Pesaro: Ricciardo e Zoraide, Rossini sperimenta, la regia lo rende banale

“Ricciardo e Zoraide”, l’opera che ha inaugurato a Pesaro il ROF del centocinquantenario, non appartiene di sicuro al “canone” della popolarità rossiniana. Anzi, per la verità fatica anche a trovarsi uno spazio nella riscoperta del Rossini “serio”, nonostante gli sforzi di storici e musicologi, che additano svariati elementi di qualità e di innovazione drammatica in questa partitura, rappresentata per la prima volta al San Carlo di Napoli nel 1818, esattamente due secoli fa. Del resto, proprio la circospezione con cui il festival vi si è avvicinato – finora una sola edizione, quella della prima in tempi moderni nel 1990, a sua volta ripresa una sola volta sei anni più tardi – testimonia il ruolo di outsider di questo lavoro. Che una funzione simile, arricchita comunque da un successo non indifferente prima di scomparire dalle scene verso la metà del secolo, dovette avere anche all’epoca in cui nacque. Si parla infatti di un titolo stretto dentro a una prodigiosa collana di capolavori riconosciuti, da “Otello” a “Ermione” e quindi al “Maometto II”.

Che qui Rossini faccia lo sperimentatore è fuori di dubbio, fermo restando il riferimento tecnico e stilistico alla vocalità dei primi interpreti vocali, la prodigiosa Isabella Colbran – innanzitutto – e poi i due magnifici tenori Andrea Nozzari e Giovanni David. C’è fantasia e invenzione nelle scene d’insieme, nei duetti, nel finale del primo e specialmente del secondo atto, che fonde in un inedito nodo drammatico la logica della “gran scena” dominata dalla primadonna con quella del concertato arricchito di cori. E poi il laboratorio rossiniano fabbrica gioielli in una scrittura strumentale minuziosa come raramente a quell’epoca, ricca di effetti timbrici, di soluzioni espressive autonome. Ma forse nuoce all’insieme l’incertezza di genere: sotto le vesti del dramma serio si svolge in realtà una tipica “piece à sauvetage” con accumulo di elementi tragici prima del vero e proprio “arrivano i nostri”, che scioglie lietamente ogni tensione e assicura il trionfo del bene e del bello. Eppure, anche dentro al cosiddetto “mezzo carattere” (o genere semiserio) difficilmente si trova un simile conflitto di psicologie e di sentimenti, ad onta del luccicare esotico della singolare ripresa del poema burlesco settecentesco “Ricciardetto”. Ed è intorno a questi conflitti per una donna contesa oltre ogni ragionevolezza che Rossini mette a segno i colpi migliori, grazie alla duttilità della sua fraseologia armonica, alla sottigliezza melodica, alla citata ricchezza strumentale. Il che rende mera cornice l’ambientazione esotica e del tutto aleatorio il conflitto fra civiltà cristiana e islamica, che pure i contendenti in campo potrebbero in qualche modo rappresentare.

Chiamato al debutto al Rof sull’onda di crescenti successi internazionali, il regista canadese Marshall Pynkoski punta nel suo spettacolo su un immaginario di contesto arabizzante, ma giustamente non accentua contrasti che qui non esistono. In questo senso, lo scenografo Gerard Gauci gli fornisce eleganti ambientazioni, perlopiù con telari dipinti, sottolineate dai costumi di Michael Gianfrancesco. È un Medio Oriente immaginato secondo stile ottocentesco, quello in scena all’Adriatic Arena, che sul piano registico rimane però confinato a una staticità “all’antica italiana” che appare oggi merce ormai scaduta, salvo rivisitazioni di ben altro spessore. Né i frequenti interventi coreografici (li firma Jeannette Lajeunesse Zingg, ma lo stesso Pynkoski proviene teatralmente dal mondo della danza), con danzatori in azione fra i personaggi e il coro, servono in realtà a “muovere” uno spettacolo che oltre l’eleganza non ha altre frecce al suo arco e finisce per scontare la generica ripetitiva banalità di gesti, movimenti e controscene. E soprattutto, non si attenta minimamente ad approfondire la psicologia dei personaggi. Che significherebbe poi entrare in dialettico confronto con la musica stessa di Rossini.

Se lo spettacolo è archiviabile alla categoria “generico raffinato”, l’esecuzione vocale – secondo tradizione pesarese – pertiene all’eccellenza. Cast mirabolante, in tutto e per tutto. Non solo per via della presenza della superstar Juan Diego Florez, un Ricciardo che gioca a tutto campo fra virtuosismo e profondità espressiva, ma per un gruppo di coprotagonisti di assoluto livello. Zoraide è il soprano sudafricano Pretty Yende, che alla consapevolezza stilistica unisce doti di superba belcantista, svettando sull’acuto con facilità pari alla qualità nell’emissione e nella tenuta. Alla prima, un’amnesia durante il recitativo che precede la scena finale non ha compromesso la sua prova. L’altro tenore (Agorante, contendente di Ricciardo) è Sergey Romanovsky, potente ed equilibrato; il padre di Zoraide, Ircano, è il basso Nicola Ulivieri, che tiene alta valorosamente la bandiera del rossinismo all’italiana; Zomira, la moglie di Agorante sul punto di essere abbandonata, è una Victoria Yarovaya prima dolente e poi feroce, dal colore mezzosopranile magnificamente gestito; vibrante e stentoreo, fra i comprimari, Xabier Anduaga nei panni dell’ambasciatore cristiano.

Alla guida di un’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai di buono smalto ma non sempre di analoga precisione, il giovane Giacomo Sagripanti è sembrato accondiscendere alla lettura registica, con una esecuzione corretta, solo raramente spigliata, dai tempi piuttosto compassati, dalle sfumature generiche e per niente incisive.

Il pubblico ha peraltro dimostrato di gradire tutto, o quasi. Alla fine, qualche cenno di dissenso al regista è stato ben presto assorbito dall’entusiasmo caldissimo per tutti i cantanti, con applausi e chiamate che si sono prolungati oltre i dieci minuti.
Al Rof di Pesaro, “Ricciardo e Zoraide” va in scena ancora il 14, 17 e 20 agosto.

Cesare Galla
(11 agosto 2018)

Pubblicato su Vvox.it: https://www.vvox.it/2018/08/13/ricciardo-e-zoraide-rossini-sperimenta-la-regia-lo-rende-banale/

La locandina

Direttore Giacomo Sagripanti
Regia Marshall Pynkoski
Coreografie Jeannette Lajeunesse Zingg
Scene Gerard Gauci
Costumi Michael Gianfrancesco
Luci  Michelle Ramsay
Agorante Sergey Romanovsky
Zoraide Pretty Yende
Ricciardo Juan Diego Flórez
Ircano Nicola Ulivieri
Zomira Victoria Yarovaya
Ernesto Xabier Anduaga
Fatima Sofia Mchedlishvili
Elmira Martiniana Antonie
Zamorre Ruzil Gatin
Coro del Teatro Ventidio Basso
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Maestro del Coro Giovanni Farina

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