Vicenza: Giuseppe Albanese da valzer a valse

Da valzer a valzer, alla distanza di un secolo. Dall’Invito alla danza di Weber, anno 1819, alla Valse di Ravel, sintomaticamente composta subito dopo la Prima guerra mondiale (la prima stesura risale al 1919). Da una delle prime folgoranti apparizioni della danza che avrebbe accompagnato la civiltà viennese nel XIX secolo (composta quando Johann Strauss padre si stava appena affacciando al mondo della composizione, essendo nato nel 1804) alla sua inesorabile “decomposizione”, effetto della lucida e desolata frammentazione strutturale cui la sottopone il geniale compositore francese, sensibile antenna delle correnti moderniste.

Da valzer a valzer nel segno del pianoforte. La precisazione è d’obbligo, perché le due pagine di cui si dice sono più note nella loro versione per orchestra (dovuta a Berlioz quella di Weber, realizzata dallo stesso autore quella di Ravel), ma nella loro veste primigenia hanno costituito l’apertura e la chiusura del bel recital tenuto da Giuseppe Albanese per la Società del Quartetto, al Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza. Si trattava di un concerto a tema, intitolato appunto “Invito alla danza”, che seguiva l’impaginazione del più recente disco del pianista calabrese. Un percorso quasi sempre cronologicamente ordinato (tranne per quanto riguarda Stravinskij, collocato prima di Debussy) che mentre punta l’attenzione su alcune delle più famose composizioni ispirate alla danza o per balletto fra Ottocento e primo Novecento, offre anche un discorso di peculiare interesse proprio sul pianoforte.

Da un lato, quindi, il programma metteva a fuoco lo sviluppo creativo per questo strumento, che a partire dal Romanticismo ne ha allargato a dismisura l’espressività, in competizione proprio con l’orchestra; dall’altro, offriva un’interessante ricognizione su quella che si potrebbe chiamare fenomenologia della trascrizione. Tranne il caso della Valse (peraltro proposta nella infrequente versione per solo pianoforte, essendo quella per due pianoforti la più abituale), tutti gli altri brani in programma hanno infatti permesso di cogliere, insieme alle qualità dell’invenzione originale, il carattere, lo stile, quasi l’ideologia strumentale dei trascrittori. Così, l’Invito alla danza weberiano è stato proposto nella funambolica versione di Carl Tausig, l’allievo prediletto di Liszt, morto appena trentenne nel 1871: una vera e propria “parafrasi da concerto” nel senso appunto lisztiano, irta di virtuosismo e costruita in maniera tale da apparire, per molti aspetti, la “cristallizzazione” di un approccio improvvisativo reso definitivo dalla scrittura. E lo stesso si può dire del “medley” basato su due valzer da Coppélia di Léo Delibes, che nelle mani del pianista-compositore (e direttore) Ernö Dohnányi (1877-1960) diventa occasione di un fuoco di fila di tecnicismi virtuosistici intorno ai saldi principi melodici e ritmici della composizione originale.

Di altro carattere la sapiente trascrizione della Suite dallo Schiaccianoci di Cajkovskij, firmata dal sessantacinquenne pianista russo Mikhail Pletnëv. Qui è la ricerca del colore a dettare, per così dire, la linea. E basta a dimostrarlo la perlacea eleganza della Danza della Fata Confetto o le allusioni etniche risolte in brillantezza timbrica della Danza cinese. La logica del virtuosismo di carattere improvvisatorio ritorna solo alla fine, quasi omaggio alla grande tradizione, nelle ardue acrobazie con cui viene elaborato il Passo a due celeberrimo.

Nella seconda parte, riflettori sulla lucida e spumeggiante ricchezza di scrittura di un pianista e didatta di primo piano nel Novecento italiano come Guido Agosti, che si riallaccia alla tradizione lisztiana nel ripercorrere i più famosi temi della parte finale del balletto L’uccello di fuoco di Stravinskij, senza perdere di vista, tuttavia, un rigore nel quale il virtuosismo si fonde senza lasciare scorie.

Ancora diverso l’approccio al celebre Prélude à l’après-midi d’un Faune da parte del pianista inglese Leonard Borwick (1868-1925), che lavora sul simbolismo debussiano per ricreare alla tastiera la tavolozza orchestrale coloristicamente sfumata ed evocativa, senza raggiungere, bisogna, dire, la perspicuità espressiva conseguita da Pletnëv al cospetto di Cajkovskij.

Prodigo di utili indicazioni all’inizio delle due parti della serata – una sorta di “standup” misurato, che non ha mai rischiato di sfociare nella logica della lezione-concerto – Giuseppe Albanese è stato protagonista di interpretazioni capaci di commisurare la brillantezza virtuosistica con la qualità del suono. Solo nell’iniziale Invito alla danza il suo approccio esecutivo è parso qua e là un po’ rigido, quasi non fosse ancora bene entrato nel clima tecnico-espressivo del programma e nella scioltezza “atletica” richiesta dalla maggior parte delle pagine. A partire da Delibes secondo Dohnányi la sua prova è stata però un crescendo di brillantezza, padronanza espressiva delle più ardue difficoltà esecutive, sottigliezza nella qualità del suono. Il clou nelle pagine da Cajkovskij e da Stravinskij e soprattutto nella Valse, che nella versione per pianoforte solo assomma le ardue interazioni dei due pianoforti della versione che il compositore portò al debutto insieme ad Alfredo Casella, a Vienna nel 1920. Albanese ha “domato” la scrittura di Ravel con una lettura insieme analitica e rivelatoria, in grado di rendere chiaro il vagabondaggio armonico e ritmico del tema principale, fino alla sua conclusiva deflagrazione.

Pubblico entusiasta e doppio bis in tripudio virtuosistico crescente: prima il trascinante Moto perpetuo di Carl Maria von Weber, quindi il Notturno per la mano sinistra di Skrjabin, reso con lucida precisione ed elegante poesia.

Cesare Galla
(27 febbraio 2023)

 

La locandina

Pianoforte Giuseppe Albanese
Programma:
Carl Maria von Weber
Invito alla danza – trascrizione di C. Tausig
Léo Delibes
Valzer da Coppelia – trascrizione di E. von Dohnányi
Pëtr Il’ič Čaijkovskij
Suite da Lo schiaccianoci – trascrizione di M. Pletnev
Igor’ Stravinskij
Suite da L’uccello di fuoco – trascrizione di G. Agosti
Claude Debussy
Prélude à l’Après-midi d’un faune – trascrizione di L. Borwick
Maurice Ravel
La Valse

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