Olimpie, ed è subito Grand-Opéra

Dopo quasi tre anni d’attesa esce, nella consueta, curatissima veste grafica che contraddistingue le pubblicazioni discografiche del Palazzetto Bru Zane, la registrazione, perfetta, dell’Olimpie di Spontini.

La versione è quella del 1826, terza dopo quelle del 1819 e 1821, nell’edizione critica curata da Federico Agostinelli per le Edizioni della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi in collaborazione con il Palazetto Bru Zane e realizzata sull’edizione a stampa di Erard e su altre fonti originali come l’autografo e le riduzioni per canto e pianoforte coeve.

Olimpie, opera bella e sfortunata, cadde la sera della prima, il 22 dicembre del 1819 e resistette solo per sette recite successive, prima di essere ritirata dalle scene. Tra le ragioni che portarono al repentino ritiro dell’opera, ed al conseguente suo oblio, ci fu probabilmente l’assassinio del Duca di Berry, avvenuto quando Il sipario era già calato da qualche settimana sull’ Olimpie, ma che era nell’aria già mesi prima: il regicidio, ancorché solo menzionato, e tuttavia elemento fondante della tragedia di Voltaire fonte del libretto, non poteva essere tollerato dal pubblico dell’Opéra.

Spontini non sembra essersi minimamente preoccupato delle conseguenze politiche del suo lavoro, sicuro com’era della sua posizione preminente nel panorama musicale europeo e, soprattutto, negli ambienti culturali francesi.

Altro peccato, che oggi diremmo veniale, fu l’aver scelto a soggetto proprio una tragedia di Voltaire, che il pubblico percepì sicuramente come un ritorno ad un passato che lo stesso Spontini aveva da tempo abbandonato. La trama è debole, lo sviluppo scontato, i colpi di scena prevedibili: troppo per un pubblico navigato come quello parigino.

Di contro la musica è eccezionalmente bella e consente di nobilitare labili furori guerrieri, più convincenti agnizioni e splendidi cori religiosi. Spontini appartiene al novero dei pionieri, dei creatori di un’idea compositiva e drammaturgica che troverà di lì a pochi anni seguaci diversissimi tra di loro: Bellini, Donizetti, Wagner e Berlioz.

Assimilato pienamente il dettato gluckiano, Spontini lo rielabora in chiave del tutto personale, creando uno stile che non imita nessuno ed al contempo è fonte d’ispirazione.

I numeri chiusi vengono assorbiti in un fluire continuo di musica, il recitativo secco lascia il posto a monologhi accompagnati che, qui più che altrove, sfociano in brevi couplets nei quali si inserisce il coro.

L’orchestrazione è opulenta, con gli archi a sostenere legni ed ottoni impegnati con fantasioso azzardo, il tutto a produrre effetti di grande fascino, complici anche le percussioni; straordinari i finali d’atto, in particolare il secondo. Il Grand-Opéra comincia qui.

Jerémie Rohrer, alla testa dei superbi strumentisti de Le Cercle de l’Hamonie, penetra fin nei meandri più reconditi della partitura spontiniana e la rende all’ascolto viva e vitalissima.

La narrazione musicale scorre con giusta concitazione, sostenuta da scudisciate dinamiche e da variazioni di ritmo che infondono fuoco alla melodia e ne sottolineano la ricchezza. La scelta di un diapason a 430 e gli archi ibridi – corde metalliche ed archetti barocchi – si rivela felicissima e aiuta solisti e coro, che cantano quasi sempre sul passaggio.

Nel rôle-titre si disimpegna con classe Karina Gauvin, che affronta il ruolo con bel piglio, forte di una linea di canto duttilissima e di un fraseggio grandemente partecipato. La sua Olimpie convince dalla prima all’ultima nota

Kate Aldrich dà voce ad una Statira altera e furente, eppure capace di aprirsi a slanci di inaspettata tenerezza. La Aldrich arricchisce inoltre il canto con bella gamma di accenti ed un rimarchevole controllo dei fiati.

Nel ruolo di Cassandre si destreggia assai bene Mathias Vidal, che si dimostra ancora una volta cantante dall’emissione sicura, brillante in acuto, elegante nel fraseggiare.

Josef Wagner indossa con classe i panni del vilain Antigone, grazie alla voce di bel colore e all’impeto posto negli accenti.

Sicuro lo Hiérophante di Patrick Bolleire – che canta anche la parte del Prétre –  basso nobile, di bella pienezza nell’ottava centrale e corposo in quella grave.

Bravo Conor Biggs nel piccolo ma significativo ruolo del sacerdote Hermas.

Sugli scudi il Vlaams Radio Chorus, meno di trenta elementi che cantano come fossero tre volte tanti, impeccabili e musicalissimi.
Esaurienti, come d’abitudine, i saggi contenuti nel volume, firmati da Federico Agostinelli, Gérard Condé e Olivier Bara che accompagnano i CD.

Alessandro Cammarano

Direttore Jérémie Rhorer
Olympie Karina Gauvin
Statira Kate Aldrich
Cassandre Mathias Vidal
Antigone Josef Wagner
L’hiérophante  Patrick Bolleire
Hermas Philippe Souvagie
Le Cercle de l’Harmonie
Vlaams Radio Koor
Maestro del coro Hervé Niquet
BZ1035- (2 Cd)

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