Vicenza: il Bach della gioia secondo Margherita Dalla Vecchia

Nell’epoca delle esecuzioni storicamente avvertite e dell’acribia filologica applicata alla musica antica e specialmente al sempre più popolare Barocco, il caso dell’Oratorio di Natale di Bach è decisamente singolare. Oggetto di grande attenzione esecutiva (imponente la discografia), questa monumentale partitura, costituita da sei Cantate destinate alle festività del periodo che va da Natale all’Epifania, viene oggi eseguita come un unico articolato affresco sonoro, cioè come con tutta probabilità non avvenne mai all’epoca in cui il compositore mise insieme questa musica. Allora, le esecuzioni avvennero singolarmente, nella giornata liturgica a cui ogni parte era dedicata, nell’inverno 1734-35 e poi forse anche in seguito, ma non si sa quando. «L’enigma – chiosa Alberto Basso nella sua grande monografia bachiana – come tanti altri della cronologia, rimane irrisolto».

Ma la singolarità dell’Oratorio di Natale non si limita a questo. Esso costituisce infatti uno dei più cospicui e ampi casi di utilizzo della tecnica detta della parodia, peraltro comune all’epoca. Come storici e musicologi hanno minuziosamente ricostruito, larga parte di questa musica (tranne i Corali e i recitativi) proviene infatti da composizioni bachiane precedenti, utilizzate (e variamente adattate) con parole diverse. E il caso è ancora più peculiare perché la destinazione originaria di queste musiche, poi riutilizzate in chiave religiosa, era civile ed encomiastica.

Nei primi anni Trenta del Settecento, Bach era “in pressing” sul principe elettore di Sassonia, che era diventato anche re di Polonia, per ottenere un titolo che lo mettesse al sicuro dalle arcigne pretese dei suoi datori di lavoro lipsiensi, che lo avrebbero voluto dedito solo alla musica da chiesa, come lui non faceva e non intendeva fare. E quindi era molto attivo nelle composizioni dedicate alla corte. Due di queste vennero alla luce nel giro di tre mesi alla fine del 1733: si tratta di un “dramma per musica” sul tema pedagogico di “Ercole al bivio” (la scelta fra piacere e virtù), nel giorno dell’undicesimo compleanno del principe ereditario Friedrich Christian e di una Cantata celebrativa per la madre dell’augusto pargolo, l’arciduchessa d’Austria Maria Josepha, nel giorno del di lei compleanno.

Un anno più tardi, Arie e duetti, comprensivi di sfolgorante organico strumentale con oboi, flauti, corni, fastose trombe e militari timpani confluirono a formare una parte importante dell’Oratorio di Natale. E in effetti, non ha tutti i torti un biografo acuto come Piero Buscaroli, quando osserva che questo Oratorio gli è sempre sembrato “psicologicamente sbilanciato verso fasti terreni”.

Una posizione mediana sembra mantenere Margherita Dalla Vecchia, appassionata e concretissima “demiurga” del meritorio Progetto che da molto tempo ormai fa di Vicenza una delle città più bachiane d’Italia. Nel proporre l’Oratorio, la “Kapellmeisterin” del gruppo corale-strumentale “Il Teatro Armonico” ha intitolato la serata ad esso dedicata (anzi, le serate: le esecuzioni sono state due, il 31 ottobre e il 1° novembre) “Il Bach della gioia”, con questo intendendo evidentemente sottolineare specialmente il risvolto sacro acquisito dalla musica nella sua destinazione natalizia. Ma poi ha calato l’esecuzione in uno spazio profano e mitologico per eccellenza come il Teatro Olimpico, cosa che del resto qualche anno fa aveva fatto perfino con la Passione secondo Matteo, che di risvolti profani non ne ha nessuno.

Liberato dalla foresta debussiana voluta da Iván Fischer, l’Olimpico è riapparso nella sua sfolgorante essenzialità, manieristica quanto si vuole ma profondamente “simpatetica” con le meravigliose architetture polifoniche e vocalistiche costruite da Bach.  E pazienza se poi i testi cantati (comunque opportunamente proiettati in alto, come si fa per le opere) portavano nella direzione di una narrazione evangelica del tutto estranea all’ambiente in cui si trovavano gli esecutori e il pubblico. Ambiente, vedi il caso, fatto costruire esattamente un secolo prima che nascesse Bach da un’Accademia che proprio nella figura di Ercole (e non certo di Gesù bambino) aveva uno dei suoi miti costitutivi. Quanto al “coordinamento scenico” (così la locandina) guidato da Margherita Dalla Vecchia, si è limitato soprattutto al lavoro sulle luci, con una semplicità a volte confinante con una certa ingenuità.

Sul versante musicale, interessante la sorta di “gemellaggio” realizzato in quest’occasione con la partecipazione alla produzione di musicisti dell’ensemble barocco norvegese “Barokkanerne”. Esecuzione sorvegliata, timbricamente quasi sempre pregevole (corni e trombe naturali hanno le loro problematicità, questo è noto, ma qui sono rimaste nell’ambito del fisiologico), stilisticamente accorta nella saporosa sottolineatura degli affetti che la partitura – secondo la sua origine civile – alterna con le meditazioni corali che la conducono verso l’ambito religioso. Fra i cantanti, il tenore Marcus Elsässer è parso più a suo agio nei recitativi dell’Evangelista che nelle Arie, che vanno spesso in una zona piuttosto bassa della tessitura probabilmente non troppo gradita a questo interprete. Molto sobrio il contralto Anne-Beke Sontag, dalla quale si sarebbero apprezzati un colore e un calore più “natalizi”, e non particolarmente brillante il soprano principale, Cecilia Rizzetto, affiancata efficacemente in altre parti sopranili da Andrea Lia Rigotti e Gioia Crepaldi. Alla fine, il più interessante fra i solisti è stato il basso Alberto Spadarotto, che nelle sue Arie e nei pezzi d’insieme ha messo in mostra una linea di canto dalla chiarezza per così dire “italiana”, sapidamente comunicativa e stilisticamente niente affatto fuori posto, sostenuta da un bel timbro corposo ed eguale in tutte le zone della tessitura. Positivo anche il coro, 25 elementi in tutto, distribuiti ai due lati della compagine orchestrale, duttile abbastanza per modellare i Corali con la poesia necessaria, ma preciso anche nei passaggi contrappuntistici.

Teatro Olimpico quasi al completo la sera di Ognissanti, e pubblico avvinto per le due ore e quaranta che dura l’Oratorio di Natale. L’effetto-Bach è questo: una fascinazione che non scompare dopo quasi tre secoli e che si è sciolta alla fine in vivissimi consensi per tutti i protagonisti dell’esecuzione.

Cesare Galla
(31 ottobre 2023)

La locandina

Direttore Margherita Dalla Vecchia
Tenore Marcus Elsaesser
Contralto Anne-Beke Sontag
Soprano Cecilia Rizzetto
Basso Alberto Spadarotto
Barokkanerne (Oslo)
Il Teatro Armonico 
Programma:
Johann Sebastian Bach
Oratorio di Natale BWV 248

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