Ravenna: il Festival inaugura con Teodora di Montalbetti

Da quasi millecinquecento anni, la casa di Teodora è la basilica di San Vitale a Ravenna. In quel luogo di bellezza emozionante, l’imperatrice bizantina si staglia in uno dei sublimi mosaici dell’abside, in posa solenne, avvolta in un manto di porpora e d’oro. Ma per due sere, il 2 e il 3 giugno, si è avuta l’illusione che fosse scesa nell’aula ottagonale della basilica, tra la cinquantina di persone sedute ai margini dell’aula stessa, nell’ambiente nudo tranne che per pochi tocchi aggiunti: uno scranno dorato e qualche sontuoso drappo di tessuto carminio, avorio e porpora.

Era lo spettacolo inaugurale del trentaduesimo Ravenna Festival, Teodora. Scalata al cielo in cinque movimenti, di Mauro Montalbetti su libretto di Barbara Roganti. Un’opera da camera in prima assoluta, commissionata per l’occasione e concepita espressamente per lo spazio di San Vitale. Quattro personaggi: due cantanti, Teodora e la Portavoce, un’attrice e una danzatrice; quattro strumenti, violino, violoncello, contrabbasso e fisarmonica, più l’organo della basilica; un coro. Poco più di un’ora di spettacolo che non narra la storia dell’imperatrice e del popolo di Bisanzio, ma ne evoca episodi e, tra le continue suggestioni del testo, indaga sugli atti e sui sentimenti della protagonista.

Teodora è un personaggio complesso e dibattuto, considerato fin dalla sua epoca esempio di male estremo come della più regale altezza, addirittura «venerata come una santa», ma anche «maledetta come un demonio», secondo lo scrittore Frank Thiess. Figlia di un domatore di orsi, costretta a vendere il proprio corpo in gioventù, per un inopinato colpo del destino diventa la sposa dell’imperatore Giustiniano, la Basilissa dal potere immenso. Tra verità e menzogne, nel corso di quindici secoli la sua fisionomia interiore si è resa indecifrabile: un labirinto nel quale Montalbetti e Roganti hanno deciso di addentrarsi.

Dotato di spessore poetico, il libretto di Barbara Roganti (alla quale è affidata anche la regia dello spettacolo) attinge diverse idee e parole da fonti antiche, così come suoni del passato affiorano nella musica di Mauro Montalbetti, che fa della forma del madrigale il tratto dominante della sua partitura e usa a volte, per i vari numeri, termini come recitativo o ballata; ma i richiami lontani sono in entrambi i casi elaborati secondo la sensibilità dei nostri tempi. Non è portata agli sperimentalismi, la musica di Montalbetti, ma costruita con solido mestiere e genuina vena; non è facile, ma è facilmente apprezzabile dal pubblico che infatti al termine di Teodora applaude entusiasta.

Gli strumenti qui utilizzati, parte del lodevole Altrevoci Ensemble, come abbiamo visto sono pochi, con il gruppetto di archi dal baricentro spostato verso il grave, in un poco usuale impasto sonoro con la fisarmonica al quale si aggiungono i puntuali interventi di Enrico Berardi all’organo, e intessono trame tra le quali si dipana l’azione. Da accenni di coloratura al «recitar cantando» (testuale), anche il canto della protagonista porta in sé modi e stili del passato, ma ricreandoli ed evitando la sterile citazione.

Teodora è Roberta Mameli, soprano di notevoli doti vocali e interpretative, con una gestualità parca ma icastica, vestita con un mantello di velluto e una tunica dai bordi dorati che richiamano quelli che si ammirano nel mosaico. L’attrice Matilde Vigna sostiene con efficacia la sua parte di narratrice e partecipa con intensità la danzatrice Barbara Martinini. Anna Bessi si è condotta bene nel ruolo minore della Portavoce.

Un elogio particolare va al Coro 1685 dell’Istituto superiore di studi musicali Giuseppe Verdi di Ravenna con il suo maestro Antonio Greco. I cantori hanno studiato le loro parti nei mesi di isolamento seguendo i tutorial inviati da Greco e non avrebbero potuto far meglio nemmeno con mesi di studio intensivo tutti insieme.

Il Coro è molto presente, in Teodora, e si sposta occupando diverse zone: come per gli altri elementi, anche nella collocazione dei cantori l’acustica della basilica, con il suo morbido riverbero e la peculiare scansione degli spazi, è stata intelligentemente sfruttata da Montalbetti. Il fatto che l’opera sia stata creata su misura per San Vitale non inficia però la possibilità di ascoltarla in altre sedi. Una replica, in effetti, è già fissata a novembre nel Duomo di Pordenone per il XXX Festival di musica sacra che ha coprodotto lo spettacolo con il Ravenna Festival.

Patrizia Luppi
(3 giugno 2021)

La locandina

Regia Barbara Roganti
Costumi  Manuela Monti
Interpreti:
Soprano  Roberta Mameli
Attrice Matilde Vigna
Danzatrice Barbara Martinini
Portavoce Anna Bessi
Soundscape Maurizio Cardillo, Andrea De Luca, Eleni Molos, Barbara Roganti, Matilde Vigna
Altrevoci Ensemble
(violino Stefano Raccagni, violoncello Giacomo Cardelli, contrabbasso Pierluca Cilli, fisarmonica Francesco Gesualdi)
Organo Andrea Berardi
Coro 1685 dell’Istituto superiore di studi musicali Giuseppe Verdi di Ravenna 
Maestro del coro  Antonio Greco

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