire a compromessi con la partitura. Chiudiamo quindi il concerto con questo quartetto di Ravel con la suggestione che il compositore avrebbe sicuramente apprezzato questa riuscitissima esecuzione.

Luca Di Giulio
(7 luglio 2023)

La locandina

Quartetto Prometeo
Violino Giulio Rovighi
Violino Aldo Campagnari
Viola Danusha Waskiewicz
Violoncello Francesco Dillon violoncello
Programma:
Luciano Berio
“Notturno” (Quartetto III)
Giorgio Federico Ghedini
Quartetto per archi n. 3
Maurice Ravel
Quartetto in fa maggiore

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