Vicenza: la Messa in Si minore secondo Frau Musika

Da quando si è costituita, nella primavera del 2022, Frau Musika – una delle poche orchestre giovanili che abbiano come obiettivo l’esecuzione della musica antica con strumenti originali – ha già affrontato tre caposaldi dell’arte di Bach, l’autore a cui il nome di questa formazione fa riferimento. Il che chiarisce quanto il progetto del direttore Andrea Marcon – supportato economicamente dalla Fondazione Cariverona e organizzativamente dal Quartetto di Vicenza – sia allo stesso tempo concreto e privo di timori reverenziali, costruito per andare subito al cuore della questione esecutiva vissuta attraverso i grandi capolavori, senza inutili divagazioni.

Così, il debutto di questa formazione internazionale è avvenuto ad aprile e maggio fra la Passione secondo Giovanni (qui la recensione) e l’integrale dei Concerti Brandeburghesi, mentre le feste di fine anno hanno visto l’esecuzione della monumentale Messa in Si minore, proposta durante la settimana prima di Natale in una concentrata tournée che è iniziata a Ferrara e ha toccato Belluno e Verona, per poi concludersi, la sera dell’Antivigilia, nella Basilica di San Felice a Vicenza.

Già delineate le produzioni del 2023, all’insegna di un rapporto storicamente fondamentale nella musica del XVIII secolo (e sempre con un legame decisivo con il Cantor): a maggio i Concerti bachiani per più clavicembali, frutto del versante più mondano dei suoi due ultimi decenni a Lipsia; a settembre un’incursione nell’arte di Antonio Vivaldi, “maestro del colore veneziano”, che peraltro è formula già cara a un grande interprete come Claudio Scimone, che non si confrontava più di tanto con questioni storiche e filologiche ma è stato decisivo nella diffusione della musica del Prete Rosso; a dicembre il confronto ravvicinato fra questi due straordinari musicisti nel segno del sacro: il Gloria del veneziano e il Magnificat del tedesco.

La Messa in Si minore ha una storia allo stesso tempo prosaica e misteriosa.

Quando nel 1733 il principe elettore della Sassonia luterana, Federico Augusto II, salì al trono della cattolicissima Polonia con il nome di Augusto III, Sebastian Bach pensò di rendergli omaggio offrendogli una monumentale Missa, costituita secondo tradizione dal Kyrie e dal Gloria, formalmente strutturati secondo lo stile cosiddetto napoletano, con successione di Arie solistiche e cori. Non era la prima volta che il responsabile della musica nella chiesa riformata di San Tommaso a Lipsia affrontava la liturgia latina. Ma del resto, Kyrie e Gloria appartenevano anche all’ufficio religioso evangelico. In realtà, Bach doveva chiedere un favore. Era in pessimi rapporti con la municipalità di Lipsia (i suoi datori di lavoro, in pratica) e chiedeva al sovrano un titolo che lo mettesse al riparo da contestazioni e pretese non gradite. La dedica, datata 27 luglio 1733, ha un tono lamentoso e perfino petulante, che forse può risultare imbarazzante per chi vede la figura di questo eccelso musicista circonfusa nella (romantica) gloria del genio, ma che testimonia invece da un lato la prosaica realtà della vita dei musicisti nel primo Settecento, sempre costretti a cercare (o piatire) il favore di qualche potente, e dall’altro la peculiarità dell’iroso carattere di Bach, uno a cui bene si sarebbe attagliato – quanto meno nell’ambito delle cose musicali – quel che avrebbe detto il protagonista di una celebre opera scritta mezzo secolo più tardi: “Non soffro opposizioni”.

Nel singolare linguaggio di questi atti ufficiali, intarsiato di parole francesi, si legge a un certo punto che «Io ho tenuto per alcuni anni come tuttora il Directorium della Music di Lipsia nelle sue due chiese principali, ma per questo ho dovuto sopportare, senza alcuna colpa, ricorrenti mortificazioni e qualche volta anche una riduzione degli Accidentien inerenti a questa Function, tutte cose che potrei dimenticare completamente se Sua Altezza Reale mi facesse la grazia e mi conferisse un Praedicat della sua Capelle di Corte …».

Mortificazioni, immotivata riduzione dello stipendio: Bach si riteneva vittima di… mobbing e sperava che una nomina reale, per quanto onoraria, lo avrebbe messo al riparo dai fastidi. Il titolo arrivò tre anni dopo, non così necessario se è vero che comunque il compositore da tempo faceva il minimo necessario per i suoi compiti di Cantor, e poteva dedicarsi ad altro. Comprese le musiche da fare eseguire al Caffè Zimmermann di Lipsia. Ma questa è un’altra storia, che i programmi di Frau Musika, come si accennava, illumineranno nella prima produzione del 2023.

Il Kyrie e il Gloria inviati a Dresda al re di Polonia erano destinati a diventare il nucleo di uno dei più stupefacenti monumenti nella storia della musica sacra. Per motivi che restano sconosciuti, Bach completò la Messa in Si minore soltanto sedici anni dopo, nel 1749, e dunque alle soglie della morte. Alla Missa tota mancavano naturalmente il Credo (o Symbolum Nicenum), il Sanctus e l’Agnus Dei, che il musicista compilò (non sembri riduttivo il termine) con un uso intensivo della tecnica della parodia. Ovvero con il riuso di sue musiche quasi tutte da chiesa già composte su testi diversi, secondo una prassi all’epoca assai diffusa. I musicologi non cessano di scavare nell’immensa partitura e nell’opera omnia bachiana per individuare nuove auto-citazioni, che risalgono anche a epoche remote dell’attività del compositore, i primi anni Dieci del Settecento.

Un’ipotesi che appare persuasiva sostiene che l’assemblaggio sia stato realizzato da Bach per l’esigenza di una sorta di auto-conservazione, cioè per fissare in un grande lavoro musiche che l’autore temeva destinate alla dispersione, per la loro natura occasionale e pratica. La Messa in Si minore sarebbe dunque una sorta di museo dell’arte di Bach, un lavoro per molti aspetti riassuntivo ma anche conclusivo, oltre che – singolare paradosso – intrinsecamente originale. In esso, il confronto e la continua giustapposizione fra lo stile severo, arcaico, del polifonismo rinascimentale e le suggestioni “moderne” di uno stile più aperto alle seduzioni strumentali e concertanti, determinano una multiformità espressiva di sontuosità unica.

Con il determinante contributo del Coro del Friuli Venezia Giulia istruito da Cristiano Dell’Oste, formazione duttile ed equilibrata capace di percorrere con disinvoltura mai disgiunta dal necessario rigore le ardue costruzioni polifoniche bachiane, Marcon e i giovani di Frau Musika  hanno dimostrato di avere compiuto (con la collaborazione di “maestri formatori” di alto livello) un lavoro ragguardevole sullo spirito di questa partitura che apre nuove dimensioni all’idea stessa del sacro in musica. Gli archi sono parsi sempre ben orientati e assai duttili per tutte le esigenze, da quelle di un accompagnamento essenziale, fatto solo di pochi strumenti, a quello del pieno orchestrale. Corretti ed eleganti i legni (traversieri e oboi), misurati gli ottoni, con trombe brillanti e un corno da caccia più preciso che timbricamente incisivo. Il che non è dir poco, vista la notoria ardua difficoltà dell’Aria del Gloria (“Quoniam tu solus sanctus”) in cui questo strumento dialoga in virtuosismo con la voce di basso.

Nel gruppo dei solisti, in evidenza per eleganza e sottigliezza stilistica il soprano Miriam Feuersinger e assai interessante il tenore Jakob Pilgram, linea di canto dalle ben articolate sottigliezze espressive. Positivi anche il soprano Lea Elisabeth Müller, il suadente mezzosoprano Rachele Raggiotti, bel timbro vellutato e il basso José Antonio López. Pubblico numeroso ma non tanto da riempire tutti i posti, accoglienze di vivissima approvazione.

Cesare Galla
(23 dicembre 2022)

La locandina

Direttore Andrea Marcon
Soprano Miriam Feuersinger
Mezzosoprano Lea Müller
Mezzosoprano Rachele Raggiotti
Tenore Jakob Pilgram
Baritono José Antonio Lopéz
Orchestra Frau Musika
Coro del Friuli Venezia Giulia
Maestro del coro Cristiano Dell’Oste
Programma:
Johann Sebastian Bach
Messa in Si minore BWV 232

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