Vicenza: e sotto l’albero i Trii di Brahms

Strenna musicale fra le più ragguardevoli da molto tempo a questa parte, anche se il programma non aveva nulla di natalizio (o forse proprio per questo…), il concerto cameristico che domenica pomeriggio ha concluso il 2023 della Società del Quartetto di Vicenza ha confermato all’ascolto quello che prometteva sulla carta. E cioè di essere – per le caratteristiche della locandina e per la caratura degli interpreti – uno degli appuntamenti di punta dell’intera stagione. Il programma proponeva, idea tutt’altro che frequente, l’integrale dei Trii di Brahms, affidati al pianista Alexander Lonquich, al violinista Barnabás Kelemen e al violoncellista Nicolas Altstaedt.

Quella dei Trii è un’avventura creativa iniziata dal compositore amburghese quand’era nei suo vent’anni, verso il 1853-54, ma poi abbandonata per oltre un trentennio. Solo negli anni Ottanta, nel pieno della grande maturità e all’epoca di capolavori orchestrali di fondamentale importanza come il secondo Concerto per pianoforte, la Terza e la Quarta Sinfonia, anche il Trio con pianoforte sarebbe tornato ad essere una sfida compositiva, e Brahms ne avrebbe scritti un paio nel giro di pochi anni, decidendo quindi di riprendere in mano anche la composizione giovanile, per ripubblicarla in una versione filtrata dalla sensibilità formale ed espressiva dei suoi cinquant’anni.

Per presentare questa musica, Lonquich, Kelemen e Altstaedt hanno scelto di seguire l’ordine cronologico definitivo, se così si può dire: in apertura il Trio in Do maggiore op. 87 (1882), quindi il Trio in Do minore op. 101 (1886) e a conclusione il Trio op. 8 nella versione del 1889. In qualche maniera a confermare l’ironica battuta di Brahms alla corrispondente musicale e probabilmente sentimentale della sua vita, la pianista Clara Schumann: «Ora posso chiamarlo op. 108».

L’ascolto in successione di queste tre partiture spiega forse anche perché normalmente nei concerti esse vengono quasi sempre tenute separate, se non “centellinate”: si tratta di musica di straordinaria densità, nella quale la questione del rapporto cameristico fra le parti è solo un elemento – neanche il più importante, vista la sciolta efficacia con cui viene risolto – all’interno di una scrittura complessa non solo sul piano della forma e della sua elaborazione, ma anche per le scelte armoniche, per gli scarti timbrici e motivici grazie ai quali una sontuosa “prosa” cameristica si accende continuamente di poesia, effetto delle invenzioni dentro alle forme tradizionali della struttura sonatistica. Probabilmente, i maggiori tesori musicali di queste tre composizioni si trovano nei movimenti centrali, negli Scherzi e negli Andanti, variamente articolati anche strutturalmente e spesso spostati rispetto alla collocazione di tradizione all’interno di ciascuna composizione (solo nell’op. 87 lo Scherzo viene dopo il movimento lento). Evidentemente per corrispondere ad intenzioni espressive che poche volte il camerismo romantico propone a questo livello.

Non per caso, il maggior capolavoro della serie, l’op. 101, è anche il più breve dei Trii: venti minuti nei quali la profondità del pensiero musicale diventa suono con la sapienza di scrittura che a suo tempo (ma si era già all’epoca del cinquantenario della morte, dopo la Seconda guerra mondiale) aveva fatto escogitare a Schönberg una definizione sintomatica: “Brahms il progressivo”. Un distillato magistrale, dagli aromi cangianti. La riduzione ad essenza di quanto nel Trio op. 8 è ancora irruente materia creativa non sempre ricondotta nel migliore dei modi a una logica formale capace di parlare in quanto tale, per quanto fremente di originalità. E nel Trio op. 87 si distende in coinvolgente intensità comunicativa, al suo culmine nella solo apparente arcaicità del Tema del secondo movimento, che viene sottoposto a cinque Variazioni di affascinante profondità tecnica e inventiva. Del resto, qualcosa del genere – su scala ovviamente ben diversa – era avvenuto anche nella Passacaglia che suggella la Quarta Sinfonia.

Lonquich, Kelemen e Altstaedt non sono un Trio nel senso tradizionale del termine: non a caso, i loro nomi nel programma erano riportati in ordine alfabetico invertendo la tradizionale successione degli strumenti di una formazione che normalmente viene indicata come Trio per pianoforte, violino e violoncello. Sono tre amici in musica (gli appassionati vicentini hanno avuto modo di conoscerli perché il pianista ha inserito in varie occasioni il violinista e il violoncellista nell’attività dell’Orchestra del Teatro Olimpico, di cui è il direttore musicale) e tre solisti eccellenti. Cioè tre interpreti per i quali il senso e il fine del far musica da camera non ha segreti. Lo ha potuto cogliere assai bene il pubblico nel Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza, luogo ideale per dimensione e acustica alle caratteristiche del concerto. Davvero ragguardevole è parsa la capacità – da parte di questi magnifici tre – di rendere sempre vivo e dinamico il dialogo fra le parti, conservando l’equilibrio dell’insieme ma illuminando le singole voci come dall’interno, grazie a un a lettura riflessiva, capace di accensioni molto romantiche ma anche di ripiegamenti pensosi, introspettivi, non necessariamente sofferti ma sempre profondi. Nell’insieme, un’esecuzione esemplare per la sua capacità di chiarire come nel suo ultimo decennio il pensiero musicale di Brahms acquisti una dimensione autunnale, meditativa. Quasi un preannuncio di Decadentismo, depurato però da ogni elemento estetizzante, delineato con eleganza e magistrale controllo della scrittura, senza autocompiacimento, con suono di vera poesia. Così lo hanno proposto Lonquich, Kelemen e Altstaedt: colori sempre affascinanti per misura e ricchezza di sfumature, fraseggio animato dal pensoso ma eloquente ritegno che solo i grandi interpreti sanno cogliere con questa evidenza nell’arte del compositore tedesco.

Applausi convinti e in certo modo riconoscenti. Per bis, l’Andante con moto e Variazioni del Trio op. 87.

Cesare Galla
(17 dicembre 2023)

La locandina

Violoncello Nicolas Altstaedt
Violino Barnabás Kelemen
Pianoforte Alexander Lonquich
Programma:
Johannes Brahms
Trio n. 2 Op. 87
Trio n. 3 Op. 101
Trio n. 1 Op. 8

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