Siena: quartetto speciale per il 90 anni di Bruno Giuranna

Racconta Bruno Giuranna sul palcoscenico alla fine del concerto mentre gli viene consegnata una targa con la scritta “L’Accademia Musicale Chigiana al nostro illustre Maestro Bruno Giuranna per i suoi novant’anni di musica al futuro”, di essere stato allievo della Chigiana all’età di diciassette anni. A questo aggiungiamo un’attività di docente chigiano di quasi quarant’anni: possiamo facilmente come l’Accademia e Bruno Giuranna si identifichino reciprocamente un po’ l’una con l’altro.

Il festeggiato violista novantenne è in compagnia di altri due docenti chigiani e di un ospite in questo programma cameristico: Salvatore Accardo, docente del corso di violino, Antonio Meneses, docente di violoncello e il pianista Bruno Canino.

Il programma prevede due capisaldi della letteratura per quartetto con pianoforte: il Quartetto in sol minore K.478 di Wolfgang Amadeus Mozart e il Quartetto in sol minore op.25 di Johannes Brahms.

Il Quartetto K.478 (1785) è sicuramente il primo capolavoro del repertorio per questo organico, nato probabilmente o dall’aggiunta della viola al trio con pianoforte o del pianoforte al trio d’archi pochi anni prima. Il genere della musica da camera con pianoforte, che era inizialmente più votato ai musicisti dilettanti rispetto a quella senza pianoforte, trova in questa composizione il primo esempio di brano tecnicamente e musicalmente impegnativo, quindi destinato a professionisti. L’implacabile gesto di apertura all’unisono appare nella sua delicata e instabile tensione: difficile iniziare un concerto con un brano del genere per fragilità di intenzioni espressive e di insieme strumentale. Gli interpreti procedono guardinghi quasi fosse per loro necessario un breve periodo per “scaldarsi”. Il lenitivo Andante che segue è il momento di svolta che trasforma una buona esecuzione in qualcosa di memorabile: l’intensità emotiva e il dialogo strumentale è la vera espressione del fare musica insieme con una attenzione e umiltà che solo i grandi musicisti possono portare sul palcoscenico.

Il Quartetto in sol minore op.25 (1861) di Johannes Brahms è il primo di tre lavori per questo organico dell’autore amburghese. Composto non ancora trentenne, a differenza del quartetto di Mozart presenta la suddivisione in quattro movimenti. Quasi sicuramente è il brano più noto della letteratura per pianoforte, violino, viola e violoncello nonostante una scrittura tra le più complesse per l’epoca e di tutto il corpus brahmsiano. La scrittura è proiettata nel futuro con una tecnica quasi seriale e si comprende perché Schönberg, che ne fece una versione per grande orchestra, definisse Brahms “il progressivo”. L’esecuzione è molto composta e stilisticamente asciutta, una lettura che mette in evidenza più il legame di Brahms con il Settecento e quindi con il quartetto di Mozart appena suonato, che il suo essere un compositore romantico. La trasparenza è prioritaria ed è ben resa dai quattro musicisti, il che consente al pubblico di leggere attraverso la densa scrittura polifonica del brano.

Qualche esitazione in qualche passaggio strumentalmente più critico non inficia, anzi rafforza, il valore incommensurabile dell’esecuzione: stupido sarebbe aspettarsi asettica infallibilità tecnica da Salvatore Accardo, 81 anni, Bruno Giuranna, 90 anni, Antonio Meneses, 65 anni e Bruno Canino, 87 anni ma impossibile è non essere permeati da uno spessore umano e musicale degli esecutori, da una conoscenza profonda e maturata in anni ed innumerevoli esecuzioni di questo capolavoro brahmsiano.

Luca Di Giulio
(10 agosto 2023)

La locandina

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